Il governo, appare impegnato a derubricare il valore politico del voto – prima manifestazione di sovranità popolare post lockdown - andrà avanti, col collante della “valanga di soldi” in arrivo e in attesa di una valanga di idee. A prescindere. Il che, in tempi normali, o meglio in situazioni democratiche ordinarie, è anche comprensibile: le regionali sono una cosa, il governo un’altra, così come il referendum e le comunali. In situazioni che però ordinarie non sono, proprio l’atteggiamento del “non cambia nulla” rappresenta l’ultimo tassello di una “crisi di sistema” che, pericolosamente, si avvita su se stessa. Di una sequenza di anomalie che non si riesce a interrompere: un paese dove l’ultimo governo nato nelle urne risale a dieci anni fa, dove il voto è sempre un rischio da evitare con accrocchi in Parlamento, dove le istituzioni hanno una crisi di legittimazione, fino a questa stramba e fragile legislatura, segnata da un premier non eletto che fa un governo con la Lega, per poi farne un altro contro la Lega, peraltro in nome del pericolo democratico rappresentato da quelli con cui governava insieme fino al minuto prima. Un po’ come se un complice del Duce fosse diventato il capo della Resistenza, tranne poi constatare che non ne metteva in discussione le leggi speciali. Il commento di Alessandro De Angelis su Huffington Post.
Il governo deve sapere che prima o poi i nodi vengono al pettine