La resurrezione dell’economia mondiale dopo il coronavirus sarà lenta e dolorosa

La spesa in deficit non ci salverà dalla più grande recessione degli ultimi cento anni. Dobbiamo rileggere Keynes per capire cosa ci riserva il futuro. Scrive il Sunday Times (12/4) Non c'è mai stato un clima così adatto alla Pasqua", scrive Niall Ferguson sul Sunday Times: "L'economia mondiale sembra morta. Ci sarà una resurrezione? Un secolo fa, in seguito all'influenza più letale della storia, il più grande economista della sua generazione si ammalò. John Maynard Keynes si trovava a Parigi per partecipare alla conferenza di pace che avrebbe prodotto il Trattato di Versailles. Dopo essere collassato il 30 maggio 1919, Keynes scrisse a sua madre: 'A causa della miseria e della rabbia che provo verso tutto ciò che sta avvenendo e in parte a causa delle troppe ore di lavoro, mi sono steso a letto venerdì scorso e non mi sono più rialzato'. Keynes è rimasto a letto per quasi una settimana, alzandosi solamente per incontrare il primo ministro, David Lloyd George, e per fare 'una passeggiata quotidiana lungo i Bois [de Boulogne]'. Keynes aveva davvero contratto l'influenza spagnola? Il suo biografo, Lord Skidelsky, sostiene che non possiamo esserne certi. Nel caso, è stato fortunato a sopravvivere. Secondo le stime più recenti la pandemia uccise 39 milioni di persone – il due per cento della popolazione mondiale dell'epoca – superando il numero di vittime della Prima guerra mondiale. Poco dopo la convalescenza e il ritorno in Gran Bretagna, Keynes scrisse il libro che lo rese famoso, 'Le conseguenze economiche della pace'. Il testo ripudiava le misure punitive contenute nel Trattato di Versailles, e profetizzava un disastro economico seguito da contraccolpi politici. Chi tra i grandi economisti di oggi scriverà 'Le conseguenze economiche della pandemia'? Gran parte dell'economia mondiale è stata frenata dal Covid-19. Per contenere il contagio, moltissime aziende sono state costrette a fermare la produzione e molti lavoratori a restare a casa. Le banche centrali e i ministri delle Finanze hanno iniettato molta liquidità nell'economia per evitare un crollo catastrofico della domanda e la deflazione da debito. Gli effetti di queste misure si riscontrano nel grande aumento del prezzo delle azioni. Chi avrebbe detto che la Fed avrebbe acquistato anche la 'spazzatura'?. Mi sento un po' come Keynes nel 1919. Certo, vedo la necessità di dare soldi a quei lavoratori che resteranno disoccupati finché non verrà trovato un vaccino per il Covid19. Ma la politica attuale della Fed sembra un salvataggio generale degli investitori, compresi quelli la cui posizione è notoriamente a rischio.

Le analisi dei maggiori economisti mi hanno ulteriormente scoraggiato. L'arciliberal Paul Krugman sostiene che il virus sia 'l'equivalente economico di un coma', ma le politiche keynesiane possano generare uno stimolo. 'I prestiti potrebbero causare una sbornia', ha scritto il primo aprile, 'ma non dovrebbero porre dei problemi insormontabili'. Al contrario, Kenneth Rogoff – uno dei pochi accademici conservatori di Harvard – ha scritto la scorsa settimana che il Covid-19 'è una catastrofe economica... che può eccedere gli effetti di ogni recessione negli ultimi 150 anni'. La pandemia, spiega Rogoff, è simile a 'un'invasione degli alieni'. Larry Summers, che ideologicamente si trova a metà strada tra Krugman e Rogoff, ha scelto una metafora più macabra. 'L'isolamento fisico è come la chemioterapia', ha detto: 'L'obiettivo è la remissione... Ma il problema della chemio è che diventa sempre più tossica col passare del tempo'. Sono d'accordo con Rogoff e Summers. Questo è un disastro, le cui conseguenze economiche non potranno essere neutralizzate nemmeno da un'espansione fiscale e monetaria senza precedenti. Durante le ultime tre settimane 16.8 milioni di americani – oltre il 10 per cento della forza lavoro – hanno fatto domanda per il sussidio di disoccupazione. Secondo le stime della mia agenzia di consulenza Greenmantle, il pil americano oggi è pari al 75-82 per cento rispetto all'ultimo trimestre dell'anno scorso. Le nostre previsioni, basate su un'analisi stato per stato che prende in considerazione le persone che lavorano da casa, stimano un calo del pil (-1,45 per cento) nel primo trimestre del 2020, seguito da un crollo enorme indotto dal lockdown (-10,8 per cento) nel secondo trimestre. Ci aspettiamo una ripresa parziale del 6,5 per cento nel terzo trimestre, causata dal rilassamento graduale del lockdown e dal mantenimento del distanziamento sociale, che resterà in vigore finché non verrà reso disponibile un vaccino.

