Amedeo Modigliani e la sua amica polacca Lunia

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Il volto delicato e appena inclinato di Lunia, grande amica di Modigliani, sintetizza l'arte di questo importante artista livornese in mostra alla Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo, a Parma, nell'anno che ancora consacra la città, capitale della cultura italiana. Gli occhi azzurri e apparentemente vuoti, dipinti da Modigliani non permettono una facile lettura del mondo interiore della giovane, mentre la linea arabescata, al contrario, sembra andare alla ricerca della profondità della sua anima. Lunia Czechowska era l'amica della moglie del mercante d'arte Léopold Zborowski che viveva a Parigi in un albergo, dove aveva risevato una stanza atelier per Modì, cosi affettuosamente soprannominato, che dal 1906 si era trasferito nella citè de la lumière, immerso in quel clima bohèmien, dove la pittura, la musica e la scultura riempivano la vita degli artisti. Una fotografia lo mostra, a chi lo osserva negli spazi della mostra, descritto nel fascino di una posa elegante, emblema essa stessa di un uomo che, pur nelle difficoltà economiche, seppe mantenere uno stile conforme al suo spirito. Il medesimo alone, quasi un respiro che diventa segno, matita o pennello, tratteggia i volti e i corpi delle donne e degli uomini da lui incontrati e che noi riconosciamo nei disegni presenti in mostra assieme al dipinto di Lunia, intitolato Femme au col blanc, un olio eseguito nel 1917. Tutti provengono dal Musée de Grenoble che è stato uno dei primi musei ad avere nel suo catalogo le creazioni del pittore. Un'eleganza che sembra far proprie linee essenziali come quelle che ammiriamo nelle maschere di etnia Gouru, popolo del Mali, emigrato nella Costa d'Avorio. Le sculture africane cominciavano a circolare con una certa facilità nel mondo europeo in seguito alla colonizzazione di quei territori e molti pittori, come ad esempio Pablo Picasso, ne avevano tratto linfa ed insegnamento, interpretandole in nuove forme e dando loro altri significati. In Modigliani quell'umanità essenziale viene ripresa per consegnarci un archetipo, quasi una forma originaria da cui sembra nascere un'immagine dell'uomo da lui condivisa, per tipo di sensibilità. La sua ricerca diventa stringente forse ancora di più nei volti di donna che accolgono la lezione quattrocentesca delle Madonne con il bambino della tradizione toscana e in particolare senese, come nelle opere di Simone Martini e nella tavola in mostra di Giovanni Ambrosi. Il pittore sembra riallacciarsi idealmente anche alla Madonna con il collo lungo di Parmigianino, dipinta proprio a Parma fra il 1534 e il 1540, in quei tratti che sembrano ancora adombrare significati filosofici più profondi. Nell'opera "Timeo," Platone descriveva il collo come un istmo che collegava l'anima immortale che stava nel cervello a quella mortale che risiedeva nel petto. La vita di Modigliani si spezza per una meningite di origine tubercolotica a soli trentacinque anni, nel 1920, e nel centenario della sua morte, come ha precisato anche il curatore della mostra Stefano Roffi, durante la conferenza d'inaugurazione, questa rassegna "fa emergere ricerche e parallelismi su questa originale figura di artista, approfondendo e andando a scavare nella sua vita che, nonostante la brevità, possiede le caratteristiche di una compiuta parabola artistica". Povero in vita, mentre ora le sue creazioni sono quotate centinaia e decine di milioni di dollari, inseguito dai falsari che cercarono e vogliono ancora oggi spacciare in modo fraudolento alcune opere come sue originali, specialmente i disegni che lui spesso realizzava e regalava senza firmarli, Amedeo Modigliani dipinse sempre con grande passione, riflettendo nella pittura il suo tormentato mondo interiore. Le amicizie e gli amori furono profondi. La giovanissima e bella moglie Jeanne Hèbuterne, anche lei brava pittrice, la cui relazione con Modì, era stata fortemente osteggiata dalla famiglia, si uccise, incinta, dopo la repentina morte del compagno, gettandosi dal balcone. Il ritratto di Lunia in mostra ci svela altri aneddoti su Modigliani, noto, come sappiamo, per la scia di artista maledetto che lo circonda. Un sentimento d'amicizia lo legò a Lunia e lo leggiamo nelle pagine presenti nel catalogo della mostra, tratte dall'intervista che il giornalista e scrittore Aldo Santini le fece nel 1985 e pubblicò sul "Tirreno" nel 1990, pochi giorni dopo la sua morte . A lui aveva permesso di incontrarla, cosa che non faceva di solito, come anche quella di autenticare i falsi di Modigliani che le presentavano. Viveva all'ultimo piano di un palazzo della vecchia Nizza. "Il suo sguardo rimaneva giovanile" e il giornalista aveva ritrovato quegli occhi azzurri del quadro, nella loro freschezza. Lunia aveva conosciuto Modigliani nel 1916, diciottenne, quando era sposata da due anni con un connazionale polacco. Forse il pittore e scultore si era anche innamorato di quella giovane donna, ma lei fu per lui un'amica, "la più vicina, la più affezionata". Al contrario dei luoghi più comuni, lei sosteneva: "egli anche se beveva, non era un ubriacone e neppure un drogato". "Modì le fece quattordici ritratti e un'infinità di disegni, ma non posò mai nuda, per quello c'erano le modelle professioniste che costavano cinque franchi per seduta e che l'artista pagava con i quindici franchi che gli dava ogni giorno il mecenate e amico Zborowski". Alla domanda se Lunia era la protettrice di Modì, lei rispose: "Eravamo molto legati. Ricordo le nostre passeggiate nel Giardino del Lussemburgo. O quando mi portava al cinema. O la volta che andammo a vedere La Goulue, la modella preferita di ToulouseLautrec. Ne aveva di cose da raccontarmi. Di Livorno, della sua vita di ragazzo, di sua figlia Jeanne." La mostra che durerà fino al 18 luglio 2021, attende di aprire non appena il governo lo consentirà.

