Chi trae vantaggio da questa nuova guerra?

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I profittatori dei conflitti odierni

In Terra Santa sembra essere iniziata una nuova e dura guerra. C'è da chiedersi a chi giova. La presenza cristiana diminuirà. La spirale di violenza e ingiustizia che la Terra Santa ha subito dal 1948 non può essere fermata con la giustizia ordinaria. Hamas tradisce gli abitanti di Gaza e li vittimizza per rimanere forte nel Governo della Striscia. Israele, dal 2007, ha reso impossibile una vita dignitosa per i palestinesi della zona. L'Autorità nazionale palestinese, in Cisgiordania, tradisce il suo popolo da decenni e impedisce uno sviluppo minimo. I coloni israeliani sono sempre più sparsi sul suolo palestinese. Gli accordi di Oslo, firmati trent'anni fa, sono rimasti lettera morta per decenni. Una generazione dopo l'altra di arabi cercano nel radicalismo un sedativo per la propria disperazione. Alcune settimane fa, The Economist ha annunciato una nuova era per il Medio Oriente. Gli Accordi di Abraham, firmati da Israele e dagli Emirati Arabi Uniti, fino a poco tempo fa impensabili, stavano dando i loro frutti. Anche l’Arabia Saudita potrebbe avvicinarsi a Tel Aviv. E con la mediazione della Cina, anche altri nemici inconciliabili, Riyad e Teheran, si stavano avvicinando. Il conflitto palestinese sembrava congelato. I leader di Hamas sembravano scommettere su un percorso pragmatico. Anche tutto questo, se mai è stato vero, è finito (...) . Chi ne trae vantaggio? L'Iran è stato l'istigatore del tentativo di allontanare l'Arabia Saudita da Israele? Da che parte sta la Cina? E Turchia e Qatar? È troppo presto per rispondere a queste domande.Su il Sussidiario ne scrive Fernando De Haro.

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Una nuova guerra a Gerusalemme, responsabili israeliani e palestinesi

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Dialogo tra sordi a Gerusalemme, Gaza e Tel Aviv. Tuttavia l'aspetto più irragionevole del perdurare del conflitto è che una soluzione c'è. Esiste, costruita fra alti e bassi durante il processo di pace fra il 1991 e il 2000. Spartizione di Gerusalemme, confini, diritto al ritorno dei profughi palestinesi e colonie ebraiche, sicurezza di Israele e Stato di Palestina, risorse idriche, collaborazione economica. C'è tutto, frutto di una breve fase di pragmatismo e logica diplomatica. Manca solo la volontà di ammettere che la politica è l'arte del compromesso. Un articolo di Ugo Tramballi su Il Sole 24 Ore.

Mediorente senza pace

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