Il grande Tintoretto tra Europa ed America

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Il pennello di Jacopo Robusti, detto il  Tintoretto, si muove sulla tela  con  una tavolozza di colori  che contiene fra i suoi pigmenti alcune volte   gli azzurri del cielo ed i luccichii  delle stelle e  in altre  sembra intingere le setole nelle ombre della terra, dove il sole cala oltre le montagne o affonda nel mare. L’amico e  scrittore Andrea Calmo  aveva paragonato l’artista a un granelo de pevere per la sua capacità di crear meraviglia  e di confondere. Narrare la Storia  di Venezia e le  tante storie  del Mito con cui a volte  egli   intreccia  i fatti  reali, come nel dipinto Il ratto di Elena  è mettere in scena un’umanità partecipe, con le sue emozioni ma anche con una ben definita compostezza e un misurato equilibrio. L’esposizione che si è aperta il sette settembre nella città lagunare, in occasione dell’anniversario dei cinquecento anni dalla nascita del pittore,  è una straordinaria monografica che si articola fra Palazzo Ducale, dove molte sue creazioni  hanno la loro sede naturale e le Gallerie dell’Accademia, e che si prolunga poi  lungo  un filo d’Arianna quasi infinito, nelle numerose chiese dove il pittore veneziano ha operato, come in San Marziale, alla Madonna dell’Orto, San Cassiano, San Giorgio Maggiore o  in San Trovaso  e ancora  nelle Scuole   di San Marco e di San Rocco, le grandi confraternite di un tempo con cui Tintoretto aveva stretto un sodalizio duraturo.

La rassegna è una pietra miliare perché sono passati più di ottant’anni dall’ultima mostra presentata a Venezia su questo artista come ha anche precisato la direttrice della Fondazione dei Musei Civici di Venezia, Gabriella Belli, ma ancor di più, come ha aggiunto poi la direttrice delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, Paola Marini,  per il coinvolgimento di molte sedi espositive. Nelle Gallerie dell’Accademia potremmo ammirare Il giovane Tintoretto: i primi quadri fino all’esecuzione del Miracolo dello schiavo, opera rivoluzionaria   che  rappresentò l’inizio della fortuna di Tintoretto  a Venezia, mentre a Palazzo Ducale ritroviamo le opere della maturità, nell’esposizione intitolata: Tintoretto 1519 -1594. Per le celebrazioni dei cinquecento anni dalla nascita sono stati organizzati altri eventi espositivi: fra questi  a Palazzo Mocenigo La Venezia di Tintoretto dove si possono vedere gli abiti e i manufatti d’epoca cinquecentesca: tessuti, damaschi e fogge di allora e nella Scuola Grande di San Marco la mostra Arte, fede e medicina nella Venezia di Tintorettoche rende note le relazioni fra religione, arte e conoscenze scientifiche. Dopo il sei  gennaio, quando la mostra chiuderà i “battenti” a Venezia  le opere delle Gallerie dell’Accademia e di Palazzo Ducale  saranno trasferite   a Washington.   Per la prima volta questo artista  sarà protagonista di una rassegna espositiva nel continente americano.

Un fatto ricco di conseguenze. Dalla collaborazione tra i musei italiani e americani  è nata soprattutto  una riscoperta di Tintoretto. Gli studi su questa figura d’artista si sono arricchiti facendo emergere anche aspetti poco noti o  chiarendo anche questioni controverse. Fra i grandi come Tiziano, Paolo Veronese, Giovanni Bellini e Giorgione  che hanno incantato principi e re con favole mitologiche, poesie arcadiche e con una pittura ricca di sfumature, questo pittore che ha dipinto  per lungo tempo a Venezia per le grandi confraternite e per le chiese, riempiendo le sue tele di figure dal contorno deciso e narrando storie su storie senza preoccuparsi degli effetti illusionisti del reale, ma stupendoci  con i tanti protagonisti dei suoi racconti, svela oggi  altri modi e maniere del suo dipingere e qualità prima nascoste.  Tintoretto, uomo di fede visse in un’epoca in cui le immagini sacre erano ispirate a un intento didascalico imposto dalla Chiesa che  negli anni fra il 1545 e il 1563 era impegnata nel Concilio di Trento e nella valutazione dei soggetti e  anche delle modalità della pittura. Nella nostra mente sono fissate le immagini indelebili dei grandi cicli religiosi con storie della Passione di Cristo, di Mose e di altri componenti del popolo eletto, della vita di Maria  e dell’infanzia di Cristo: quelle  che coprono le pareti e i soffitti della  Scuola Grande di San Rocco nota come   la Cappella Sistina di Tintoretto. Dopo questi e   altri cicli  di tema sacro,dove le vigorose figure del nostro emergono dalla tela con energia rinnovata ad ogni  sguardo, ora   a  Palazzo Ducale  si svela un “altro artista” o meglio l’obiettivo inquadra una visione del suo profilo più onnicomprensiva. Le opere esposte evidenziano la sua maestria che lascia spazio alla  fantasia  in un campo quello del Mito prima territorio, quasi esclusivo, fino alla  morte, del grande Tiziano.