Patrizia Lazzarin, 15 aprile 2021

 

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Villa Bassi, l’arte dentro e fuori il tempo ordinario

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Villa Bassi Rathgeb, un edificio della metà del 500' che sorge nel verde di un parco nel comune di Abano Terme, poco distante da Villa Dondi dell'Orologio, la cui omonima famiglia fu proprietaria anche di questa antica dimora, si anima di un dialogo fitto di rimandi fra le sue pareti affrescate con storie del mito e le opere esposte, appartenute alle raccolte d'arte di due collezionisti lombardi vissuti a cavallo dell'Ottocento e del Novecento: Roberto Bassi Rathgeb e Giuseppe Merlini. Seicento-Novecento: Da Magnasco a Fontana la mostra che è in corso e che rimarrà aperta fino al 5 aprile 2021 affianca e mette a confronto la collezione donata da Roberto Bassi Rathgeb che era legato al Comune di Abano Terme per lunga familiarità con questi luoghi e le cui opere interessano soprattutto il periodo lombardo compreso fra il Seicento e l'Ottocento, e la collezione di arte contemporanea di Giuseppe Merlini. Merlini iniziò intorno agli anni 60' a raccogliere opere dei grandi protagonisti della stagione del 900', diventati ormai icone consacrate del nostro patrimonio figurativo e si appassionò alle espressioni artistiche delle nuove correnti del dopoguerra, mostrando particolare attenzione per la pittura Analitica emersa negli anni 70'. Grazie a questa geniale comparazione sembra ricrearsi nelle sale della villa l'atmosfera che apparteneva un tempo a questo territorio collinare dove si uniscono la bellezza dei paesaggi naturali alla passione intellettuale di molti suoi frequentatori. Il leit motiv è l'armonia di linee e colori che sembrano danzare davanti ai nostri occhi per la piacevolezza del nostro sentire e che al tempo stesso sanno raccontare vicende e correnti artistiche che hanno caratterizzato con la loro impronta ed il loro stile epoche storiche dense di cambiamenti. Quando ci capita di citare alcuni artisti, da Giorgio Morandi a Evaristo Baschenis, da Amedeo Modigliani ad Adolfo Wildt, da Gino Severini a Lorenzo Viani, da Lucio Fontana a Piero Dorazio o Enrico Castellani, da Giorgio De Chirico a Renato Guttuso, da Alessandro Magnasco a Filippo de Pisis, i nostri neuroni ricevono veloci sollecitazioni e si formulano nella nostra mente pensieri che ricostruiscono visioni che ricompongono tasselli dei nostri amati ricordi. Gli accostamenti dei quadri e delle sculture di questi autori e di molti altri in mostra entrano negli spazi della villa per innestare in quei luoghi una linfa vitale e rendere abitabili dal visitatore e vicine quelle sale dipinte con affreschi che contengono paesaggi e favole che ancora incantano per la loro poesia. Passo dopo passo, dentro ogni camera del palazzo antico facciamo conoscenza del Bello, questa categoria o meglio percezione del nostro vivere che induce alla positività e a guardare in modo favorevole quello che ci circonda, come accade nella prima sala di Apollo e Dafne, dove la luce che entra dalle finestre illumina il forte piano realizzato da un maestro viennese dell'Ottocento. Appesa alle pareti possiamo ammirare la tavolozza accesa di Darsena, un quadro di Alfredo Chighine, un pittore che nella materia pittorica condensa anche la sua esperienza di scultore. E dentro una nicchia, vicino