L'Europa in panne

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E' in tutta Europa che la contraddizione regna, con i governi attraversati da incoerenze profonde. Si prenda la Spagna di Rajoy, in carica fino a dieci giorni fa: a Bruxelles appoggiava Juncker, del suo stesso partito popolare, e a Madrid ne impediva l’attuazione delle direttive, perché controproducenti elettoralmente. Il commento di Andrea Sarubbi sul Messaggero Veneto.

L'Europa all'ennesimo bivio. Riusciranno i nostri eroi?

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Renzi ed il suo Pd ai ferri corti mentre l'Europa brucia

Matteo Renzi ne ha combinata una più di Bertoldo. Mentre nei cieli d’Europa si affollano minacciose mine che rischiano di esplodere da un momento all’altro (l’Unione si sta lentamente ma inesorabilmente sfaldando, sgretolando, il referendum che si è tenuto in Catalogna lo sta a dimostrare, Madrid si è rifiutata di concederle la possibilità di indirlo per sondare la volontà della popolazione locale che, da anni, chiede maggiori spazi di autonomia, sentendosi tartassata sul piano fiscale dai castigliani di Madrid. Questo episodio ha fatto imbufalire Barcellona che ha osato “strappare” con i castigliani di Rajoy), oggi, poi, il capo del governo spagnolo ha esautorato, decapitato i vertici catalani, commissariando la Catalogna, arrecando un “vulnus” irrimediabile alla giovane storia di Spagna dalla caduta del generalissimo Franco. Nella repubblica ceka, per chiudere il cerchio, alle elezioni politiche hanno nettamente prevalso Babis, soprannominato il Trump ceko, quindi svolta decisa a destra, con i socialdemocratici alle corde. Qualche settimana addietro nella stessa Germania si è assistito ad una avanzata delle destre populiste e ad un passo indietro, sul piano elettorale, di Angela Merkel. Insomma, per l’Europa non c’è pace ed ecco che il leaderino del partito democratico nostrano, per contrastare in campagna elettorale i suoi avversari di destra e di sinistra, pretende un voto di sfiducia al governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. Sostiene che il governo sapeva ed era d’accordo alla presentazione della mozione contro Visco. Accusato di omessi controlli nelle vicende dei crack bancari. Cioè Paolo Gentiloni, che nello scorso dicembre lo ha sostituito a Palazzo Chigi alla guida dell’esecutivo, è stato puntualmente informato della mozione contro il governatore di Bankitalia. Informato ma a cose fatte. Poche ore prima della discussione in aula. La situazione è sfuggita di mano al segretario dem. Ignazio  Vico avrà le sue colpe.  Banca Popolare di Vicenza del mitico (un tempo ormai lontano) Nordest, Banca Popolare dell’Etruria, Banca delle Marche, Cassa di Risparmio di Chieti del Centro Italia, che hanno lasciato decine di migliaia di piccoli risparmiatori nei guai fino al collo, ha visto precipitare nell’abisso della povertà tantissime persone assolutamente incolpevoli della situazione determinata da condotte criminali da parte di dirigenti bancari senza scrupoli. Mussari (Mps), Zonin (BpV), Flavio Trinca (Veneto Banca), Lauro Costa e Maurizio Bianconi (Banca Marche) e via discorrendo. Chiedere la testa del governatore Visco, in vista di una lunghissima campagna elettorale che vede il ragazzotto di Rignano sull’Arno sui treni italiani per ascoltare i cittadini e prendere appunti (e magari qualche fischio, e non solo, dalle popolazioni colpite dal terremoto del Centro Italia…) non servirà certo a ristabilire un rapporto fiduciario con il suo elettorato, deluso profondamente dal  cambiamento di strategia da parte di Renzi rispetto alle promesse della vigilia allorquando ha assunto le redini del partito democratico nel dicembre del 2013. Non ci si scordi mai di quella frase “Enrico, stai sereno!” pronunciata qualche settimana dopo, nel gennaio del 2014. Anche il grande vecchio del giornalismo italiano, Eugenio Scalfari, un tempo solidale con Renzi,  il rottamatore, ha incominciato a prenderne le distanze. Considerato che poche promesse sono state mantenute, ha ben più di una ragione. Sulle crisi bancarie di casa nostra, le responsabilità sono, a vaio titolo, da ascriversi in capo alla vigilanza della Banca d’Italia, agli ex presidenti del Consiglio Mario Monti, Enrico Letta e lo stesso Matteo Renzi, che nulla hanno fatto quando avrebbero potuto (e dovuto). La disciplina europea nel frattempo ha fatto il resto. Con l’adozione del Bail in tutto è precipitato. Prima i risparmiatori, in particolare quelli che acquistavano obbligazioni dagli istituti di credito, nulla o pochissimo avevano da temere su un eventuale default delle banche, perché (come si è ripetutamente constatato con il Monte dei Paschi di Siena, salvato, si fa per dire, con i Tremonti bond e, successivamente, con i Monti bond) lo Stato interveniva per salvaguardare i risparmi dei depositanti. Come, in realtà, hanno fatto in tempi recenti gli stessi Stati Uniti, la Gran Bretagna, l’Irlanda, la Germania e la Spagna, l’Austria e altri. Oggi deve, per ordine di Renzi, pagare per tutto questo sfascio il povero Ignazio Visco. Che, ripetiamo, avrà le sue colpe, ma non è il solo, non può essere il solo a fare il “mea culpa”. E di Giuseppe Vegas, presidente Consob, che dire? Il governo è silente. L’Europa è in fiamme e noi ci dobbiamo occupare delle piccinerie di casa nostra. Che triste spettacolo, mentre i giovani chiedono impegni sul fronte lavoro e non mance elettorali.   Marco Ilapi, 22 ottobre 2017
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Guerra tra Madrid-Barcellona, il dilemma che agita l’Europa

