Renzi ha, francamente, stancato: aspettiamo risposte robuste. Gli slogan, le stilettate e gli attacchi alle tartine hanno francamente stufato. E se poi si riesce a rendere l’ambiente del mercato del lavoro meno ingessato e a offrire qualche brandello di protezione in più a chi non ne ha, è già molto. Per evitare che l’Italia continui a essere un bellissimo paese. Ma solo per i vecchi. Così Elisabetta Gualmini su La Stampa.

Il premier deve giocare a carte scoperte

Un altro bivio per Matteo Renzi. Il marketing della politica se è sostanza è utile, se è solo cosmesi è dannoso. In Europa, meno inclini di noi a scambiare la simpatia e la parlantina per strumenti di governo, se ne sono già accorti. Le controfigure renziane abbondano anche nella nuova segreteria del Pd, quasi un partito personale, simile a quello del suo antico rivale, l’ex Cavaliere. E qui sorge l’interrogativo più spinoso. Così Ferruccio De Bortoli sul Corriere della Sera.

Matteo non incanta più

Fra l’uomo di Dronero e Matteo Renzi, corrono due differenze fondamentali. La prima: Giolitti poteva governare un parlamento sminuzzato e caotico perché si appoggiava su tre pilastri: il sovrano; la capacità di convocare e condizionare le elezioni; un controllo ferreo sulla macchina amministrativa, fatto di grande competenza e durezza sorprendente. A Renzi un punto d’appoggio al Quirinale certo non manca, ma non si sa per quanto tempo ancora resterà. Le elezioni il presidente del Consiglio le minaccia, proprio perché soltanto così può sperare di aver ragione delle opposizioni striscianti – ma la minaccia non è efficacissima, visto che non è facile darle davvero seguito. La macchina amministrativa, infine, per lui non è una soluzione, ma un problema. Così Giovanni Orsina su La Stampa. 

Renzi come Giolitti?