Milano, le signore dell’arte a Palazzo Reale

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È un viaggio che si svolge attraverso i colori e le forme dell’arte, dove sono la mente e la mano  femminili a raccontare l’incanto  della vita umana, la mostra Le Signore dell’arte, Storie di donne tra Cinquecento  e Seicento che siè aperta ai primi di marzo a Palazzo Reale a Milano e che, per l’emergenza Covid, è visibile on-line. La rassegna, che è in programma fino al 25 luglio, conclude un progetto ideato dall’Assessorato alla Cultura del  Comune meneghino che reca il titolo i Talenti delle Donne e  rende manifesti l’ingegno e le capacità di trentaquattro  artiste  grazie alle centotrenta opere in mostra. Oggi la terza  visita on-line alle ore 18, seguiranno poi quelle del 18 e del 21 marzo. L’esposizione ha il merito di mettere in luce in alcuni casi, e in altri di approfondire, profili di artiste, siano esse pittrici, scultrici, architettrici, miniaturiste o ricamatrici, grazie ad un lavoro di studio e di seguente mappatura di un mondo artistico, ancora per certi versi patrimonio di conoscenze di specifiche elite culturali, e non bene comune. Nel quadro La partita di scacchi  della pittrice del Cinquecento,  Sofonisba Anguissola, gli occhi e gli atteggiamenti che sprizzano vivacità e curiosità potrebbero essere quelle di alcune giovani adolescenti d’oggi, basterebbe forse sostituire quelle vesti impreziosite da pizzi e di bianche perle  che rivestono i colli morbidi delle fanciulle impegnate nel gioco e negli ammiccamenti tipici dell’età. Il talento non mancava a queste donne. Artiste protagoniste ed interpreti del loro tempo. Esse sono a volte monache come Plautilla Nelli, autrice della tela con L’ultima Cena a Santa Maria Novella a Firenze, recentemente restaurata,  altre volte sono  viaggiatrici o vivono alla corte di re, e spesso diventano imprenditrici come Lavinia Fontana, tessendo una rete di relazioni necessarie a ricevere le commissioni non solo di piccoli quadri, ma di tele di grandi dimensioni destinate a chiese, su richiesta di papi e prelati, o  di ritratti voluti da uomini illustri e sovrani del tempo. Importanti mostre a partire dagli anni 70’ in Italia e all’estero hanno reso possibile la conoscenza dell’universo artistico femminile, spesso fino ad allora sconosciuto. In particolare, a Milano, si possono citare  quella su Artemisia Gentileschi nel 2011 a cura di Solinas e Contini, di  Tamara de Lempicka nel 2006 della curatrice  Gioia Mori e le esposizioni collettive: L’altra metà dell’Avanguardia a cura di Lea Vergine nel 1980 e L’Arte delle donne dal Rinascimento al Surrealismo nel 2007 di Sgarbi, Peters e Buscaroli.  Le Signore dell’arte ha un ulteriore merito: quello di aggiungere nomi di artiste e farne comprendere  soprattutto  la qualità delle opere. Molti hanno avuto modo di apprezzare il pennello e i colori della romana Artemisia Gentileschi in quadri come Lucrezia, Giaele e Sisara, o in molti dipinti di eroine che possono offrire anche un eco del suo vissuto doloroso legato alla vicenda con Agostino Tassi e  nello stesso modo  rivelano  la passione e la forza di una donna  che viene ammessa all’Accademia del Disegno di Firenze e a quella dei Desiosi a Roma. Molto meno nota è la pittrice  Ginevra Cantofoli, i cui volti luminosi delle Sibille, nella morbidezza dei loro incarnati, si lasciano osservare  nella ricchezza di colore  dei loro turbanti. Ancora poco nota è la scultrice Properzia de’ Rossi, anche se protagonista dell’unica vita dedicata ad una donna nella prima edizione delle Vite di Vasari del 1550. La filigrana dello stemma in argento della famiglia Grassi  