L’Europa si sta lentamente ma inesorabilmente sfaldando. Il referendum che si è tenuto in Catalogna lo sta a dimostrare. Madrid si è rifiutata di concedere a Barcellona la possibilità di indire un referendum  per sondare la volontà della popolazione locale. I catalani, da anni, chiedono maggiori spazi di autonomia, sentendosi tartassati sul piano fiscale dai castigliani di Madrid. Secondo Barcellona senza la repressioni sarebbe andato a votare non meno del 55% degli aventi diritto. Per mezza Europa Madrid ha scritto una pagina vergognosa. Adesso spetterà al parlamento catalano decidere se dichiarare l’indipendenza cercare un raccordo con Rajoy. Il premier castigliano ha mal gestito la richiesta di maggiore autonomia da parte di Barcellona e ne pagherà le conseguenze. Non si è dimostrato all’altezza di un responsabile capo di Stato. Le istanze scozzesi, anni addietro, hanno avuto ben altra attenzione da parte della monarchia britannica. Altro stile, insomma. Se a Barcellona ha stravinto il sì, parecchie colpe sono attribuibili al capo del governo di Madrid, non c’è ombra di dubbio.

Il “”all’indipendenza ha quindi prevalso con il 90% dei voti pur tra gli spari e i tafferugli provocati dalla Guardia Civil. Il “no” si è fermato al 7,87% dei voti. Hanno votato 2,26 milioni di persone (42,3%), secondo quanto ha reso noto il portavoce del governo locale, che ha dichiarato: “In questa giornata di speranza e sofferenza i cittadini catalani hanno vinto il diritto a uno Stato indipendente in forma di repubblica”. ll leader della Catalogna, Puigdemont, in un intervento alla televisione. Ha detto: “Nei prossimi giorni il mio governo invierà i risultati del voto al parlamento catalano, dove risiede la sovranità della nostra gente, in modo che possa agire secondo quanto previsto della legge sul referendum”.  Ha, poi, aggiunto, che l’Unione europea “non può continuare a guardare dall’altra parte”.

Mariano Rajoy, per rispondere alle istanze catalane a ordinato alla polizia centrale di sequestrare il materiale elettorale. Bella trovata. La Generalitat – il governo regionale di Barcellona, un’istituzione non più autonoma ma parallela rispetto agli organi centrali di Madrid – ha fatto ricorso a improbabili urne «low cost» per garantire il voto e la polizia madrilena ha organizzato presidi nelle strade di accesso ai seggi per evitare la consegna del materiale agli scrutatori. Sabato le piazze di Barcellona ribollivano di passione, divise tra indipendentisti e unionisti.

Sarebbe stata opportuna la presenza di  osservatori internazionali dell’Osce che avrebbero avuto un gran da fare. Non si sono visti perché la consultazione è stata ritenuta preventivamente illegale dagli organi centrali di Madrid e, di fatto, non riconosciuta dalla comunità internazionale.

La democrazia per la giornata di domenica sembra sia stata sospesa,  anzi, è stata sospesa, come se la Catalogna, regione rigorosa e progredita, si fosse deliberatamente staccatadall’Occidente per assistere alla rappresentazione di una farsa. Così mentre un corpo dello Stato, la Guardia civil, irrompeva in alcuni seggi per bloccare le operazioni, la polizia regionale (Mossos d’Esquadra) presidiava passivamente strade vuote, ben sapendo che le urne sarebbero state introdotte da ingressi secondari. Intanto gli inquirenti annunciano di avere pronti avvisi di garanzia contro i Mossos per disobbedienza agli ordini del Tribunale Superiore di Catalogna e il sindacato della Guardia Civil, quasi a voler completare il corto circuito istituzionale, dirama in una nota l’intenzione di costituirsi parte civile nei processi contro la polizia regionale. Che pasticcio! In questo bailamme fa senso l'assenza spudorata dell'Unione Europea, quasi ce la faccenda non la riguardasse.

Marco Ilapi, 2 ottobre 2017

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