Caso Umbria, allarme in casa Pd

L’introduzione dello spoils system favorisce la nomina fiduciaria dei vertici. Purtroppo, non si tratta di una fiducia nelle capacità manageriali e gestionali, ma nella volontà e capacità di piegare le norme, eluderle, fino a violarle, così da comportarsi da “furbetti del favorino” ed alimentare le conventicole. Il commento di Luigi Olivieri sul sito Phastidio.

Sanitopoli umbra, ovvero i furbetti del favorino

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Ancora due settimane e si andrà alle urne

Amministrative in 7 regioni. Il Pd parte favorito ma non si escludono sorprese. Resta da capire come faranno gli elettori, ormai abituati al meccanismo semplice del bipolarismo, a dipanare le matasse imbrogliate che gli si presenteranno nelle urne. Al momento, c’è una sola previsione possibile: a parte l’astensione, che rimane il rifugio dei più stufi, a beneficiare della guerra civile che si combatte a sinistra e a destra potrebbe nuovamente essere Grillo. Un editoriale di Marcello Sorgi su La Stampa.

Regionali, un test per il premier

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Scomparsi i partiti. E la Costituzione?

Art. 49 della Costituzione: Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Art. 1: La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Silvio Berlusconi è stato assolto in via definitiva dalla Cassazione. Questo significa che è innocente? Non è detto. Di mezzo c’è stata la legge Severino che ha sostanzialmente modificati il reato di concussione. Domani è un altro giorno. L’ex premier torna in campo, felice come una pasqua. Ha creato dal nulla in pochi mesi il suo movimento, ha sdoganato quello che era un tempo il Movimento Sociale Italiano, ma si è comportato come il mostro che mangia i suoi figli: Follini, Casini, Fini, Fitto. Come Saturno. Non contento è riuscito anche a sfasciare il suo partito, passato da 38% del 2001 (al tempo Casa delle Libertà) a poco più del 10% di oggi. Come impresa non è malaccio.  Anche in casa Lega Nord è successo il fattaccio: Matteo Salvini ha cacciato Flavio Tosi, l’apprezzato sindaco di Verona. Come il suo maestro Umberto Bossi quando ebbe a cacciare Franco Castellazzi, Franco Rocchetta e Domenico Comino. I partiti non esistono più e questo dovrebbe far riflettere.  Tra i democratici ci sono da tempo fermenti di ribellione, con una componente di sinistra in fibrillazione per il decisionismo sferzante del segretario fiorentino. I leader dei “nuovi partiti”, ad incominciare da Matteo Renzi, non sono parlamentari, ad eccezione di Salvini che siede a Bruxelles-Strasburgo. Tutti, in Italia, ci rendiamo conto che qualcosa non funziona nel meccanismo istituzionale. I cosiddetti nuovi partiti nn fanno congressi, non discutono, hanno come dei padroncini-despota che fanno e disfano, a loro piacimento. Questi partiti-non partiti hanno la pretesa di modificare strutturalmente la Carta Costituzionale. Trasformandola in peius. Così sembra con l’abolizione delle provincie, ma non affrontano il nodo vero del malgoverno del Paese che sarebbe la riforma delle regioni. Hanno senso regioni micro come Valle d’Aosta, Umbria, Basilicata e Molise? Ricordiamo che insieme non fanno la popolazione della provincia di Brescia (abolita).  Queste riforme si fanno, certamente, ma con il contributo di tutte le forze presenti in Parlamento e non del solo schieramento di maggioranza. E’ stato commesso un tragico errore nel 2005 dal governo di centrodestra di Berlusconi, oggi Renzi commette lo stesso sbaglio. Che pagherà quando il popolo sarà chiamato a referendum confermativo. Questo perché la Costituzione riformata appare un vero papocchio. Un Senato che non dà la fiducia all’esecutivo (e va benissimo), ma sono i suoi componenti che lasciano molto a desiderare. Primo perché non eletti. Secondo perché catapultati dai consigli regionali, che non hanno davvero dato mirabile prova di capacità di governo. E a questi signori, che farebbero i senatori come doppilavoristi, verrebbe pure garantita l’immunità parlamentare! E’ il colmo dell’ipocrisia renziana. Preferibile sarebbe stato eliminare il Senato, così i costi sarebbero davvero diminuiti e, soprattutto creare un contraltare al potere del governo in grado di contrastare la “democratura” per dirla con Eugenio Scalfari per cui il capo del governo fa praticamente tutto da solo. Le regioni sono da trasformare. Roberto Maroni ha parlato in campagna elettorale er le elezioni in Lombardia della macro regione del Nord. Ebbene, si facciano dei passi in avanti su questa strada e si costituiscano quattro-cinque macro regioni omogenee (sul tavolo ci sono le proposte) e si lascino in pace le provincie. Soprattutto non si tolga al cittadino la possibilità di scegliersi il candidato. Si sottopongano a cura dimagrande le migliaia di aziende partecipate, come da spending review di Carlo Cottarelli, inopinatamente cancellata dal premier senza alcuna spiegazione. In definitiva l’elettorato ha bisogno di politici che lo rappresentino e che deve potersi scegliere. La deriva renziana va in direzione opposta. Ma chi sono i consiglieri del premier? Chi sono i consiglieri di Silvio Berlusconi? Chi sono i consiglieri di Matteo Salvini? Vanno bene le riforme, ma devono essere condivise. Il papocchio renziano rischia il naufragio come la riforma costituzionale a suo tempo varata dal centrosinistra prima del 2001 e poi dal centrodestra nel 2005. Renzi si metta d’accordo con i massimi costituzionalisti italiani (che ce ne sono e di bravissimi) e poi legiferi. Se si fosse proposto una Convenzione sul modello della Costituente, naturalmente eletta con suffragio universale e sistema proporzionale, ad oggi avremmo proposte più condivisibili. I partiti politici, con una loro organizzazione democratica vanno assolutamente salvati. Il potere appartiene al popolo e non a Renzi, Berlusconi o Salvini. Gli antagonisti, nel partito, non vanno espulsi e non si dica mai “ce ne faremo una ragione”.

Marco Ilapi. 

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