rivela lo spirito e l’arte  di una scultrice, nata intorno al 1490, che vive  un’esistenza estremamente anticonformista sulla scia di quella  del famoso Caravaggio e che riesce a guadagnarsi, per le sue capacità, un posto nel cantiere della cattedrale di San Petronio a Bologna, allora  la seconda città per importanza del regno pontificio. La biografia di Sofonisba Anguissola è ricca di curiosità perché fu non solo pittrice alla corte di Filippo II in Spagna, ma educata assieme alle sorelle alla pittura fin da giovane, continuerà a dipingere lungo tutta la sua lunga vita, anche nelle dimore a Palermo e a Genova, apprezzata ancora giovanissima da Michelangelo e ritratta in segno di riconoscimento del suo prestigio, ormai anziana, dal noto pittore fiammingo Antoon Van Dyck. Vasari, nella sua seconda edizione delle Vite, ricorda il ritratto di Giovanna d’Austria, sorella di Filippo II e il ritratto della regina Isabella di Valois eseguiti da Sofonisba. Fra le monache Orsola Maddalena Caccia, figlia del pittore noto come Moncalvo, che aveva lavorato con Federico Zuccari alla Grande Galleria di Carlo Emanuele I a Torino e a Milano con gli artisti di Federico Borromeo, ebbe dal padre gli insegnamenti di pittura e si esercitò sulle stampe di maestri del Rinascimento presenti in studio. Nel 1620, a ventiquattro anni entrò con le sorelle nel monastero di Bianzè per uscirne dopo cinque anni, quando il padre per avere vicino a sé le figlie, istituì, fra le mura domestiche, il Monastero delle Orsoline. Si trattava di un monastero nato nel segno dell’arte perché al suo interno era stata prevista una stanza dedicata alla pittura. L’attività della pittrice che realizzò pale d’altare,  quadri da camera e   nature morte è nota fino al 1670  ed ebbe vasta eco. Accanto ai ritratti di Studioso e di Carlo Sigonio, i ritratti di gentildonne bolognesi di Lavinia Fontana, capace di cimentarsi anche con il nudo, come nel quadro Minerva in atto di abbigliarsi, possiamo porre l’arte di Fede Galizia, autrice del ritratto di Paolo Morigia. Volti intenti o segnati dalle rughe narrano la storia interiore di uomini e donne. Fede Galizia, figlia del miniaturista Nunzio, dipinse nature morte con pochi oggetti immersi in un’atmosfera silenziosa, dove si leggono influenze lombarde e fiamminghe. Galizia viene citata da Paolo Lomazzo nel suo trattato quando aveva solo vent’anni e paragonata al grande pittore spagnolo Francisco de Zurbaràn. Fra le accademiche la pittrice di Ascoli Piceno, Giovanna Garzoni, che lasciò la sua eredità all’Accademia di San Luca, privilegio che ebbe, come poche, di poter farne parte. I suoi dipinti di fiori e frutta  sono raffinati studi di botanica dipinti a guazzo su pergamena. La mostra che ha la curatela  di Anna Maria Bava, Gioia Mori e Alain Tapiè è formata da opere proveniente da 67 prestatori diversi ed è stata realizzata in collaborazione con  Arthemisia e con il sostegno della Fondazione Bracco. La tavola della Madonna dell’Itria di Sofonisba Anguissola, mai spostata dalla Sicilia dal momento della sua realizzazione avvenuta per ricordare il marito, il nobile Fabrizio Moncada, ucciso nel 1578, durante un assalto di pirati algerini, è stata restaurata in occasione dell’esposizione ed è qui ammirabile. In attesa di restauro  invece la Maddalena di Artemisia Gentileschi, mai prima esposta, ferita dai danni dell’esplosione nel porto di Beirut il 4 agosto 2020 e appartenente alla collezione Sursock, una delle famiglie più aristocratiche del Libano che ha legami di parentela internazionali fra cui i Colonna di Roma e i Serra di Cassano di Napoli.                                                      

