I giovani d'oggi senza una pensione domani

Un recente rapporto dell’Ocse mette in guardia sulle condizioni di vita che i giovani di oggi dovranno affrontare durante la loro vecchiaia. Se in tutti i paesi avanzati lo stato di salute e il livello di reddito delle persone anziane sono notevolmente migliorate nel corso del tempo, non è affatto detto che il trend resti positivo anche nei prossimi anni. Lo stesso miglioramento non si è visto infatti nelle condizioni dei giovani, basti dire che dalla metà degli anni Ottanta a oggi il reddito del gruppo di individui nella fascia di età compresa tra i 60 e i 64 anni è cresciuto in Italia del 25 per cento in più rispetto a quello del gruppo di età 30-34 (figura 1). Un divario particolarmente elevato se si pensa che in media nei paesi Ocse è stato del 13 per cento e che nei paesi anglosassoni la differenza è a sfavore degli anziani. Lo studio di Maria De Paola su il Fatto Quotidiano.

Lavoro, l'incerto futuro dei giovani d'oggi

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I giovani ed il lavoro, un cambiamento epocale

I prossimi lavoratori, che saranno i Millennials di oggi e le generazioni più giovani (quella degli "Z" parte dagli anni Novanta), porteranno la loro cultura in ambito professionale e diranno addio alle progressioni di carriera lineari, che impegnano i dipendenti per decenni e di fatto limitano la loro vita lavorativa a un paio di aziende. Secondo quanto emerso al Global Leadership Summit, una buona fetta dei capi azienda ritiene che già nel 2020 i tre quarti delle forze lavoro non avranno più sede in un "ufficio tradizionale". Gli esperti di Ubs, in un articolato report dedicato al "lavoro del futuro", parlano di "Bricolage Living". Si tratta della capacità di costruire una vita "modulare", nella quale questi astronauti del cosmo lavorativo dovranno saper saltare in differenti luoghi, senza orari canonici. Raffaele Ricciardi su la Repubblica.

Lavoro, mutamenti a 360 gradi nei prossimi anni

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Università sotto accusa, lettera di una ricercatrice tradita

  • Pubblicato in Cultura

In qualunque ambito la preparazione “iperqualificata” è ritenuta un limite, non un potenziale, proprio perché di ostacolo alla cosiddetta flessibilità. Editoria, giornalismo culturale, siti web: nessuno è disposto a pagare un plurititolato per lavori “di basso profilo” (revisione di testi, traduzione, correzione di bozze, lavoro redazionale di qualsiasi genere) che peraltro nella gran parte dei casi nemmeno esistono più o vengono dati in appalto ai cosiddetti service, assimilabili ai call center di una volta nella funzione di calmierare i giovani laureati in cambio di pochi spiccioli e nessuna prospettiva. Quanto ai giornali, dopo circa cinque anni di volontariato culturale presso un noto quotidiano militante ho scritto per un altro paio d’anni sul supplemento di uno dei due quotidiani di maggior tiratura nazionale: duecento euro (lordi) a pezzo, un paio di pezzi al mese e dopo un anno e mezzo più nulla nemmeno qua, con la motivazione che scrivo difficile e la gente il supplemento (si badi: culturale, non sportivo) lo vuole leggere in totale relax e senza dover mettere mano al dizionario. Lettera al premier Renzi di Gilda Policastro, ricercatrice di Salerno.

L'Università italiana ostacola le persone iperqualificate

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