La macchina elettorale di Meloni si è inceppata?

La Meloni sembra già in sofferenza, il 30% alle europee un miraggio

Giorgia, che succede? Qualche nuvola sta oscurando la resistibile ascesa della destra italiana, e non per colpa degli astri ma per una serie di inciampi da essa stessa procurati. Può essere un momento no che poi passa – nella vita capita – ma certo che giunga a poco più di due settimane dal voto non è esattamente una buona notizia (...) È la prima volta che i sondaggi non stanno brillando come prima, se è vero com'è vero che Nando Pagnoncelli sul Corriere ha scodellato una previsione per FdI del 26,5 per cento che è sì sul livello delle politiche di due anni fa ma che però segnala uno stop tendente al ribasso. Ed è un dato reso più inquietante dal fatto che il Partito democratico si è fatto sotto a soli quattro punti in meno di Fratelli d'Italia. Ripetiamo la domanda: Giorgia, che succede?

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Caro Matteo, l'economia italiana continua a ristagnare

Centrosinistra e centrodestra hanno pochi mesi per dimostrare di aver capito la lezione delle urne italiane e della Brexit. Matteo Renzi due anni fa aveva acceso speranze ed era riuscito nelle elezioni europee a incanalare verso il Pd la voglia di trasformazione. Ora il premier ha una necessità e un’ultima occasione. Quella di cambiare la sua agenda, mettendo da parte le sfide continue su se stesso per concentrarsi sull’unico tema che conta: dare una scossa all’economia, puntando sul taglio delle tasse e sull’innovazione (dimenticando la deludente politica dei bonus a pioggia). L'editoriale di Luciano Fontana sul Corriere della Sera.

Il 2016 non sarà l'anno della volta, Renzi è angosciato

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Se Renzi è a Palazzo Chigi il merito è di Beppe Grillo

Il premier deve teere presente che senza il clamoroso successo elettorale dei Cinque Stelle nelle elezioni del 2013 e la conseguente sconfitta (perché di una sconfitta si trattò) di Pier Luigi Bersani e del partito da lui guidato, Matteo Renzi non avrebbe potuto vincere le successive primarie, non sarebbe diventato segretario del Pd, non sarebbe al governo. Furono la crisi e lo sbandamento indotti fra i militanti e gli elettori democratici da quel risultato a spianargli la strada. Tolto il caso dei true believers , dei veri credenti (quelli che credevano e credono nei Cinque Stelle e nei loro programmi), è un fatto che coloro che, in quelle elezioni, votarono Grillo con il solo scopo di scatenare una reazione all’interno della classe politica tradizionale, ottennero il risultato voluto: l’arrivo di Renzi ne fu una diretta conseguenza. M a c’è anche una seconda ragione per cui Renzi deve essere grato a Beppe Grillo. Ha precisamente a che fare con i sondaggi testè ricordati. Fin quando il movimento Cinque Stelle continuerà ad essere percepito come il più temibile competitor del Partito democratico, Renzi potrà rivendicare la propria indispensabilità: una variante aggiornata della «diga» incarnata dalla Democrazia Cristiana agli occhi degli elettori ai tempi della Guerra fredda: vade retro Partito comunista allora, vade retro Cinque Stelle oggi. L'editoriale di Angelo anebanco su Corriere della Sera.

Renzi deve ringraziare il M5S

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