Europee, perché snobbarle?

Il 25 maggio si vota per il Parlamento di Strasburgo. Agli italiani sembra non importare granché e invece questa consultazione elettorale è ben più importante e decisiva che per il voto politico nazionale. E questo non per stabilire i rapporti di forza sussistenti tra il partito democratico guidato da Matteo Renzi, il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e la rinata Forza Italia del sempiterno Silvio Berlusconi, ma per mandare a Strasburgo e Bruxelles personalità in grado di far sentire la voce dell’Italia in Europa. Cosa che non è finora avvenuta, perché è vero che nelle precedenti elezioni si sono presentati i big dello schieramento politico nostrano, da Massimo D’Alema allo stesso Silvio Berlusconi, ma semplicemente per catturare i voti dell’elettorato. Tant’è che qualcuno a Bruxelles non c’è mai andato e qualcuno (si pensi a Luigi De Magistris, Renato Brunetta, Debora Serracchiani) appena ne hanno avuto la possibilità sono immediatamente rientrati in Italia per curare il proprio orticello, per agguantare una seggiola ministeriale, una poltrona da sindaco o da governatore regionale. Tutto questo non è serio, per un uomo politico che si rispetti. Negli altri Paesi europei non è così. Ci si presenta alle elezioni, ci si mette la faccia, si rispetta il mandato elettorale ma, soprattutto, ci si prepara per poter recitare una parte importante per le sorti del proprio Paese. In definitiva, in Italia le elezioni europee sono state sempre snobbate, un po’ da tutti. Da destra come da sinistra. Sarebbe opportuno che si modificassero le regole del gioco, ossia si pretendesse dai candidati (alle europee ci sono le preferenze, quindi l’elettore deve indicare il candidato a cui dare il proprio voto) un minimo di competenze come la conoscenza di almeno due lingue oltre l’italiano. Considerazioni, queste, quanto mai banali ma che l’elettore, concretamente, trascura. Chissà quanti dei futuri europarlamentari italiani hanno i requisiti minimi per poter rappresentare degnamente il nostro Paese! Se si sfoglia l’elenco dei candidati non si possono che nutrire dei serissimi dubbi sulle capacità della maggior parte di essi. Purtroppo a subirne le nefaste conseguenze sarà l’Italia e ad avvantaggiarsene saranno gli altri Paesi, segnatamente la Germania e i paesi nordici. Che sono più consapevoli dell’importanza via via sempre più crescente delle istituzioni europee. Una buona parte di responsabilità di queste nostra sciagurate scelte è certamente della stampa, che non sottolinea come dovrebbe l’importanza che nei consessi europei vengano elette personalità di spicco della politica italiana. Con tutto il rispetto dovuto agli attuali europarlamentari, donne come la Elisabetta Gardini, Iva Zanicchi e Barbara Matera non avrebbero mai dovuto rappresentare il nostro Paese a Strasburgo e Bruxelles. L’Europa ha un ruolo fondamentale nella determinazione delle politiche nazionali, come, purtroppo, constatiamo proprio in questi ultimi anni. Sarebbe il caso di incominciare a discuterne pacatamente, senza agitare le bandiere di partito. Per andare in Europa non sono sufficienti buona volontà e desiderio di visibilità da parte dei candidati. Il tutto è naturalmente legittimo. Per discutere i temi in agenda servono competenze, carisma e senso delle istituzioni europee. Cosa che non tutti i candidati, evidentemente, portano con sé.

Marco Ilapi – 27 aprile 2014

 

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Qualche consiglio (non richiesto) per il premier

Qualche consiglio (non richiesto) per il premier. La legge elettorale.