Alcune banche hanno previsto una 'ripartenza a V'. Queste stime si sono rivelate sbagliate dopo il 2009 e si dimostreranno ancora più sbagliate nel 2020. Piuttosto, la ripresa sarà più simile a una radice quadrata invertita o alla schiena di una tartaruga. Nel periodo 'post lockdown e pre vaccino' ci sarà un calo di tutti i settori economici che fanno affidamento sui rapporti sociali, ad esempio il trasporto aereo, l'istruzione, l'intrattenimento, hotel e ristoranti. Un'economia senza assembramento non è la 'nuova normalità'. Piuttosto, potrebbe essere la nuova anomia, per usare il termine con cui Emile Durkheim descriveva un senso di disconnessione. Per molte persone la parola 'divertimento' è sinonimo di 'folla'. Il prossimo anno sarà deprimente sia dal punto visto psicologico che da quello economico. Krugman appare fiducioso che la spesa in deficit farà aumentare la domanda. Non ne sono così sicuro. Le persone in preda all'ansia cercheranno di risparmiare il più possibile. Le aziende in bancarotta si prenderanno i soldi del governo ma usciranno comunque ridimensionate. E non mi fate parlare delle conseguenze per il commercio. Per farla breve, non riesco ad augurare ai miei lettori una buona Pasqua. La resurrezione dell'economia mondiale impiegherà molto più tempo. Spero solamente che Keynes si svegli dal suo riposo eterno per dirci esattamente quanto durerà".

Il Foglio - 20 aprile 2020

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La fase 2 tutta gestita dai giovani? Il piano inglese spiegato dai suoi ideatori

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Londra. Dopo avere archiviato l’ipotesi dell’immunità di gregge, gli uomini vicini al premier Boris Johnson stanno esaminando un’altra proposta molto originale: allentare le restrizioni per i giovani che non abitano con i loro genitori, mantenendo le misure attuali per tutti gli altri. L’idea è stata lanciata da due economisti dell’Università di Warwick, Andrew Oswald e Nick Powdthavee, che hanno proposto di sospendere il lockdown per la fascia di età dai 20 ai 30 anni come primo passo verso un ritorno alla normalità. Questa categoria è meno esposta ai rischi del coronavirus – il tasso di mortalità è pari allo 0,03 per cento – ma subisce maggiormente i contraccolpi economici del lockdown. Molti giovani in Gran Bretagna hanno contratti precari, e non vengono tutelati dagli ammortizzatori sociali se perdono il posto di lavoro. I due autori riconoscono che affidare la ripresa economica ai giovani sarebbe un esperimento sociale senza precedenti, che potrebbe lasciare un segno sulla generazione dei millennial. “Molti adulti non hanno una grande considerazione dei giovani”, spiega al Foglio Nick Powdthavee, uno dei coautori dello studio: “La nostra proposta darebbe loro la grande responsabilità di rilanciare la crescita. Nascerebbe un’economia gestita dai giovani sotto la tutela degli anziani, che continuerebbero a lavorare da casa. Sono fiducioso che questo renderebbe la generazione dei millennial più matura e solidale”. Lo studio stima che il rilascio anticipato dei ventenni produrrebbe un gettito iniziale di 13 miliardi di sterline, creando benefici per tutte le categorie. I giovani sarebbero liberi di consegnare la spesa ai loro genitori, e produrre beni e servizi per il resto della società. I due autori smentiscono che la loro proposta potrebbe alimentare il risentimento degli anziani verso la generazione dei propri figli. “La nostra idea comporta una forma di solidarietà intergenerazionale”, spiega al Foglio il professore Andrew Oswald: “Il tasso di mortalità aumenta esponenzialmente a secondo dell’età. Basta pensare che la fascia tra i 30 e 39 anni rischia quasi tre volte in più rispetto ai ventenni. Il governo dovrebbe insistere su questo dato affinché la nostra idea non venga percepita come un’ingiustizia dal resto della società. Gli anziani hanno ogni interesse a non uscire di casa”. I due autori riconoscono due grandi rischi. Innanzitutto, un’eventuale mutazione del virus potrebbe renderlo più pericoloso per i giovani, compromettendo la loro strategia. Inoltre, alcune persone tenteranno di violare le regole. “Sarebbe necessaria una maggiore sorveglianza da parte delle forze dell’ordine”, spiega Oswald: “Ognuno dovrebbe portare con sé un documento di identità per accertare la propria età”. La soluzione auspicata non è perfetta ma è migliore delle alternative. “Riaprire le attività commerciali e allentare le restrizioni per tutti aumenterebbe il rischio di nuovi contagi”, spiega Powdthavee: “Al contrario, il mantenimento del regime attuale farebbe aumentare la povertà e la disoccupazione, creando danni molto maggiori rispetto al nostro scenario”. Gli scienziati calcolano che il rilascio dei 4,2 milioni di ventenni in Gran Bretagna provocherebbe circa 630 vittime. “Questa proposta è valida per qualunque paese alle prese con il lockdown”, conclude Oswald: “In Italia molti giovani vivono con i propri genitori, quindi sarebbe necessario che il governo fornisse loro degli alloggi. Ma questa idea può funzionare anche da voi”.

