Angela sa dare di più

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Il rischio maggiore, soprattutto per l’Italia, è che Angela Merkel si eserciti domani nell’arte in cui è imbattibile: quella di temporeggiare. Che riesca ad ottenere al vertice Ue lo spostamento in avanti del redde rationem

sui coronabond. E che le settimane che passeranno fino al prossimo Consiglio rendano meno grave la pandemia e allentino la pressione sugli strumenti straordinari per fronteggiare la crisi. Magari sfaldando anche il fronte numeroso di Paesi che insistono al fianco di Giuseppe Conte nella richiesta di bond comuni che non gravino sui debiti dei singoli Stati.

Un tatticismo, quello della cancelliera, che i mercati hanno cominciato già a sanzionare alzando la pressione sui Btp italiani.

Tuttavia, al di là del fondamentale dettaglio del fattore tempo, è curioso il tono con cui si continua a parlare in Italia della presunta resistenza della cancelliera ai coronabond. Quando non si ricorre direttamente agli insulti, la stragrande maggioranza dei commenti su Angela Merkel è improntata all’indignazione. Come se la Germania non si fosse mossa di un millimetro dall’aggravarsi rapidissimo della pandemia in tutta Europa. E invece, vale la pena ricordare quanto Merkel abbia ceduto su tutto, in questo mese e mezzo. Persino, ad ascoltarla attentamente, sui coronabond.

Non più tardi di due giorni fa, la cancelliera ha concesso l’ennesima apertura sul pacchetto europeo anti-crisi, promettendo il sostegno della Germania ad aiuti ben più sostanziosi di quelli varati finora (540 miliardi) e confermando di voler attingere a un Bilancio europeo notevolmente arricchito. Già qui andrebbe ricordato che Berlino era tra i principali Paesi a frenare contro un Bilancio più grande, fino a un mese fa. Adesso si parla di un possibile raddoppio della dotazione attuale, e la Germania è pronta ad aumentare la sua quota. E se non dovesse bastare — anche qui sta cadendo un altro gigantesco tabù — Merkel ha aperto anche alla possibilità di bond europei, facendo riferimento alla clausola anti-catastrofi e persino alla possibilità di cambiare i Trattati, nei prossimi anni.

La cancelliera — come ha fatto capire il suo consigliere, Lars Feld, su questo giornale — sa perfettamente che un conto, per un Paese con un debito alle stelle come l’Italia, è attingere ai crediti del Mes, della Bei o del Sure. Un altro conto è poter usufruire di aiuti che non gravino sul suo debito come potrebbero essere gli eurobond. Il problema, per ragioni di politica interna, è che per Merkel quell’opzione deve rimanere l’ultima sul tavolo.

Intanto vale la pena ricordare che in poche settimane la Germania ha buttato giù uno dopo l’altro i principali paletti dei suoi dogmi economici coltivati da sempre. Ha sottoscritto senza fiatare la sospensione del Patto di stabilità. E, sempre senza fiatare, ha accettato che la Bce varasse un mega piano di acquisti di titoli di Stato da 1.100 miliardi. Intanto, per salvare anche se stessa, ha buttato a mare il feticcio del pareggio di bilancio rigorosamente rispettato per sette anni e ha approvato un piano da 1.200 miliardi di euro di aiuti, crediti e garanzie. Poi ha proposto un Mes rivoluzionato, depurato da ogni condizionalità e lo ha fatto digerire anche all’Olanda. Infine, Merkel ha accettato senza battere ciglio anche il fondo per la disoccupazione europea, il Sure, contro il quale si era sempre opposta — e anche questo non viene mai ricordato nel dibattito italiano. Sulla Germania la memoria è spesso corta e l’analisi, ancora più spesso, grossolana. Eppure, non ci vuole così tanto a mettere in fila i fatti.

Tonia Mastrobuoni – la Repubblica – 22 aprile 2020

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