Usa e Russia, nuovo rapporto grazie a Donald

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Nel 1991, quando sulle torri del Cremlino fu ammainata la bandiera sovietica, gli americani dovevano decidere se aiutare la Russia a riprendersi come avevano fatto dopo la guerra con l'Italia e la Germania, oppure indebolirla ulteriormente ed espellerla dall'Europa. Gorbaciov e Reagan avevano in mente la prima strada, ma poi prevalse la corrente di pensiero del consulente strategico della Casa Bianca Brzezinski, secondo cui gli Usa, diventati l'unica superpotenza del mondo, dovevano restare i soli a governare il pianeta. L'editoriale di Francesco Alberoni su il Giornale.

Con Trump, Usa al capolinea

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Europa, leader cercasi

Europa, leader cercasi, disperatamente. Sembrerebbe una pura provocazione. Ma non è così. L’Unione Europea appare ogni giorno che passa incapace di darsi una leadership degna. Sì da poter competere ad armi pari con le grandi potenze mondiali sia sul piano economico sia sul piano militare. E’ stato ribadito più volte che questa modalità di rincorrere gli eventi (e non di anticiparli), tipica dell’Unione Europea degli ultimi anni non porta da nessuna parte. Anzi aggrava la situazione geo-politica che è esplosiva. Per evitare le conseguenze che si sono manifestate, ai più diversi livelli (sul piano economico, sul piano militare, sul piano dei diritti civili, ecc.) con un’impari lotta al terrorismo di marca Isis, con il crescente disagio di decine di milioni di cittadini europei che non trova risposte accettabili, con 28 modelli economici che non consentono di fare una programmazione a lungo termine che possa permettere all’Europa di competere con gli Stati-colossi dell’economia mondiale come Russia, Usa, Cina, Giappone India e Corea del Sud, Angela Merkel e soci avevano una sola strada da percorrere: riprendere il cammino degli Adenauer, De Gasperi e Schumann e proporsi di costituire a breve gli Stati Uniti d’Europa, con un suo autorevole presidente, eletto dai cittadini, un suo governo, una sua politica estera, una sua difesa del territorio europeo, una sua politica fiscale e via elencando. Si poteva percorre una strada semplice: i sei Paesi fondatori dell’Europa (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Olanda) avrebbero dovuto costituire una vera (e non fasulla) federazione di Stati con politiche omogenee. Gli altri 22 Paesi, ad iniziare dalla Gran Bretagna per finire con i Paesi ex satelliti di Mosca, avrebbero dovuto, lentamente, aderire al Grande Patto per la costruzione di una Europa forte, dinamica, in grado di affrontare i nodi che sono venuti al pettine nel corso degli ultimi anni e contrapporsi energicamente allo strapotere, in prima battuta, degli Stati Uniti, ms poi anche di Cina, Giappone, Corea del Sud, India e Paesi cosiddetti emergenti (Brics e quant’altri). Per gli egoismi nazionali si è scelta un’altra via che, ripeto, non conduce a nessuna parte. Merkel, Hollande e Renzi possono ancora riprendere il cammino interrotto anni or sono, solo se si svegliano dal torpore che li ha attanagliati. Innanzi tutto deve riprendere vigore il dialogo drammaticamente interrotto con la Russia di Vladimir Putin che fa parte dell’Europa più di quanto ne faccia parte, la richiedente Turchia del dittatorello Erdogan. Che con il suo strano modello di democrazia ottomana sta facendo passi indietro colpendo con l’accetta chi non acconsente alle sue scelte, mettendo in galera chi osa porsi sul suo cammino. E l’Europa dovrebbe accoglierlo a braccia aperte? Ma scherziamo! E’ preferibile avviare una discorso di avvicinamento all’Unione Europea della Russia. I russi sono sicuramente più europei dei turchi. Di questa Turchia. E poi un po’ di realpolitik. Allargare il fronte europeo verso Est magari darebbe un dispiacere agli Stati Uniti d’America, ma renderebbe il continente europeo assai più forte sul piano economico, sul piano politico, sul piano militare. Con l’Isis alle porte di Parigi, Bruxelles e Berlino non si scherza. Prima che sia troppo tardi. Prima della Ventotene promessa dal premier italiano Renzi, l’Europa si svegli. Altrimenti saranno dolori per tutti. Poi non ci si lamenti che in Francia la destra xenofoba scali l’Eliseo, che l’Austria sia consegnata alla destra estrema, che la Turchia persista nel ricattarci, che la Brexit sia seguita da altre fuoriuscite all’Unione Europea e che milioni di extracomunitari continuino a cercare di prendere d’assalto le nostre coste. Gli attuali (sotto)leader europei sono avvertiti. Dopo non piangano come fanno i coccodrilli. Ci pensino prima che accada il disastro. Meno egoismi nazionali, maggiore integrazione. Si è ancora in tempo.

Marco Ilapi, 24 luglio 2016

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In Italia si trivella per fare regalìe alle aziende del settore

In Italia le società petrolifere pagano solo il 10% di royalties, contro l’80% chiesto da Norvegia e Russia, e hanno diritto a franchigie: non versano nulla se estraggono meno di 20mila tonnellate su terra e meno di 50mila in mare. Se superano le soglie, scatta una detrazione. E il Paese non ci guadagna: i posti di lavoro creati sono pochi e i conti delle regioni hanno scarsi benefici. L'articolo di Luisiana Gaita su il Fatto Quotidiano.

I petrolieri re d'Italia e le mini royalties

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