La scissione nel Pd, epilogo inevitabile

Tra ex Ds ed ex Margherita non è mai nata alcuna nuova sintesi politica. Perché le culture politiche originarie vennero sommate ma non amalgamate? Forse c’entra l’età delle persone che misero in piedi il Partito democratico. Per lo meno, può contribuire a spiegare quel fallimento. I dirigenti che diedero vita al Pd non erano più giovanissimi, avevano già alle spalle una lunga carriera politica. Passata una certa età, e dopo avere accumulato una ragguardevole esperienza, è difficile che ci si rimetta davvero in gioco. Qualcuno ci riesce ma i più non sono in grado di farlo. Possono abbandonare il lessico di un tempo, certo (dopo la fine della guerra fredda, ad esempio, la parola «comunismo» non fu più di moda) perché ciò è imposto dalle nuove circostanze. Ma il rinnovamento del lessico non comporta necessariamente un cambiamento di mentalità, non implica che si abbraccino idee, concezioni nuove. Le persone continuarono a mantenersi fedeli alle visioni del mondo che si erano costruite ai tempi della giovinezza: valeva per gli ex comunisti come per coloro che provenivano dalla sinistra cattolica. Con le dovute eccezioni, si capisce. Ma, per l’appunto, eccezioni. 'editoriale di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera.

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La scissione nel Pd, segno di un fallimento

La sua linea di Matteo Renzi, segretario dimssionario del partito democratico, era incentrata su precisi capisaldi: sfondamento a destra, ridimensionamento del grillismo, riforma costituzionale, legge elettorale maggioritaria, rilancio dell’economia mediante un mix di politiche iperliberiste sul terreno del lavoro e di bonus destinati a far lievitare la spesa pubblica. Tutti questi obiettivi sono falliti. Il referendum non ha fatto che sancirlo clamorosamente nelle urne. Una debacle evidente anche nelle precedenti tornate elettorali - almeno quelle che contano, non certo il mitico risultato delle Europee, tradizionalmente un voto in libertà - : dalla perdita di Roma e Torino ai non brillanti risultati in altre città e regioni. L'opinione di Renzo Guolo sul Messaggero Veneto.

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