Tutti i leader (e non solo loro) portano con se la ricetta delle riforme possibili e, soprattutto, gradite al partito cui si è legati. E’ pacifico che la vecchia legge elettorale, il porcellum, quella sonoramente bollata dalla Consulta, fosse inaccettabile e antidemocratica. Il piccolo particolare che il candidato venisse catapultato in un territorio dove era un illustre sconosciuto, senza un legame alcuno con il proprio collegio, non poteva che rendere la selezione delle candidature uno schiaffo all’elettore. L’Italicum, ovvero la nuova legge elettorale partorita tra Matteo e Silvio e sollecitamente approvata a Montecitorio, non piace a nessuno. Forse nemmeno a chi l’ha proposta. Cioè a Matteo Renzi. Certo è il frutto di un accordo quasi clandestino sottoscritto al Nazareno dal segretario del Pd e da Silvio Berlusconi. Risponde al vero che altre forze politiche (segnatamente il M5S di Beppe Grillo) non hanno partecipato alla stipula di questo accordo  e che ampie frange del partito di Matteo non amano alcuni aspetti della legge. Il fatto che l’elettore non possa indicare il suo candidato preferito rappresenta un limite che potrebbe rendere incostituzionale la legge. Il fatto che i candidati si possano presentare in più collegi è un prendere in giro l’elettore. Il ragionamento dei segretari dei partiti è il seguente: il candidato signor Rossi si presenta nel collegio di Vattelapesca e non viene eletto (uguale nominato) perché la scelta degli elettori cade sul signor Bianchi che (magari) corre la sfida per un altro gruppo politico. Rossi  non diventa onorevole a Vattelapesca, ma lo diventa a Paesituoi, perché il suo partito lo ha candidato anche là. Questo per ben otto possibilità o collegi. E’ accaduto un sacco di volte. Nelle elezioni del 2008 un signor candidato si è presentato in tutti i collegi previsti, in ben 25!!! E questo significa prendere in giro l’elettore bue., ed è assolutamente inaccettabile. Occorre che un candidato non possa che presentarsi i un unico collegio. Se ce la fa, bene. Se non ce la fa, cambi mestiere. Significa che l’elettorato non gradisce il candidato proposto. Sarebbe preferibile stabilire per legge le primarie di collegio. Per tutti i partiti. Come appare indispensabile pretendere che i partiti che si presentano alle elezioni, nel pieno rispetto della nostra carta costituzionale (vedi art. 49) dove c’è scritto che tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere e contribuire con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Particolare che viene eluso da almeno due grossi movimenti che oggi agitano il Palazzo: il Movimento 5 Stelle del duo Grillo-Casaleggio e Forza Italia del sempiterno Silvio Berlusconi, alla guida di due partiti padronali. Il solo Pd è un po’ più democratico. Ma non più di tanto. Anzi, una delle accuse che si rivolge al partito di Renzi è che sono presenti all’interno troppe anime. Il che rende difficoltoso prendere decisioni rapidamente. Ecco, dunque, i consigli non richiesti:

Stop alle candidature plurime

Primarie di collegio per legge e sempre per chi vuole partecipare alla vita politica del Paese.

Scelta del candidato da parte degli elettori con possibilità anche di voto negativo (per candidati non graditi) non più le liste bloccate, candidati non devono essere calati dall’alto, insomma.

Niente più coalizioni. Ogni partito si presenta con i suoi bravi candidati e se non supera la soglia di sbarramento (poniamo il 5%), fuori. Com’è stato nello scorso settembre in Germania con il partito liberale che non ha raggiunto il quorum previsto dalla legge tedesca. Inoltre, se in corso di legislatura un parlamentare non è più in sintonia con i vertici del suo partito, ebbene, lasci il parlamento. La transumanza da un partito all’altro deve finire da parte di chicchessia.

Su questi punti il premier farebbe bene a rifletterci un attimo, prima di accordarsi con i capi bastone. Il corpo elettorale probabilmente gradirebbe.