Patrizia Lazzarin – 14 marzo 2021

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Giovanna Garzoni, pittrice dell'Universo

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Un ritratto quasi monacale l’immagine di Giovanna Garzoni, dipinta dall’artista del Seicento Carlo Maratta, in cui le grandi pupille scure  racchiudono nello sguardo, il gusto e lo spirito  d’osservazione della natura che la pittrice e miniaturista italiana, le cui opere sono visibili nella mostra che si apre oggi, nell’antica reggia medicea di Palazzo Pitti, fu un’interprete  attenta e curiosa. Il ritratto fa da contrappunto musicale ad un  suo autoritratto giovanile, dove la pittrice, nel biennio 1918-1920, forse neppure ventenne, si dipinge nelle vesti di Apollo e sigla il suo nome  sopra lo strumento del dio. Amica del mecenate ed erudito Cassiano Dal Pozzo, seppe districarsi nelle maglie ristrette della socialità, per una donna  del Seicento, intessendo come la solerte Aracne della mitologia greca, relazioni con le più importanti famiglie nobiliari italiane delle città di Firenze, Venezia, Roma e Napoli. La sua intraprendenza e le sue capacità relazionali la condussero anche alle corti inglesi e francesi. Già nel suo Libro de caratteri cancellereschi di calligrafia, fra le pagine decorate a pennino, con preziose fioriture, troviamo infatti copie delle lettere inviate a vari signori, con lo scopo di farsi conoscere. Pergamene sono spesso i luoghi dove l’estro creativo di Giovanna Garzoni si esprime ribaltando davanti a noi un mondo fatto di frutti, fiori e farfalle che hanno acquistato, grazie ai suoi inchiostri colorati, una vivacità ed una persuasione di vita che sembra convincere della bontà di quella bellezza naturale. Bellezza che si legge anche attraverso la delicatezza e la sensibilità del tratto che disegna e del pennello che riempie, lievemente gli spazi dei petali di quel ranuncolo screziato rosso, con accanto due mandorle ed un imenottero che appartiene al Gabinetto delle stampe e dei disegni degli Uffizi di Firenze e, che vediamo nell’esposizione di Palazzo Pitti che rimarrà aperta fino al 28 giugno.  Il contatto con gli usi e le abitudini delle corti come quella dei Savoia, dei Medici, quella francese di Luigi XIII o XIV o ancora quella inglese di Carlo I, le permisero di accedere a quelle  stanze delle Meraviglie, Wunderkammern, come si è soliti chiamarle, dove si potevano vedere da vicino oggetti preziosi, bizzarri o rari provenienti da paesi lontani. Fra queste opportunità anche quella di osservare da vicino erbari, dove l’acribia tradotta nella ricchezza di particolari e della quantità di specie, offriva un repertorio di spunti d’invenzione e, al tempo stesso, un serbatoio di verità per la pittrice. Le cento opere ammirabili  in questa rassegna dedicata a Giovanna Garzoni, regina di fiori ma non solo, come precisa nel catalogo il   direttore di Palazzo Pitti, Eike Schmidt, evidenziano come i soggetti scelti dall’autrice potevano comprendere anche opere di soggetto sacro, ritratti di dame e sovrani.  Sempre Schmidt nei testi introduttivi a questa esposizione spiega: nuovi studi e scoperte hanno reso maturi i tempi per la mostra monografica di quest’anno, che contempla la produzione dell’artista lungo tutto l’arco della carriera. Il percorso, in questo caso, non è esclusivamente concentrato sulle nature morte e include opere diverse e oggetti che rievocano quelli riprodotti nei dipinti, dove la resa pittorica vibrante conferisce ai soggetti vitalità eterna, siano essi i personaggi eleganti dei ritratti o le meraviglie della natura. Gli eventi di quest’anno hanno fatto sì che fosse proprio l’arte della Garzoni a sancire la rinascita della Reggia dei Granduchi dopo un lungo momento di buio e silenzio”. Quei vasi e piatti ricolmi di fiori e frutta, quelle ceramiche e porcellane cinesi accanto ai ritratti di antichi sovranimostrano la maturità della Garzoni che in vita riuscì a far parte, privilegio  straordinario concesso nel Seicento ad una donna, dell’Accademia di San Luca e di ottenere che le venisse dedicato, dopo la morte, un monumento nella chiesa romana dei Santi Luca e Martina. Un’artista universale è definita anche negli scritti di Sheila Barker, curatrice della mostra.  Nel corso del primo soggiorno fiorentino e certamente nel secondo del 1642-1651, Giovanna Garzoni ebbe modo di ammirare le squisite miniature di Jacopo Ligozzi, artista della corte medicea definito “pittore universalissimo” per i suoi molteplici talenti. Lo status di ‘artista universale’ andrebbe riconosciuto anche alla Garzoni. Ella, infatti, si distinse in un gran numero di tecniche e formati e i generi praticati spaziano dalle immagini devozionali, ai ritratti, alle nature morte, dalle copie in miniatura  alle illustrazioni botaniche fino alle opere mitologiche. Nell’ambito dei progetti ed iniziative dedicate alla pittrice, l’associazione Advancing Woman Artists (Awa) ha  lanciato una sfida  ad artisti e istituzioni, a livello globale, a realizzare nuove creazioni cogliendo ispirazione dalle opere di Giovanna Garzoni. “Creando una challenge dedicata a questa mostra, noi speriamo che l’esposizione stessa possa diventare un ponte culturale tra persone di svariate nazioni, ha commentato la direttrice di Awa, Linda Falcone. Speriamo che gli artisti contemporanei si uniscano a questa conversazione globale sull’arte e attraverso i loro lavori possano dirci quanto i risultati raggiunti dalla Garzoni colorano la loro creatività di oggi”. Il catalogo è stato realizzato da Sillabe, con un’edizione inglese a cui ha contributo l’associazione Advancing Woman Artists

