Artemisia Gentileschi. “Coraggio e passione”

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Artemisia Gentileschi. “Coraggio e passione” apre a Genova,  nella sua sede espositiva più importante e prestigiosa, l’Appartamento del Doge di Palazzo Ducale.  Una rassegna  che celebra il  coraggio di una “pittrice guerriera” non solo perché è stata la prima donna della storia ad essere ammessa a un’Accademia di Disegno e ad emergere in un mondo, come quello dell’arte, dominato nel Seicento dalla presenza maschile, ma perché ha avuto la forza di combattere contro le opinioni consolidate del tempo e di affrontare anche un lungo processo per stupro. La storia, le opere e il talento di Artemisia sono raccontati nella mostra genovese attraverso grandi capolavori.

Apertasi ieri e  prodotta da Artemisia con Palazzo Ducale di Genova, sarà visibile fino al primo aprile 2024. Artemisia Gentileschi è stata una pittrice che ha avuto un grande successo e che  ha lavorato per alcune delle corti più prestigiose d’Europa come  Firenze, Napoli e Londra. Il suo talento è riconosciuto  da medaglie, ritratti dipinti da pittori illustri, poemi e incisioni di cui è stata omaggiata. Tuttavia, oggi è conosciuta anche soprattutto a causa della  violenza carnale che ha subito nel 1611, ad opera del pittore Agostino Tassi. 

Questa mostra, a cura di Costantino D’Orazio, ha anche il merito di raccontare  vicende umane, rivoluzioni pittoriche, aneddoti e pensieri di una vivace ed intraprendente comunità artistica che nel primo Seicento ha attraversato l’Italia e si è avventurata in Europa, diffondendo le novità caravaggesche, lo spirito della Controriforma e offrendo un nuovo sguardo.

Nella mostra compaiono, nella prima sezione, due opere che racchiudono la vicenda artistica della pittrice Artemisia, dagli esordi alla maturità. Sono La Susanna e i vecchioni, prima opera datata e firmata da lei e dipinta nel  1610, ora a Pommersfelden, dove si può rintracciare ancora l’intervento di suo padre Orazio, e la Susanna e i vecchioni del 1649 circa, della Moravská Galeriedi Brno in Repubblica Ceca, realizzata da Artemisia 30 anni dopo, dove la protagonista manifesta un’espressione capace di opporsi alla seduzione maschile.

Nella seconda sezione della rassegna dedicata alle artiste vissute tra il Cinquecento e il Settecento si intuisce  come il  XVI secolo abbia significato un cambiamento per le donne. Lo testimoniano l’operato di pittrici come Lavinia Fontana, Rosalba Carriera o Angelica Kauffmann, di cui vediamo le opere e/o i loro ritratti.

 «Mi ritrovo una figliuola femina con tre altri maschi, e questa femina, come è piaciuto a Dio, havendola drizzata nella professione della pittura, in tre anni si è talmente appraticata, che posso ardir de dire che hoggi non ci sia pare a lei, havendo per sin adesso fatte opere, che forse principali Mastri di questa professione non arrivano al suo sapere». Sono le parole del padre Orazio Gentileschi che impartisce ad Artemisia i primi rudimenti del mestiere, dalla miscela dei pigmenti alla stesura del colore sulla tela, dalla gestione della luce all’invenzione di morbidi panneggi. Essa sarà anche la modella preferita del padre come evidenziano le opere in cui la si riconosce.

La quarta sala dell’esposizione offrirà ai visitatori un’esperienza inedita: la ricostruzione  di un raro gioiello d’arte. Un luogo segreto di Roma, una dimora ancora oggi privata: il Casino delle Muse di Palazzo Pallavicini Rospigliosi, voluto sul Quirinale dal Cardinal Scipione Borghese nel 1611. Affrescato a quattro mani da Orazio Gentileschi e Agostino Tassi, vede la presenza speciale e insospettabile di Artemisia che spera, dopo la violenza subita, di essere sposata da Tassi. Il primo pittore, specializzato nelle figure, il secondo nelle quadrature, realizzano un capolavoro d’arte barocca. La scena rappresentata è un concerto, la cui orchestra è composta da sole donne: un fatto assai raro all’epoca, quando la musica, come l’arte, registrano la fisionomia maschile.

