Ci si può meravigliare se i sistemi politici e istituzionali nei quali le classi politiche europee sono abituate da decenni a farla da padrone raccolgono tra i cittadini una fiducia e un consenso sempre minori? Di tutto questo ci parla l’esempio della Francia, a dispetto della soddisfazione d’obbligo di cui farà mostra il vincitore di stasera: del declino delle élite politiche europee. Nel lontano 1945, subito dopo la fine della guerra mondiale, la democrazia continentale poté contare per la sua nascita e il suo primo radicamento su una generazione di capi e di quadri selezionati e ammaestrati dalla terribile lezione della vittoria dei totalitarismi, e dalle vicende della grande politica in anni di ferro e di fuoco; una generazione cresciuta in una quotidianità di vita spesso aspra, fatta di pochi beni e di molte letture, di passione per le idee, trascorsa tra la gente comune. Fu la generazione dei De Gasperi, dei Mendès France, degli Adenauer, degli Schuman, degli Ollenhauer, dei Nenni, nel bene e nel male anche dei Togliatti e dei Tito: politici abituati a organizzare il mondo intorno a una visione generale fondata su valori forti. L'editoriale di Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera.
Europa senza statisti