Il fallimento del Conte 2

Il problema tutto italiano è che, a differenza del resto d’Europa, il coronavirus ha colpito un’economia già in crisi. Nel biennio 2018-2019, infatti, avevamo dovuto registrare il fallimento strutturale nelle politiche economiche in Italia per responsabilità, senza ombra di dubbio, del governo giallo- verde, o grillino-leghista, il primo guidato da Giuseppe Conte. Avevano giurato e spergiurato di essere la novità di cui il paese aveva bisogno, di poter creare le condizioni per un’età dell’oro dove addirittura sarebbe stata abolita la povertà (...) Non è pensabile, a maggior ragione oggi, governare un paese senza una prospettiva di futuro o in cui questo assuma le fattezze di un buco nero. Se credi che il mondo debba finire domani, quali chance puoi proporre ai tuoi figli? Il domani è senz'altro incerto... Matteo Renzi su Huffington Post

Matteo Renzi come Gino Bartali: e' tutto sbagliato, e' tutto da rifare!

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Donne in trincea 1

I benefici dello spirito di squadra. Il direttore sanitario in Italia è, per definizione, un dirigente medico che deve garantire la guida, la supervisione e la qualità della struttura sanitaria. Compiti che richiedono intelligenza e dedizione. Ho scelto di intervistare una donna, Chiara Bovo, di origini padovane, che ricopre tale carica nella città scaligera perché rappresenta un buon esempio di determinazione e di volontà, ingredienti entrambi vitali in un’Italia che ha bisogno di ritornare a credere senza paura in se stessa, come dopo una malattia che ha lasciato strascichi nel corpo e nell’anima. Le sue sono parole che innervano e vivificano, come un fil rouge, le fatiche di una missione, quella del medico, che se vogliamo, si accosta, quasi con naturalezza, all’idea che tutti abbiamo della donna che si dedica alla cura delle persone.

Per iniziare le chiediamo di narrarci in un breve excursus, il suo percorso professionale: inizi e motivazioni.

Il mio percorso professionale inizia nell’ambito della ricerca biomedica e soprattutto della patologia clinica per poi scegliere l’igiene e la medicina preventiva che mi hanno portato prima alla direzione di ospedali e successivamente alla Direzione sanitaria. Ho svolto vari incarichi, dapprima come dirigente medico, poi dal 2001 al di Chioggia ed in seguito, fino al 2008, come Direttore medico dei presidi ospedalieri e come Responsabile unico della funzione ospedaliera dell’Azienda Sanitaria ULSS n. 17 di Monselice-Este. Dal 2008 al 2010 mi sono occupata invece della Direzione della struttura complessa per la realizzazione della programmazione ospedaliera, integrazione ospedale e territorio, e interaziendale dell’ULSS n. 20 di Verona. Ho ricoperto poi il ruolo di Direttore di Dipartimento Interdirezionale per l’Area sanitaria e, dal 2010 al 2015, ho svolto due incarichi consecutivi come Direttore Sanitario presso l’Azienda sanitaria ULSS N. 20 di Verona. Dal 1° febbraio 2015 porto invece avanti con onore e dedizione il mio compito di Direttore Sanitario dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona.

Potresti, per calare le tue mansioni in un contesto ben preciso, fare una breve presentazione degli ospedali che rappresenti?

L’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, comprendente i due presidi ospedalieri di Borgo Trento e di Borgo Roma, per un totale di circa 1400 posti letto, è una realtà riconosciuta come Centro di servizi sanitari di rilievo nazionale e di alta specializzazione. Ogni giorno garantiamo attività di ricovero e di specialistica ambulatoriale. Le prestazioni in regime di urgenza e di emergenza sono erogate 24 ore su 24 con numeri importanti. Per darvi un’idea, ad esempio, abbiamo circa 360 accessi in Pronto Soccorso ogni giorno; effettuiamo quasi 40.000 interventi chirurgici in un anno; ogni giorno abbiamo più di 1000 ricoverati in regime di degenza ordinaria e 200 in regime di ricovero programmato, in Day Hospital. La nostra Azienda è sede di 40 Centri di riferimento regionale e di numerosissime attività d’eccellenza, fra cui tutte le chirurgie specialistiche, la Breast Unit, l’oncoematologia e i trapianti d’organo e di tessuti. È stato eseguito il primo trapianto di rene nel 1968. La presenza della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Verona, fa sì che assistenza, didattica e ricerca siano inscindibili ed i processi diagnostici e terapeutici siano costantemente aggiornati. L’impegno assistenziale è inoltre da sempre svolto ponendo al centro dell’organizzazione il malato, al quale il personale assicura le prestazioni promuovendo lo spirito solidaristico ed umanitario che contraddistingue la relazione paziente-operatore. Insomma, l’AOUI di Verona è un’Azienda importante, solida, spinta all’innovazione e con un capitale umano straordinario: medici, infermieri, amministrativi, tecnici e specializzandi, circa 7000 persone di grandissimo valore, ed io sono veramente onorata di dirigere questa azienda.