alla finestra, leggiamo lo stupore nei grandi occhi sgranati delLa Maddalena con la pelliccia di Giuliano Vangi dove ogni aspetto è fonte di curiosità: dalle mani e i piedi alle superfici levigate o ricche di piccoli anfratti come la pelliccia che avvolge la figura. La mostra curata dalla storica dell'arte Virginia Baradel e promossa dal Comune di Abano Terme si articola in tre sezioni che mettono insieme il genere del Paesaggio, del Ritratto e della Natura morta. Si tinge di toni romantici la sala dove compaiono le farfalle di Claudio Parmiggiani su una grande superficie bianca. Esse richiamano le ali degli elfi del dipinto di Alois Nigg che si era ispirato al Sogno di una mezza estate di Shakespeare nelle figure dei due amanti. Di seguito i paesaggi invernali di Francesco Fidanza e l'opera di Valentino Vago sembrano continuare in tempi e luoghi diversi la ricerca sulla luce, dall'azzurro al bianco e viceversa, dalla foschia alla visione. Nella sala di Mercurio ed Argo, Le bagnanti di Fausto Pirandello dove si mescolano le lezioni, nelle linee e nel colore, del cubismo e del fauvismo, interpretano un soggetto caro alla letteratura artistica che ha nel quadro omonimo di Cezanne una pietra miliare e che è stata fonte di ispirazione anche per l'altro quadro dello stesso soggetto di Ennio Morlotti, presente in mostra. L'accensione del colore, espressione di una materia che sembra plasmarsi e rigenerarsi si trasforma nel vitalismo di tocchi di luce che quasi sembrano ubriacarci nel dipinto Natura Selvatica di Renato Birolli. Dello stesso autore Donna e luna si affianca in una sala alla moglie di Picasso di Enrico Baj, opera che nonostante il gusto della scomposizione sa impreziosire il volto di Dora Maar, la compagna dell'artista spagnolo. Il volto rosso coperto da un capello giallo striato della moglie Mimise di Renato Guttuso mantiene salde le forme pur nel riaffiorare della tentazione della frammentazione cubista. Ci colpisce il quadro La signora col Crisantemo di Lorenzo Viani che si lega alla corrente dell'Espressionismo e dove il viso sembra diventare teschio, mentre ci cattura l'eleganza barocca della Bagnante di Giorgio de Chirico che mostra con naturalezza la sua avvenenza. Proseguono il racconto le Nature morte di Giorgio Morandi che hanno un fascino senza tempo e i paesaggi di Alessandro Magnasco come il Vecchio Mulino messo vicino al Gianicolo di Filippo De Pisis oppure Rejocing city that dwelt carelessly di Sergio Dangelo posto accanto a Composizione di Manlio Rho. Sono immagini di epoche diverse e di letture altre rispetto a quelle consuete della nostra visione del mondo. Una piccola sezione è dedicata a Gianfranco Ferroni, un pittore che ci conduce in altri luoghi, spazi quasi metafisici, dove gli oggetti sembrano essere rimasti i solitari protagonisti di un'azione che già si è svolta e che noi ci sforziamo di indovinare. Come testimonianza delle sinergie in gioco nella preparazione della mostra DA MAGNASCO A FONTANA possiamo citare la partecipazione degli studenti del quarto e quinto anno della Scuola di Conservazione e Restauro dell'Università degli Studi Carlo Bo di Urbino che hanno curato con la guida della docente Mariella Gnani l'allestimento e la conservazione delle opere negli spazi espositivi.

Patrizia Lazzarin – 19 ottobre 2020

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