Urge una nuova politica monetaria mondiale

Nel bel mezzo della seconda guerra mondiale i grandi della Terra, da Winston Churchill a Stalin hanno avuto il coraggio di riunirsi a Bretton Woods per cercare un accordo e fermare il collasso delle rispettive economie. Ci si chiederà com'è stato possibile che 44 potenze così diverse, tutte tese a difendere i propri interessi nazionali, siano riuscite a trovare un accordo soddisfacente su un nuovo sistema monetario globale? Erano tutte unite dalla stessa visione. Diversamente dal consesso di 66 Paesi riunitosi a Londra nel 1933, per la Conferenza economica mondiale, dal quale non ci si sarebbe mai potuti aspettare un accordo. Il rivale di Keynes, Friedrich Hayek, si spinse ancora più oltre affermando che l'ordine giusto e durevole non avrebbe mai dovuto essere negoziato, doveva essere spontaneo. Settant'anni dopo bisogna ridiscutere i problemi sorti con la crisi del 2008 a seguito del fallimento dei Lehman Brothers. Così Harold James e Domenico Lombardi su Il Sole 24 Ore.

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Il mondo è spaccato, c'è bisogno di una nuova governance dell'economia

Settant'anni fa i grandi della Terra decisero di trovarsi a Bretton Woods per disciplinare i rapporti economici tra gli Stati usciti con le ossa rotte dal secondo conflitto mondiale. Settant'anni dopo sembra che sia indispensabile che gli attuali governi debbano affrontare questioni che da soli i singoli Stati non sono davvero in grado di portare a soluzione. Così Gianni Toniolo su Il Sole 24 Ore.

Occorre una nuova Bretton Woods

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Matteo Renzi, il keynesiano degli anni 2000

Si critica la politica economica di Renzi definendola con i canoni tradizionali destra/sinistra. E' preferibile concludere che mentre sostiene di essere figlio di Hayek, Renzi subisce il fascino irresistibile di Keynes. Marco Cobianchi, su Panorama, cerca di spiegare come il programma del premier dei primi tre mesi di governo sia discretamente incoerente. Non sembra di sinistra, ma nemmeno di destra. O, se si vuole, un po' di destra e un po' di sinistra.

Renzi nella visione di due grandi economisti del passato

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