Cosa faresti emergere di positivo nei contesti dove operi?

Il senso del dovere. Ognuno ha dato tutto quel che poteva dare. Ci siamo reinventati il lavoro, l’organizzazione dell’ospedale, i rapporti personali. Abbiamo lavorato in fretta e siamo riusciti a dare ai cittadini le risorse di cui avevano bisogno. Ci siamo presi cura del nostro personale attivando fin da subito una sorveglianza a loro dedicata.

Cosa si poteva fare meglio … sempre nel tuo luogo di lavoro nella lotta al Coronavirus?

Ci è mancata la possibilità di anticipare, di pianificare prima, di avere le informazioni utili a prevedere e ad organizzare per tempo questa battaglia.

In futuro riusciremo ad essere pronti per eventuali emergenze?

L’esperienza in medicina è un elemento fondante tanto quanto il debriefing e l’analisi di ciò che è accaduto.  Negli anni abbiamo reso la politica per la qualità un nostro modus operandi che ci permette di raccogliere il buono dagli eventi che affrontiamo come persone e come azienda e di identificare i settori di miglioramento. Questa emergenza ha toccato da vicino ognuno di noi, esperienze così imponenti lasciano sempre un segno ed un insegnamento da applicare.

Errori da evitare … in generale.

L’indecisione: i ruoli di responsabilità richiedono presenza, coraggio e ricerca delle evidenze disponibili. In contesti come quello che abbiamo vissuto, in mancanza di dati certi e di precedenti da analizzare è possibile commettere errori. Tuttavia, ritengo che l’errore più grave e meno perdonabile sia l’indecisione. Penso che non scegliere, non dare indicazioni, non sporcarsi le mani sia una resa a tavolino. Un altro errore da evitare è l’agire in solitudine. In emergenza la squadra fa la differenza. Avere la possibilità di avere più punti di vista e più professionalità attorno ad un tavolo ci ha sempre aiutato a distinguerci per efficienza e performance.

La ricerca scientifica: obiettivi e priorità …

Ritengo che gli obiettivi della ricerca dovrebbero essere quelli di poter mantenere in salute il maggior numero di persone possibile. Ancor prima di studiare nuovi farmaci od attrezzature più performanti è importante spiegare alla popolazione i pilastri della salute e della prevenzione. Avremmo più persone consapevoli e più salute.

Quanto e come si dovrebbe investire nella ricerca? Quali mete? È solo un problema di denaro?

La ricerca, per definizione, non può sempre garantire risultati tangibili a breve giro. Essa necessita di tempo, persone motivate e risorse

Patrizia Lazzarin. 27 maggio 2020

(continua)

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La plastica è pericolosa? Oggi non se ne può fare a meno

Per combattere il Coronavirus abbiamo fatto ricorso alla plastica a piene mani: guanti di plastica, visiere e panelli di plastica, mascherine, sovrascarpe e scafandri in materiali non naturali. Quasi tutto monouso, da usare e gettare. Verrebbe da dire... meno male che è stata inventata la plastica. A tale proposito vale la  pena ricordare che il padre della plastica è Giulio Natta, unico Premio Nobel per la chimica italiano. Un vanto della nostra ricerca scientifica... chissà cosa avrebbe pensato di tutto il discredito gettato sulla sua invenzione e della resurrezione dovuta al Coronavirus. Il commento di Emilio Barucci su Huffington Post.

Dimenticare Greta?

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