Patrizia Lazzarin, 28 maggio 2020

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Anna Paolini, la forza della natura e delle donne

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Fiori dai mille colori  nascono in questa stagione sui prati e nei giardini  con intorno api e farfalle  posate sui petali profumati, file di piccole e grandi lumache  e di  formiche camminano ondeggiando sulla terra  ed intorno ai nostri occhi vediamo  tanta luce ed il sole. La primavera ci ha restituito  l’immagine  della stella madre  che riscalda e fa nascere la vita. In quest’epoca speciale della storia dell’uomo dove lo spauracchio della malattia ridisegna le relazioni e ci insegna ad inventare nuovi modi per percepire la bellezza della stessa natura, ho voluto dar voce ad una donna, ad una giovane artista bolognese, Anna Paolini, che restituisce nelle sue creazioni ed, in particolare nelle illustrazioni dei suoi libri, la forza e l’energia del mondo naturale.

Come nasce la tua passione per la natura? Ricordi un’occasione?

“Ho sempre amato osservare e godere della natura. I miei genitori mi hanno insegnato a farlo. Quando ero piccola mamma e papà usavano scrivere sul muro, dietro la porta della cucina, alcune frasi importanti che consideravamo come promemoria di emozioni ed intenzioni. Una frase era questa “L’Anna da grande vuole fare la fioraia in Florida”. Amavo i fiori”.

Anna Paolini ha pubblicato nel 2019 due libri che contengono le sue illustrazioni e sono dedicati a due figure importanti della storia dell’arte, declinata al femminile: Maria Sibylla Meriam e Giovanna Garzoni. Sybilla Meriam era una pittrice fiamminga, ma soprattutto si dedicava alla botanica e alla zoologia e aveva pubblicato nel 1705 due opere monumentali come La meravigliosa trasformazione delle farfalle ed il loro singolare nutrimento dalle piante e Metamorfosi degli insetti del  Suriname, a seguito di un viaggio di due anni nella colonia olandese del Suriname, compiuto con il sostegno economico della potente città di Amsterdam. Giovanna Garzoni nata nel  1600 ad Ascoli Piceno, era molto brava a dipingere, a guazzo su pergamena, composizioni con fiori e frutta paragonabili a studi di botanica. Molto apprezzata dai suoi contemporanei, faceva parte dell’Accademia romana  di San Luca, privilegio riservato a quell’epoca a poche donne.