Gregorio Sorgi – Il Foglio – 11 aprile 2020

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Come evitare che lo stato autoritario diventi l’unico modo per combattere il Covid 19

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I governi si affidano alla biosorveglianza per contenere il contagio. Le libertà fondamentali in cambio della sconfitta dell’epidemia. La mitigazione è la nuova soppressione, scrive Jeremy Cliffe sul New Statesman: “Fino a poche settimane fa molti governi occidentali pensavano fosse sufficiente isolare i contagiati da Covid-19, mentre oggi chiudono il paese producendo delle scene inimmaginabili nell’èra antecedente al coronavirus. Anche la Gran Bretagna – un tempo il paese capofila di un approccio orientato alla ‘mitigazione’ – si è unito agli stati che sostengono delle misure più restrittive. Questa è probabilmente l’unica strada, e ha avuto successo nei paesi asiatici, come Cina, Singapore, Hong Kong e Taiwan, che hanno contenuto la diffusione. Se i governi terminassero il lockdown con troppo anticipo rischierebbero di dare vita a una nuova ondata di contagi, come è avvenuto di recente a Hong Kong. Una seconda opzione consiste nel mantenimento delle restrizioni attuali finché non verrà sviluppato un nuovo vaccino. Ma questo potrebbe creare dei danni economici oltre che comportamentali, dato che molte persone non riuscirebbero a sopportare una quarantena troppo lunga. Resta aperta una terza possibilità, ovvero la biosorveglianza. L’unico modo per allentare le restrizioni nel medio termine senza rischiare una seconda ondata letale è assicurarsi che i contagiati restino isolati. Per riuscirci, i governi dovrebbero essere in grado di monitorare il comportamento dell’intera popolazione a un ritmo senza precedenti nel mondo occidentale. Molti paesi si trovano di fronte a quello che potremmo chiamare il ‘trilemma del coronavirus’. Possono scegliere solo due delle seguenti tre opzioni: limitare le morti, allentare le restrizioni o difendere le libertà civili. I paesi asiatici hanno scelto le prime due, a spese della terza. Ma anche il resto del mondo dovrà compiere una scelta, che trasformerà il ruolo e la portata dello stato. Ori Shaashua, il vice presidente di una compagnia di intelligence digitale, ha detto di recente al Times of Israel che ‘noi cerchiamo gli aghi nei pagliai’. Shaashua ha spiegato che un cellulare medio è dotato di 14 sensori che monitorano non solo la posizione GPS ma anche movimento, accelerazione e livelli di luce. Questo consente di analizzare il ‘micro ambiente’ di ogni individuo.