La mostra a Palazzo Ducale  curata da due grandi studiosi americani  di Tintoretto Robert Echols e Frederick Ilchman che da anni stanno cercando di dare una definizione complessiva al catalogo delle opere dell’artista veneziano accoglie nelle sue sale d’esposizione pezzi provenienti dai maggiori musei europei e americani. Dalla National Gallery di Londra giunge L’origine della via Lattea, dal Prado di Madrid cinque opere straordinarie tra cui Giuseppe e la moglie di Putifarre,

Quadri dove la lucentezza del colore si coniuga alla bellezza dei corpi esposti e si leggono  gli echi della pittura tosco- romana,  di Michelangelo, poi di Pordenone e  degli artisti dell’area emiliana, come il Parmigianino declinati nell’interpretazione originale dell’artista lagunare. Tintoretto ha studiato l’antico, ha conosciuto Francesco Salviati, esponente del manierismo romano che lavorava nel palazzo del patriarca Grimani ed  è stato amico dell’architetto e scultore  Jacopo Sansovino. La morbidezza del suo pennello si  avvale come in Susanna e i Vecchioni di scenografie che come in un teatro sembrano esplicitare le passioni.   I contributi al catalogo della mostra a Palazzo Ducale edito dalla Marsilio sono il frutto di storici esperti dell’arte rinascimentale veneziana: Stefania Mason, Roland Krischel, Susannah Rutherglen, Mattia Biffis, Peter Humfrey, Lorenzo Buonanno, Michiaki Koshikawa, Miguel Falomir, Maria  Agnese Chiari Moretto e Giorgio Tagliaferro. Nel catalogo pubblicato sempre da Marsilio per le Gallerie dell’Accademia compaiono invece i nomi di Roberta Battaglia, Paola Marini e Vittoria Romani.

Nell’opera Mercurio e le tre Grazie  o nelle Nozze di Bacco la leggiadria e la naturalezza della nudità  giocano a rimpiattino con le vesti dai colori lucenti e dalle tonalità preziose che diventano nelle loro pieghe e disporsi nello spazio lo sfondo naturale per ammirare la bellezza e le torsioni dei corpi. Una modalità della pittura del Tintoretto è proprio questo dinamismo, questo saper cogliere le azioni nel loro svolgimento ed è cosi  estremamente consueto per lui creare personaggi mentre si girano, torcono, piegano e si volgono al loro interlocutore.  E noi stiamo lì a guardare … cosa succede, spettatori curiosi. Susanna e i VecchioniL’origine della via  Lattea sembrano poi restituirci lo splendore della carne di cui sono fatti i corpi di questi giovani,  impreziositi dai riflessi delle materie con cui sono realizzati gli oggetti che li circondano. La bottega del Tintoretto dove lavorarono due dei suoi otto figli,   Marietta   e Domenico,  era una fucina d’invenzioni di un’arte in cui Jacopo Robusti si rivelò maestro sin dalla giovanissima età. Il gusto narrativo dell’artista è evidente nelle grandi tele con battaglie, qui  il fragore delle armi  sembra riecheggiare nelle grandi aule di Palazzo Ducale. Quei combattimenti mirano a far rivivere  quegli avvenimenti descritti con cura, dove tutto, dal turbinio degli stendardi alle vele delle navi ferme, immobili nel momento cruciale, sono espressione del momento culminante della lotta, quando si decidono le sorti delle parti combattenti. E’ una moltitudine che non è mai anonima, ognuno dei soldati  è in quel momento pienamente consapevole che si tratta di uno scontro fatale. Ed è una lotta che sembra arrivare al cielo. Questa possibilità di ammirare in maniera piena l’arte del maestro veneziano si è resa possibile anche grazie al contributo di Save Venice, uno dei comitati privati che da più di cinquant’anni si occupano della salvaguardia di Venezia e che ha permesso il restauro  di alcune opere del Museo Correr e delle tele dell’Anticollegio, dell’Atrio Quadrato e della Sala degli Inquisitori di Palazzo Ducale. A questo si unisce il sostegno di Louis Vuittonper il restauro delle opere intitolate entrambe Ritratto di due senatori. I molti ritratti esposti in mostra sono un’ulteriore scoperta dello sguardo attento del pittore nei riguardi dell’umanità dei soggetti, nei cui occhi cogliamo spesso la profondità del loro sentire o vedere il mondo

Dall’America e precisamente dal Philadelphia Museum of Art giunge l’autoritratto del pittore da giovane e dal Museè de Louvre il suo volto da anziano.

Ed è con l’immagine del suo viso da ragazzo che possiamo chiudere questa recensione alla mostra,  espressione dell’Arte che ha reso immortale Tintoretto rivelando nella sua pittura una freschezza originaria.

Patrizia Lazzarin, 7 settembre 2018

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