Nel mese scorso si sarebbe dovuta aprire a Palazzo Pitti a Firenze una mostra su Giovanna Garzoni. Anna ne era naturalmente al corrente e aveva già comprato i biglietti.

Come è caduta la  scelta sulle artiste delle sue pubblicazioni edite da Logosedizioni:

“La collana a cui appartengono i libri di Maria Sibylla Meriam e Giovanna Garzoni nasce proprio dalla volontà di rendere omaggio a grandi donne che hanno affrontato difficoltà in tempi molto più bui, infrangendo regole e riscattando il diritto di essere, esistere, attraverso l’arte  ed ognuna con le proprie peculiarità. La scelta di Sibylla è stata la prima perché quando la mia editor mi fece conoscere i suoi libri e le sue meravigliose tavole ne rimasi folgorata. Il tema della natura era già nelle mie corde  e leggendo la sua affascinante vita me ne innamorai. Sei mesi dopo le proposi una storia che parlava di lei. E partimmo con entusiasmo con l’idea di questa collana. Giovanna Garzoni è un’altra donna che dedicò la sua vita all’arte. Fu forte, determinata, sensibilissima. Di lei si sa poco, ma penso che le sue opere parlino per lei”.

Cosa si potrebbe fare per il “mondo delle donne”. Pensi che la tua arte potrebbe essere utile?

“Questo è un argomento ampio. Sono molto sensibile al tema che purtroppo rimane sempre attuale. Dico, purtroppo, perché sarebbe bellissimo non doversene occupare. Sarebbe bellissimo avere una società che ripudia il patriarcato e che esistesse una reale parità di genere. Desidererei che noi donne ci liberassimo da stereotipi  e da aspettative altrui, che ci sentissimo veramente libere di essere individui senza etichette sociali o di genere. E’ una cosa, a dire il vero, che desidererei per tutti”.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

“Sempre per la collana Logosedizioni uscirà a breve un nuovo volume dedicato ad un’altra grandissima donna del mondo dell’arte. E sto lavorando ad altri volumi di cui non posso svelare nulla”.

L’universo simbolico delle tue immagini qual’è?

“Direi che la dimensione generale che accoglie il mio immaginario è caratterizzata da immobilità e silenzio. Miro molto ad una comunicazione empatica. Le mani e gli occhi, grandi e fermi che sfuggono o incontrano lo sguardo, hanno un ruolo fondamentale nella mia narrazione, così come le composizioni floreali che la accompagnano e la addolciscono”.

Quali valori vuoi trasmettere considerando che ti rivolgi soprattutto ai bambini?

“In realtà il mio modo d’illustrare si rivolge ad un’ampia fascia di età. Non nasco come illustratrice per l’infanzia. Il fine è, almeno per i libri di cui sono anche autrice, una comunicazione accessibile a tutti con temi ampi ed introspettivi. Se ti basi sull’empatia quell’immagine arriverà a tutti”.

Sei riuscita a lavorare in questa prigione “dorata”, in cui ci ritroviamo un po’ tutti rinchiusi, o senti la tua ispirazione tarpata come una farfalla senza ali?

“In realtà, come persona sono piuttosto propensa, quando lavoro, ad immergermi in maniera totale. Perciò in pratica, ad essere sinceri, poco è cambiato in fatto di reclusione. Ho la fortuna di fare un lavoro che mi porta lontano ogni volta che mi siedo al tavolo da disegno.

Il coronavirus ti ha suggerito qualche idea per la tua attività artistica?”

Molte, tantissime riflessioni, soprattutto sulle relazioni, sull’ambiente e sulla resilienza.

Patrizia Lazzarin, 6 aprile 2020

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