Segnali del disimpegno della sinistra sulla guerra in Ucraina

  • Pubblicato in Esteri

Guerra in Ucraina, la sinistra italiana mosta segni di cedimento (e Putin sorride)

La storica parola d’ordine «per la pace» oggi non significa molto se non è accompagnata dalla esplicita solidarietà al popolo ucraino e dal sostegno attivo alla Resistenza: detta così, «per la pace», è uno slogan buono pure per Viktor Orbán e per lo stesso Cremlino. Sarebbe bello se Maurizio Landini invitasse i suoi militanti ad andare in piazza con le bandiere giallo-celesti dell’Ucraina, ma non succederà perché lui sa perfettamente che il suo popolo, o una sua buona parte, si è stancato di sostenere questa causa, se mai convintamente l’ha sostenuta, adagiandosi ora nel grande riflusso anti-ucraino che sta invadendo l’Occidente e l’Italia, essendo ormai una minoranza quella che ritiene che bisogna andare avanti fino a che Vladimir Putin sarà costretto a mollare le sue pretese imperialistiche. Il commento di Mario Lavia su LInkiesta.

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I conti (sbagliati?) di Conte

Gira una certa aria di felicità a sinistra, in questo fine anno. Complici le sardine e Giuseppe Conte. Delle buone ragioni e delle speranze che le prime hanno generato non c’è molto da aggiungere alle tante lodi. Misterioso rimane invece, almeno ai miei occhi, il fatto che Giuseppe Conte sia diventato un fattore ispirazionale per le forze democratiche. In punta di forchetta istituzionale il ruolo che ricopre è del tutto legittimo: i premier nel nostro sistema vengono nominati, non eletti direttamente. Ma in termini di sostanza politica, dopo quasi un decennio di polemica feroce (da parte delle opposizioni, ma poi ampiamente condivisa dalla sinistra) sulla lunga serie di premier scelti dal Colle o rimpastati con accordi interni ai partiti, senza ritorno alle urne, come si sia poi arrivati a un Conte che non ha mai partecipato a nessuna elezione, e non ha mai nemmeno visto da lontano una qualche forma di  vita politica, rimane per me incomprensibile. Il commento di Lucia Annunziata su Huffington Post.

Dal Conte 1 al Conte 2, la guerra per Palazzo Chigi

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Sindacati in crisi di identità

Tra i cittadini e i lavoratori si è fatta largo la convinzione che il sindacato serva soprattutto a chi ci opera. Ai sindacalisti. In primo luogo: ai gruppi dirigenti. Tuttavia, non credo vi sia di che rallegrarsi. Perché il sindacato è "servito" a tutelare gli ultimi e i penultimi. Quelli che da soli non ce la possono fare. E, per difendersi, hanno bisogno di unirsi agli altri, che condividono la loro condizione. Ormai non è più così. Il sindacato rappresenta i garantiti. Mentre la questione dei "diritti", posta da un grande leader sindacale come Bruno Trentin,  -  ha osservato Bruno Manghi  -  è "brandita per la difesa della rivendicazione specifica, mai per quelle altrui". L'editoriale di Ilvo Diamanti su la Repubblica.

La crisi del sindacato pone problemi al Paese

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