Le proposte di Draghi e le polemiche dei partiti

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Draghi propone, a Bruxelles (e Roma) fanno finta di niente!

La distanza tra il rapporto di Mario Draghi e i discorsi della politichetta nazionale è siderale. Non è per il fatto, pur clamoroso, che l'ex presidente del Consiglio ha avanzato centosettanta proposte mentre i partiti riescono sì e no ad abborracciarne una decina. È il respiro che fa la differenza. Draghi ha steso un Rapporto di sapore rooseveltiano, fissando come presupposto per evitare la disfatta dell'Europa la crescita, nell'ambito di un discorso epocale, al crocevia tra due epoche, quella del benessere novecentesco è quella delle grandi incognite del XXI secolo. Come ha osservato Politico, «Draghi è stato l'uomo salutato come salvatore dell'eurozona durante la crisi del debito sovrano quando era presidente della Banca centrale europea. Questa volta la sua sfida potrebbe essere ancora più grande: impedire all'Europa di restare indietro rispetto al resto del mondo». E pensare che l'avevamo a Palazzo Chigi. Il commento di Mario Lavia.

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La sinistra italiana ignora l’euforia democratica per Kamala

Elly Schlein ha catturato Giuseppe Conte nella sua rete e attirato nella medesima rete Matteo Renzi. Non male

Nel provincialismo del dibattito italiano fa più rumore la polemica procedurale (congresso sì o no?) dentro Italia Viva che non una riflessione aggiornata a quanto sta avvenendo negli Stati Uniti, e forse Matteo Renzi avrebbe più voglia di parlare di questo, e magari anche Luigi Marattin e Carlo Calenda. Ecco uno spunto per un bel dibattito estivo per i leader dell’opposizione. Anche gli scritti più impegnati, come quello di Michele Salvati pubblicato ieri dal Foglio, non considerano il fattore K come potenzialmente determinante per il futuro del progressismo mondiale. Il commento di Mario Lavia su LInkiesta.

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Il governo del cambiamento? Non nel Belpaese

Osservando lo scenario delle politica nazionale possiamo rilevare che i 25 anni di “Seconda Repubblica” hanno ulteriormente slabbrato nell’elettorato il senso di appartenenza alle categorie politiche “destra” e “sinistra”. Lo dimostra il fatto che alle elezioni politiche del 2018 gli unici due partiti politici che facevano espressamente e continuamente riferimento a tali categorie per definire la propria identità hanno riportato un consenso elettorale minimo (3,4% Liberi e Uguali e 4,3% Fratelli d’Italia). L'interessante commento di Luigi Marattin su Il Foglio.

E' proprio vero che destra e sinistra non esistono più?

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