In Francia cade l’ultimo tabù sull’argine contro Le Pen

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Francia, Emmanuel Macron sarà un'anatra zoppa?

Il leader dei gollisti Eric Ciotti apre all’accordo con il Rassemblement National di Marine Le Pen. Se confermata – molti nel suo partito, Les Républicains, sembrano decisi a dare battaglia – sarebbe una svolta storica, che metterebbe fine a una tradizione pluridecennale. Quella del barrage contro l’estrema destra da parte dei partiti costituzionali, sempre pronti a unirsi nei ballottaggi pur di tenerla fuori, regola non scritta della Quinta Repubblica ma sempre rispettata, nonostante la crescita inarrestabile degli esclusi. Anche quando, nel 2002, per la prima volta, il Front National guidato dal Jean-Marie Le Pen (padre di Marine) arrivò al ballottaggio delle presidenziali, e la sinistra fu costretta a fare campagna per il presidente uscente, e suo storico avversario: il gollista Jacques Chirac (anche perché al primo turno gli elettori di sinistra, dando per scontato un ballottaggio socialisti-gollisti, portarono oltre la soglia di sbarramento ben quattro liste trotzkiste: ah, le meraviglie del doppio turno!). Il commento di Francesco Cundari su Linkiesta.

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Eurobond, si allarga il fronte. In quattordici contro Merkel

Si allarga il fronte in favore degli Eurobond. Ai nove della lettera guidati da Giuseppe Conte, Emmanuel Macron e Pedro Sanchez, si aggiungeranno nelle prossime ore altri cinque Paesi: i tre baltici, la Slovacchia e Cipro. Diventeranno così quattordici i leader che si oppongono ad Angela Merkel e Mark Rutte. Un accerchiamento, in questa corsa contro il tempo per salvare la moneta unica. E d’altra parte, dopo il fallimento del vertice di giovedì notte, al termine del quale i capi di governo si sono lasciati alle spalle macerie, servirà un negoziato ancora più duro. Senza un finale già scritto. Tanto che in queste ore inizia a circolare anche l’impensabile, quello che tutti vorrebbero evitare, ma che potrebbero diventare l’arma negoziale per far crollare la diga eretta tra Berlino e L’Aia: l’emissione di Eurobond a quattordici, senza gli ortodossi del Nord. La definitiva spaccatura dell’Unione.

Sono frenetici i contatti tra le Cancellerie dell’eurozona. E l’asse dei quattordici considera vitale lo strumento degli Eurobond, l’unico giudicato in grado di mobilitare almeno mille miliardi di liquidità e rispondere alla crisi da Covid-19. Uno scenario da incubo, che giovedì Christine Lagarde ha tradotto in numeri a beneficio dei leader. Secondo la presidente della Bce, racconta chi ha assistito al vertice, una pandemia fino all’autunno farebbe sprofondare la zona euro in una recessione del 10%.

Un quadro talmente drammatico che ha spinto ieri cinque nuovi Paesi a mostrarsi informalmente pronti ad aderire al gruppo degli Eurobond. Manifestazioni di interesse gradite, visto che Lituania, Lettonia, Estonia e Slovacchia sono da sempre schierate con i super rigoristi di Angela Merkel.Contatti anche con Malta. Il clima è ormai così aspro che il premier socialista portoghese Antonio Costa si è spinto a definire «ripugnante» la proposta del ministro olandese Wopke Hoekstra di aprire un’indagine contro i paesi del Sud, accusati di non avere risparmiato in tempi di vacche grasse.

L’ex premier e presidente della Commissione Ue Romano Prodi definisce il summit di giovedì notte «terribile ». E chiede gli Eurobond: «Se non c’è solidarietà adesso, che Europa è?». Un concetto che Giuseppe Conte rende ancora più esplicito in i queste ore: «Se non troviamo una soluzione, rischia di chiudere l’Europa ». Quasi profetico. Basta ascoltare l’attacco frontale di Matteo Salvini, pronto a cavalcare la crisi in chiave sovranista: «Questa Unione è una schifezza, andate a cagare».

Ma quali sono le prossime tappe? L’altra sera i leader hanno dato mandato all’Eurogruppo di avanzare proposte entro due settimane. Già ora però appare quasi impossibile che i ministri delle Finanze, spaccati tra falchi e colombe, possano trovare un accordo sugli Eurobond. Le aspettative politiche si concentrano invece sul Piano di rilancio dell’economia che leader hanno affidato a Charles Michel e Ursula von der Leyen, presidenti di Consiglio e Commissione. Che, su richiesta di Conte e Sanchez, saranno affiancati da Lagarde, Centeno e Sassoli.

Ma il rischio è che i tempi di lavoro di questo format si allunghino ancora. Ecco perché si cerca di allargare il fronte, che da ieri conta anche il capo della banca centrale olandese, Klaas Knot: «I Coronabond – dice sono una strada, la politica monetaria non può fare tutto da sola». Non è il solo a ritenere che lasciare il peso della crisi esclusivamente sulle spalle di Francoforte possa indebolire la Bce. Lo pensano i quattordici, pronti a minacciare di andare avanti da soli con bond condivisi, contando sul fatto che la Bce dovrebbe comprarli per evitare un crack dell’euro. Nascerebbe la temuta Europa a due velocità. Per questo, al momento si tratta soprattutto di una minaccia che punta a convincere Merkel a un’emissione di Eurobond una tantum, gestito dallo stesso fondo salva-Stati (Mes) o dalla Banca europea degli investimenti.

Tommaso Ciriaco e Alberto D’Argenio - la Repubblica – 28 marzo 2020

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Progetto per ridurre il numero delle regioni

Le politiche di sviluppo del lavoro (agrario, industriale, dei servizi, del turismo…) appartengono sempre meno agli apparati regionali, che così perdono progressivamente ogni senso di programmazione con i propri territori, limitandosi a gestire e controllare innumerevoli società, consorzi di servizi come dicevamo proliferati in modo abnorme negli ultimi vent’anni… In questa situazione la virtuosa fusione della cura dei territori, del loro eco-sviluppo, delle tutele dell’ambiente e della salute dei cittadini…tutto questo unito nell’Organismo regionale, in ciascuna delle venti regioni cui è suddiviso il nostro territorio… tutto questo nella realtà ha perso di ogni valore…. Ben per cui il superamento di questa attuale suddivisione regionale in 20 mini-Stati (con apparati politici e burocrazie incredibili) non può che essere vista positivamente. (...)Le Regioni sono indicate nella Costituzione del 1948 ed effettivamente sono amministrativamente nate con grandi speranze nel 1970. Speranze subito deluse. Apparati “statuali” si sono insediati, e se l’idea di avere Istituzioni più vicine al cittadino, più attente alla spese (meno sprechi degli apparati centrali) ebbene, ciò si è dimostrato ampiamente errato. Venti piccoli stati con i loro tanti consiglieri regionali, con le prebende e gli onori (e nessun onere) a loro spettanti… con burocrazie lente ed autoreferenti. Alcune ipotesi di riforma della struttura amministrativa dello Stato italiano formulate da politici e studiosi appartenenti a diverse aree politico-culturali sul sito ww.geograficamente.wordpress.com.

Si riparla di macroregioni

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