Giuditta uccide Oloferne,  uno dei soggetti più diffusi all’inizio del Seicento, è fra i temi scelti da Artemisia. Giuditta, giovane ebrea di Betulia, città biblica della Palestina, compie il gesto eroico di uccidere il condottiero assiro Oloferne che sta assediando il suo popolo.  La pittrice riesce a rappresentare la scena insistendo sulla tensione che anima le due donne nel compiere questa impresa e che all’epoca conquista i collezionisti perché ribalta il tradizionale rapporto tra la forza maschile e la fragilità femminile. Sono dunque qui esposti due dei capolavori della pittrice, Giuditta e Oloferne, della Fondazione Carit di Terni, e Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne, del Museo di Capodimonte, accostati e messi a confronto con la famosa Giuditta e Oloferne del padre Orazio proveniente dai Musei Vaticani.

Dopo il celebre processo, per oltre quarant’anni Artemisia dipinge soprattutto figure femminili protagoniste di vicende storiche e bibliche: Giuditta, Cleopatra, Minerva, Maddalena, Dalila e Susanna sono le sue eroine, forti, a volte violente, indipendenti, sicure di sé, sensuali. Le sue caratteristiche fisiche compaiono poi  in molte dei suoi personaggi, come tanti storici hanno voluto riconoscere. Datato 1630 e firmato su un cartiglio ‘Artemisia Gentilescha’, l’Annunciazione è la prima sua commissione napoletana superstite e, senza dubbio, resta uno dei suoi dipinti più potenti.

A Napoli Artemisia trova il coraggio di recuperare il suo cognome e si fa strada grazie ad una più consapevole aderenza al linguaggio caravaggesco, di cui diventa una delle interpreti più efficaci. In questo periodo Artemisia è entrata in uno dei circuiti più elitari del collezionismo europeo. È impegnata nella realizzazione di quadri per l’imperatrice Eleonora Gonzaga, suocera dell’infanta di Spagna Maria Anna d’Austria, che si trova a Napoli di passaggio proprio in quell’anno. Sono lontani gli anni in cui doveva chiedere anticipi e prestiti ai suoi clienti. Ora è una pittrice autorevole, che saprà affermare con originalità e tenacia il caravaggismo in tutta Europa,

Il caravaggismo a Genova è anche una  sezione della rassegna, a cura di Anna Orlando ed  è dedicata alla scena genovese dei primi del Seicento. Sono passati 400 anni da quando l’arrivo di Orazio Gentileschi a Genova provoca un cambiamento epocale nello stile degli artisti del territorio, che assorbono i contrasti di luce caravaggeschi e si dedicano al racconto di soggetti drammatici molto frequentati da Artemisia.

Il catalogo, edito da Skira e a cura di Costantino D’Orazio, presenta i testi di Pietrangelo Buttafuoco, Riccardo Lattuada, Anna Orlando, Yuri Primarosa, Vittorio Sgarbi e Claudio Strinati.

Patrizia Lazzarin, 17 novembre 2023

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Milano, le signore dell’arte a Palazzo Reale

