L'ostinazione sul no al Mes che rischia di farci inciampare

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Incapponirsi sul no al Mes è un errore che Meloni rischia di pagar caro!

Una qualità che va riconosciuta al governo di Giorgia Meloni è che certamente non fa annoiare. Giovedì, mentre a Roma la premier annunciava una più stretta cooperazione con la Germania del cancelliere Scholz, a Lussemburgo l’esecutivo di destra-centro in Europa spezzava (finalmente) l’asse con Ungheria e Polonia per chiudere un’intesa sui migranti che, tuttavia, non sembra ancora assommare le caratteristiche dell’efficacia e del pieno rispetto dei diritti umani (...) L'inquilina di Palazzo Chigi è chiamata a camminare su un precario equilibrio fra l'assecondare la Ue e l'Occidente (cosa che invece sta pienamente facendo, anche al di là delle aspettative, in un altro campo come la guerra russa all'Ucraina) e il cercare di mantenere almeno qualcuna delle tante promesse fatte, prima, agli elettori. Il commento di Eugenio Fatigante su Avvenire.

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Maggioranza nel caos, opportunità per le opposizioni

Maggioranza inizia male il suo percorso, si apre uno spazio per le opposizioni

Sul tavolo di Giorgia Meloni non c’è ancora il sesto decreto di aiuti militari all’Ucraina (...) Meglio far finta che Silvio Berlusconi non abbia detto a Bruno Vespa che a un certo punto l'Ucraina dovrà capire di non poter più contare sulle armi e sugli aiuti. Il commento di Amedeo La Mattina sul sito Linkiesta.

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L'inutile scontro tra i due Matteo nazionali

Ieri sera abbiamo visto a Porta a Porta un dibattito tra il leader di un nuovo piccolo partito, Matteo Renzi, e un ex ministro alla guida di un partito del 30% appena rimandato all’opposizione prima di tutto dalla sua tracotanza e dalla sua avventatezza, Matteo Salvini. Qual è l’occasione di questo dibattito? Nessuna. Ma proprio il fatto che si sia tenuto ci dice tanto della trasformazione “ontologica” della politica. La comunicazione non serve più a comunicare un messaggio politico. E questo è noto. Ma nemmeno possiamo dire che la politica venga costruita in funzione della sua comunicabilità. Perché in questo caso una dialettica tra il fare politica e il comunicare esisterebbe ancora. Siamo oltre: la politica è la stessa comunicazione. L’identità è totale. Fare politica significa costruire dei poli attraenti. Punto. A che scopo? Essere popolari, piacere, divertire, affascinare e perciò attrarre consenso. Certo, il consenso poi può servire per ottenere il potere e fare delle cose. O no? In parte, come conseguenza collaterale. Perché le cose che si faranno saranno a loro volta finalizzate a mantenere e consolidare la propria popolarità. E quindi forgiate dalle condizioni che consentono di perseguire questo scopo. E, soprattutto, lo scopo sommo: non cadere mai dal palcoscenico. Per fare questo qualunque strada, o viuzza, può essere intrapresa. Il commento della prof.ssa Sofia Ventura su Linkiesta.

Un'Italia stanca assiste al duello televisivo Salvini-Renzi

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