Canova, Hayez, Cicognara. L’ultima gloria di Venezia

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Il sorriso  della bella Elena, incorniciato da  lunghi  riccioli morbidi che scendono sul collo,  opera  dello scultore Antonio Canova, esprime in maniera elegante  la temperie culturale della società veneziana in uno dei momenti più difficili della sua lunga storia. Lo  sguardo è enigmatico,  assorto ad osservare l’antica grandezza della città lagunare. La scultura visibile nella mostra Canova, Hayez, Cicognara. L’ultima gloria di Venezia che ha aperto i battenti il 29 settembre nelle Gallerie dell’Accademia ha come premessa storica l’arrivo di Napoleone  e lo spoglio successivo  di molte opere dai palazzi e dai conventi veneziani. Prende poi  in osservazione  quegli anni cruciali che vedono l’arrivo  dei regnanti austriaci. La famosa quadriga bronzea, uno dei simboli di Venezia che si ammirava sul pronao della Basilica di San Marco era stata strappata via  dalle truppe francesi  e issata a Parigi sull’Arco di Trionfo del Carrousel. L’esposizione fa conoscere, in particolare nell’anno del bicentenario dell’apertura del Museo dell’Accademia le vicende di quei protagonisti, impegnati nel recupero della storia e delle grandi ricchezze veneziane: il conte ferrarese Leopoldo Cicognara, intellettuale e presidente dell’Accademia di Belle Arti, lo scultore di fama internazionale Antonio Canova  e  Francesco Hayez uno dei primi interpreti  in Italia del Romanticismo in pittura. Gli anni che corrono dalla riposizione   dei cavalli sulla Basilica di San Marco nel 1815 alla morte di Canova nel 1822 sono un periodo di grandi speranze come sottolinea uno dei curatori   della rassegna, il dott. Fernando Mazzocca. Lungo le sale e i corridoi  della mostra le opere esposte interpretano e spiegano  le tappe significative di quegli avvenimenti. Il dipinto La cerimonia di ricollocamento dei cavalli di Vincenzo Chilone è la testimonianza più fedele del  ripristino  dei cavalli bronzei sulla basilica di San Marco.  Si vede  sfilare la quadriga tra le file  dell’esercito austriaco, mentre  la folla è assiepata   sotto la tribuna delle autorità dove si trovavano l’imperatore Francesco I e il cancelliere Metternich. Proprio in occasione delle nozze dell’imperatore Francesco I d’Austria con Carolina Augusta di Baviera venne richiesto alle Province Venete un importante tributo in denaro e fu merito di Cicognara convincere la corte di Vienna a scontare una parte della somma in cambio della realizzazione da parte  di alcuni artisti veneti  di un gruppo di opere per l’appartamento dell’imperatrice. Nella mostra possiamo ammirare quasi tutta quella collezione  composta da   vasi di ispirazione antica, lavori di oreficeria, quadri e statue  fra cui spicca la Musa Polimnia di Antonio Canova che in origine era stata concepita come ritratto divinizzato di Elisa, sorella di Napoleone. L’attività del conte Cicognara si esplicò, come è stato  rilevato assieme all’amico Antonio Canova, nell’arduo compito di riportare in Italia parte dei  beni trafugati, ma fu estremamente propositiva in particolare nell’attività di promozione e valorizzazione degli artisti contemporanei. Antonio Canova per i suoi meriti artistici e di tutela delle arti già in vita era diventato un simbolo capace  di rinfocolare il mito dell’Italia, in quei tempi, ancora solo un’idea letteraria. Il quadro di Giuseppe Borsato che illustra la visita della coppia imperiale alla sala canoviana di Palazzo Treves o sempre quello dello stesso autore che mostra Leopoldo Cicognara intento a spiegare a un gruppo di visitatori eminenti il monumento eretto all’artista nella Chiesa dei Frari a Venezia, contenente il cuore del Canova, il cui corpo è sepolto a Possagno, rendono chiara  la venerazione di cui godeva. Della sua abilità scultorea parlerà ampiamente Leopoldo Cicognara nella sua Storia della scultura, una raccolta di testi fondamentale ancora oggi per lo studio di questa disciplina dalle sue origini all’epoca del conte ferrarese. Nella mostra spiccano anche i dipinti di Francesco Hayez, il primo pittore del Romanticismo italiano, grazie alla sua abilità nel raccontare, nei suoi quadri,  avvenimenti della vita contemporanea e anche per una resa del ritratto volto a cogliere le peculiarità dell’uomo e i suoi sentimenti. Franceso Hayez lascerà Venezia per Milano all’indomani della morte di Antonio Canova, un autore da  cui il pittore prenderà spunti e di cui  possiamo leggerne le reminiscenze  nel quadro  Rinaldo e Armida, in particolare nel corpo nudo della fanciulla. Canova e Hayez, quasi due facce dello spirito colto ed elegante dell’esistenza, più etereo e prezioso il primo, ma mai freddo, più vicino alla vita che corre veloce e brucia, il secondo, come nel Pietro Rossi, dove leggiamo la sofferenza del distacco definitivo del protagonista dalla famiglia. Non dobbiamo comunque dimenticare che Antonio Canova e Francesco Hayez sono stati  anche i principali rappresentanti l’uno del Neoclassicismo, l’altro del Romanticismo.Accanto a questi epigoni  possiamo apprezzare altre opere monumentali di maestri e allievi dell’Accademia come il dipinto dai toni epici di Caio Gracco trattenuto dalla moglie di Teodoro Matteini, Ercole al bivio di Giovanni De Min o Tancredi battezza Clorinda di Antonio Baruffaldi.  La Venezia dei primi dell’Ottocento rivive nei busti espressivi  di Lord Byron  e delle animatrici colte dei salotti lagunari: Isabella Teotochi Albrizzi e Giustina Renier Michiel che ospitarono il poeta inglese e che ci accolgono in una piccola sala del museo. La sensibilità vivace dell’Accademia e del suo maggior rappresentante dell’epoca, Leopoldo Cicognara è testimoniata  infine dall’acquisizione in quegli anni dei disegni raccolti dal pittore e bibliofilo Giuseppe Bossi, che comprendevano lavori di Leonardo, Raffaello e Michelangelo. Una raccolta straordinaria, visibile a rotazione in mostra, che venne acquistata dall’imperatore Francesco I per l’Accademia, su suggerimento del  suo direttore. Venezia attraverso accademici e artisti rivela quindi, anche dopo la caduta della Repubblica, la volontà di salvaguardare la sua lunga storia e di promuovere il genio.                                             

      Patrizia Lazzarin, 4 ottobre 2017

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