I partiti, o meglio, i loro leader, sembra che davvero vogliano fare le riforme, ma quando si è sul punto di prendere un decisione (un sì, un no) fanno bellamente marcia indietro. E’ accaduto numerose volte. Niente impedisce che il fatto si riproponga a breve sotto il regno renziano. Sarebbe opportuno mettere una parola fine a questa triste messinscena. Si vuole la riforma elettorale? Ebbene, la si attui senza tentennamenti, magari copiando da altri più efficienti sistemi elettorali- Quello tedesco. Quello francese. Quello spagnolo. Quello di Obama. O quello vigente in Gran Bretagna. Si sappia che non esiste un sistema elettorale perfetto. Ma quelli italiani, dal proporzionale puro, al Matarellum, al Porcellum e all’Italicum sono veramente infami!

Marco Ilapi

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Europee, tutti contro tutti

Europee, tutti contro tutti

Fra un mesi si vota per il Parlamento di Strasburgo. Agli italiani sembra non importare granché e invece questa consultazione elettorale è ben più importante e decisiva che per il voto politico nazionale. E questo non per stabilire i rapporti di forza sussistenti tra il partito democratico guidato da Matteo Renzi, il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e la rinata Forza Italia del sempiterno Silvio Berlusconi, ma per mandare a Strasburgo e Bruxelles personalità in grado di far sentire la voce dell’Italia in Europa. Cosa che non è finora avvenuta, perché è vero che nelle precedenti elezioni si sono presentati i big dello schieramento politico nostrano, da Massimo D’Alema allo stesso Silvio Berlusconi, ma semplicemente per catturare i voti dell’elettorato. Tant’è che qualcuno a Bruxelles non c’è mai andato e qualcuno (si pensi a Luigi De Magistris, Renato Brunetta, Debora Serracchiani) appena ne hanno avuto la possibilità sono immediatamente rientrati in Italia per curare il proprio orticello o per agganciare una seggiola ministeriale o una poltrona da sindaco o da governatore regionale. Tutto questo non è serio, per un uomo politico che si rispetti. Negli altri Paesi europei non è così. Ci si presenta alle elezioni, ci si mette la faccia, si rispetta il mandato elettorale ma, soprattutto, ci si prepara per poter recitare una parte importante per le sorti dell’Italia. In definitiva, le elezioni europee sono state sempre snobbate, un po’ da tutti. Da destra come da sinistra. Sarebbe opportuno che si modificassero le regole del gioco, ossia si pretendesse dai candidati (alle europee ci sono le preferenze, quindi l’elettore deve indicare il candidato a cui dare il proprio voto) un minimo di competenze come la conoscenza di almeno due lingue oltre l’italiano. Considerazioni, queste, quanto mai banali ma che l’elettore, concretamente, trascura. Chissà quanti dei futuri europarlamentari italiani hanno i requisiti minimi per poter rappresentare degnamente il nostro Paese! Se si sfoglia l’elenco dei candidati non si possono che nutrire dei serissimi dubbi sulle capacità della maggior parte di essi. Purtroppo a subirne le nefaste conseguenze sarà l’Italia e ad avvantaggiarsene saranno gli altri Paesi, segnatamente la Germania e i paesi nordici. Che sono più consapevoli dell’importanza via via sempre più crescente delle istituzioni europee. Una buona parte di responsabilità di queste nostra sciagurate scelte è certamente della stampa, che non sottolinea come dovrebbe l’importanza che nei consessi europei vengano elette personalità di spicco della politica italiana. Con tutto il rispetto dovuto agli attuali europarlamentari, donne come la Elisabetta Gardini, Iva Zanicchi e Barbara Matera non avrebbero mai dovuto rappresentare il nostro Paese a Strasburgo e Bruxelles. L’Europa ha un ruolo fondamentale nella determinazione delle politiche nazionali, come, purtroppo, constatiamo proprio in questi ultimi anni. Sarebbe il caso di incominciare a discuterne pacatamente, senza agitare le bandiere di partito. Per andare in Europa non sono sufficienti buona volontà e desiderio di visibilità da parte dei candidati. Il tutto è naturalmente legittimo. Per discutere i temi in agenda servono competenze, carisma e senso delle istituzioni europee. Cosa che non tutti i candidati, evidentemente, portano con sé.

Marco Ilapi

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