Di recente il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha introdotto una legge di emergenza per consentire a Shin Bet, i servizi segreti interni, di accedere ai dati cellulari e raccogliere informazioni per combattere la pandemia. La forma meno intrusiva della biosorveglianza consiste nell’uso dei dati cellulari – o di altri strumenti come le Cctv – per monitore il comportamento generale della popolazione. In Lombardia, l’epicentro del contagio in Italia, le autorità hanno usato i dati aggregati per stimare il numero di persone che hanno compiuto spostamenti di oltre 500 metri al giorno. In Gran Bretagna gli operatori O2 e EE stanno ragionando con il governo sulla possibile condivisione di dati anonimi. In America Google, Facebook e Apple stanno dialogando con il governo federale riguardo a un’ipotesi simile. Tuttavia, come è evidente dai commenti di Shaashua, la biosorveglianza può essere molto più intrusiva. In alcuni paesi come Singapore, Taiwan e Corea del Sud, i cittadini comuni possono rintracciare i movimenti dei contagiati e inviare una notifica alle forze dell’ordine se questi non mantengono la distanza di sicurezza. In Cina ognuno deve usare un codice a barre per compiere degli spostamenti. Questo è il modo per dimostrare di rispettare le restrizioni personalizzate imposte dal governo. Le norme adottate da Israele mostrano che presto anche le democrazie occidentali potrebbero scegliere questa strada per salvare vite e tutelare l’economia. L’obiettivo di queste misure è quello di influenzare, e non solo monitorare, il comportamento degli individui. Questa è la seconda parte della biosorveglianza. Dopo avere identificato i contagiati dal virus, e rintracciato le possibili trasmissioni, le autorità possono agire sulla base di quelle informazioni. Lo stato che utilizza la biosorveglianza non è solamente intrusivo, è anche coercitivo”.

Molti paesi occidentali, come Belgio, Polonia, Israele e Taiwan, hanno adottato varie forme di restrizioni basandosi sull’esempio della Cina. In Francia e Italia queste misure autoritarie sono state giustificate evocando un “contratto sociale”, che prevede la cessione di alcune libertà individuali allo stato in cambio della sua protezione. “La nazione sosterrà i propri figli”, ha detto Macron il 16 marzo. A giudicare dagli indici di gradimento verso i governi in Francia e Italia, pare che i cittadini apprezzino questa forma di paternalismo. Tuttavia, la biosorveglianza può anche essere utilizzata per restringere delle libertà usando il pretesto dell’emergenza sanitaria, come è avvenuto in Ungheria. Lo stesso potrebbe accadere anche in democrazie liberali dotate di istituzioni forti. Molti governi che hanno assunto dei poteri speciali in tempi di crisi – come è successo in America dopo l’attentato alle Torri gemelle – hanno mantenuto queste prerogative anche oltre il termine dell’emergenza. Quindi non vi stupite se le misure coercitive dei prossimi mesi si rivelassero più resistenti del previsto. La distribuzione della biosorveglianza dovrebbe essere la prima preoccupazione per i paladini della democrazia e delle libertà civili. I parlamenti dovrebbero imporre delle scadenze ai poteri di emergenza e le istituzioni indipendenti dovrebbero monitorare la concentrazione dei dati. Di norma i cittadini dovrebbero possedere i loro dati e decidere chi può utilizzarli. Applicare questi principi in questa fase turbolenta e oltre non sarà facile. Ma è l’unica strada”. (Traduzione di Gregorio Sorgi) Qualche tempo fa in Francia si è creduto che l’Italia sarebbe stata un’eccezione a causa della carenza del suo sistema ospedaliero. Non avevamo capito che l’Italia era solo la fase avanzata del nostro declassamento. Niente test, niente maschere, niente respiratori artificiali, abbiamo fatto la guerra senza armi moderne, ma con quelle del Diciannovesimo secolo: confinamento generale. La misura più liberticida che ci sia. E i nostri soliti difensori della libertà, i media, gli intellettuali, i progressisti, ad applaudire e a chiedere sempre di più! Ricordiamo che, nella Étrange Défaite, lo storico Marc Bloch ha analizzato la nostra caduta militare come conseguenza delle nostre precedenti rinunce. Possiamo fare lo stesso con il coronavirus. La nostra ideologia senza confini ci ha proibito di chiudere i confini; i nostri vincoli europei ci hanno spinto a tagliare le riserve di mascherine; le nostre assunzioni liberali hanno compromesso la capacità dello stato di pianificare e anticipare. Per quanto riguarda la nostra sovranità europea, risulta svanire. Come ha affermato Hubert Védrine al Figaro: ‘L’Unione europea, il mercato unico e la politica di concorrenza sono stati progettati per un mondo senza tragedia’. E quando la tragedia bussa alle nostre porte, la nostra concezione del mondo ci mette in ginocchio mentre i paesi asiatici mostrano la loro indiscutibile superiorità”.

 Jeremy Cliffe – Il Foglio – 6 aprile 2020 editoriale su New Statesman del 25 marzo

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