KfW, dal piano Marshall a salvagente della Germania

Un bazooka vero e proprio, come quello delle banche centrali che stampano moneta, non lo è. Ma ci va vicino. La KfW, la Kreditanstalt für Wiederaufbau, che sarebbe la Cassa depositi e prestiti tedesca, darà ora alle Pmi e ai piccoli imprenditori in Germania quello scudo di liquidità e di finanziamenti speciali annunciato dal Governo di Angela Merkel nell’ambito del maxi-programma straordinario per «mitigare» l’impatto del coronavirus sull’economia.

La KfW, fin dalla sua fondazione nel 1948, ha goduto della garanzia dello Stato sulla raccolta, sulle emissioni di bond e dunque sul debito. Per lottare contro la pandemia potrà ora contare su una nuova garanzia, questa volta sul credito, cioè sui prestiti che erogherà. E questa è la grande novità ideata da Berlino, per proporre la KfW in una nuova veste, come antidoto «con una potenza di fuoco fino a 550 miliardi». Già in passato la KfW è stata decisiva in tempi di crisi, per mettere in azione il Piano Marshall, sostenere i costi della Riunificazione e, da ultimo, per contrastare il cambiamento climatico.

Le nuove garanzie sugli impieghi della KfW, che saranno mirati a fornire liquidità alle Pmi ma anche a lavoratori autonomi, liberi professionisti e a tutte le categorie più deboli travolte dal coronavirus, potranno attingere a un plafond di coperture pubbliche già inserite nel bilancio federale, pari a 460 miliardi, di cui il 15% non è stato ancora utilizzato e che potrà essere aumentato di ulteriori 93 miliardi, direttamente dalla commissione bilancio del Parlamento, dietro richiesta d’urgenza del ministero delle Finanze. Per altri eventuali aumenti servirà invece una legge approvata con l’intero normale iter legislativo.

Questa doppia garanzia, dal lato delle passività e delle attività, secondo il Governo, è tale da mettere il turbo alla storica banca pubblica di sviluppo nazionale che è già un super-istituto: quando due anni fa compì 70 anni, calcolò di aver erogato dal 1948 al 2018 prestiti per 1.700 miliardi, mentre ora ha un bilancio con attivi da 506 miliardi, erano 70 miliardi nel 1990.

Il ministro delle Finanze, il socialdemocratico Olaf Scholz, nell’annunciare lo scudo anti-coronavirus, si è spinto a dire che «non esiste un limite massimo all’importo del credito che KfW può concedere». Le cose però non stanno così, visto che questo istituto di credito, per quanto speciale, come qualsiasi altro deve finanziarsi sul mercato per raccogliere la liquidità di cui ha bisogno, a differenza della banca centrale, che stampa moneta. Il programma di raccolta 2020 della KfW, posseduta all’80% dallo Stato federale e al 20% dai Länder, è al momento pari a 75 miliardi, di cui 23,4 miliardi sono stati già raccolti. Grazie alla garanzia dello Stato, i KfW-bond hanno rating AAA e quindi un costo di raccolta estremamente basso che viene riversato alle banche, le uniche controparti dell’istituto, che a loro volta lo trasmettono alle Pmi. Il fatto che i prestiti del programma di aiuti contro il coronavirus saranno garantiti dallo Stato fa sì che il rischio, al 90%, non ricadrà sul bilancio delle banche che li erogano: e questo sarà un incentivo a fornire liquidità al sistema dove ce ne è più bisogno.

È possibile che il programma di raccolta di KfW verrà potenziato, per portare avanti il piano anti-coronavirus: di quanto non è chiaro, perché questa nuova missione non è stata ancora definita in tutti i suoi dettagli. Al momento, di certo tre tipi di prestito già in vigore (KfW-Unternehmerkredit, ERP-Gründerkredit e KfW Kredit für Wachstum) sono stati modificati per ampliarne la portata.

Se finora le banche che erogavano questi prestiti KfW avevano una copertura dello Stato fino a una certa soglia, ora la garanzia pubblica arriverà a coprire l’80% o il 90% del rischio di credito. È attualmente allo studio anche la possibilità di estendere la durata dei prestiti di questi tre programmi pre-esistenti.

In aggiunta, lo scudo-KfW prevede la creazione di programmi di liquidità dedicati per rispondere a questa emergenza epocale, come accadde già nel 2009-2010 per fronteggiare la Grande Crisi finanziaria: una o più linee di credito speciali saranno attivate in aggiunta alle esistenti, ma è ancora tutto da definirsi. L’obiettivo è quello di ampliare la gamma dei soggetti che possono beneficiare di questa liquidità garantita dallo Stato e che prima erano tagliati fuori dal ricorso alla KfW: non è chiaro se in queste nuove categorie verranno compresi gli artisti, i liberi professionisti e lavoratori autonomi senza partita Iva.

Un ultimo intervento dello scudo-KfW contro il coronavirus, finora tenuto sottotraccia ma che potrebbe essere fondamentale, è quello della “nazionalizzazione temporanea”. Circola già voce che la Lufthansa potrebbe essere la prima azienda “strategica” a essere salvata dalla KfW per conto dello Stato federale, pronto a usufruire delle maglie più larghe delle regolamentazione europea sugli aiuti di Stato. Ma non è escluso che anche le banche possano rientrare nella lista degli interessi strategici protetti.

Non sarebbe la prima volta per KfW, che ora possiede il 20,5% di Deutsche Post e il 17,4% di Deutsche Telekom: intervenne già per conto dello Stato, assistendolo nella privatizzazione dei due enti dal 1997.

Nella crisi subprime, KfW acquisì IKB Deutsche Industriebank, carica di titoli “tossici” per evitare che l’istituto divenisse preda di hedge fund inglesi o americani. Nel 2010 entrò nella bad bank Erste Abwicklungsanstalt, istituita per rastrellare le sofferenze delle Landesbanken, con prestiti e cartolarizzazioni: ma Eurostat contabilizzò l’intervento come debito pubblico.

La lotta contro gli effetti temporanei ma devastanti del coronavirus è tale che questa volta Eurostat prevedibilmente non alzerà il cartellino rosso contro KfW.

Isabella Bufacchi - Il Sole 24 Ore - 17 marzo 2020

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