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È un viaggio che si svolge attraverso i colori e le forme dell’arte, dove sono la mente e la mano  femminili a raccontare l’incanto  della vita umana, la mostra Le Signore dell’arte, Storie di donne tra Cinquecento  e Seicento che siè aperta ai primi di marzo a Palazzo Reale a Milano e che, per l’emergenza Covid, è visibile on-line. La rassegna, che è in programma fino al 25 luglio, conclude un progetto ideato dall’Assessorato alla Cultura del  Comune meneghino che reca il titolo i Talenti delle Donne e  rende manifesti l’ingegno e le capacità di trentaquattro  artiste  grazie alle centotrenta opere in mostra. Oggi la terza  visita on-line alle ore 18, seguiranno poi quelle del 18 e del 21 marzo. L’esposizione ha il merito di mettere in luce in alcuni casi, e in altri di approfondire, profili di artiste, siano esse pittrici, scultrici, architettrici, miniaturiste o ricamatrici, grazie ad un lavoro di studio e di seguente mappatura di un mondo artistico, ancora per certi versi patrimonio di conoscenze di specifiche elite culturali, e non bene comune. Nel quadro La partita di scacchi  della pittrice del Cinquecento,  Sofonisba Anguissola, gli occhi e gli atteggiamenti che sprizzano vivacità e curiosità potrebbero essere quelle di alcune giovani adolescenti d’oggi, basterebbe forse sostituire quelle vesti impreziosite da pizzi e di bianche perle  che rivestono i colli morbidi delle fanciulle impegnate nel gioco e negli ammiccamenti tipici dell’età. Il talento non mancava a queste donne. Artiste protagoniste ed interpreti del loro tempo. Esse sono a volte monache come Plautilla Nelli, autrice della tela con L’ultima Cena a Santa Maria Novella a Firenze, recentemente restaurata,  altre volte sono  viaggiatrici o vivono alla corte di re, e spesso diventano imprenditrici come Lavinia Fontana, tessendo una rete di relazioni necessarie a ricevere le commissioni non solo di piccoli quadri, ma di tele di grandi dimensioni destinate a chiese, su richiesta di papi e prelati, o  di ritratti voluti da uomini illustri e sovrani del tempo. Importanti mostre a partire dagli anni 70’ in Italia e all’estero hanno reso possibile la conoscenza dell’universo artistico femminile, spesso fino ad allora sconosciuto. In particolare, a Milano, si possono citare  quella su Artemisia Gentileschi nel 2011 a cura di Solinas e Contini, di  Tamara de Lempicka nel 2006 della curatrice  Gioia Mori e le esposizioni collettive: L’altra metà dell’Avanguardia a cura di Lea Vergine nel 1980 e L’Arte delle donne dal Rinascimento al Surrealismo nel 2007 di Sgarbi, Peters e Buscaroli.  Le Signore dell’arte ha un ulteriore merito: quello di aggiungere nomi di artiste e farne comprendere  soprattutto  la qualità delle opere. Molti hanno avuto modo di apprezzare il pennello e i colori della romana Artemisia Gentileschi in quadri come Lucrezia, Giaele e Sisara, o in molti dipinti di eroine che possono offrire anche un eco del suo vissuto doloroso legato alla vicenda con Agostino Tassi e  nello stesso modo  rivelano  la passione e la forza di una donna  che viene ammessa all’Accademia del Disegno di Firenze e a quella dei Desiosi a Roma. Molto meno nota è la pittrice  Ginevra Cantofoli, i cui volti luminosi delle Sibille, nella morbidezza dei loro incarnati, si lasciano osservare  nella ricchezza di colore  dei loro turbanti. Ancora poco nota è la scultrice Properzia de’ Rossi, anche se protagonista dell’unica vita dedicata ad una donna nella prima edizione delle Vite di Vasari del 1550. La filigrana dello stemma in argento della famiglia Grassi  rivela lo spirito e l’arte  di una scultrice, nata intorno al 1490, che vive  un’esistenza estremamente anticonformista sulla scia di quella  del famoso Caravaggio e che riesce a guadagnarsi, per le sue capacità, un posto nel cantiere della cattedrale di San Petronio a Bologna, allora  la seconda città per importanza del regno pontificio. La biografia di Sofonisba Anguissola è ricca di curiosità perché fu non solo pittrice alla corte di Filippo II in Spagna, ma educata assieme alle sorelle alla pittura fin da giovane, continuerà a dipingere lungo tutta la sua lunga vita, anche nelle dimore a Palermo e a Genova, apprezzata ancora giovanissima da Michelangelo e ritratta in segno di riconoscimento del suo prestigio, ormai anziana, dal noto pittore fiammingo Antoon Van Dyck. Vasari, nella sua seconda edizione delle Vite, ricorda il ritratto di Giovanna d’Austria, sorella di Filippo II e il ritratto della regina Isabella di Valois eseguiti da Sofonisba. Fra le monache Orsola Maddalena Caccia, figlia del pittore noto come Moncalvo, che aveva lavorato con Federico Zuccari alla Grande Galleria di Carlo Emanuele I a Torino e a Milano con gli artisti di Federico Borromeo, ebbe dal padre gli insegnamenti di pittura e si esercitò sulle stampe di maestri del Rinascimento presenti in studio. Nel 1620, a ventiquattro anni entrò con le sorelle nel monastero di Bianzè per uscirne dopo cinque anni, quando il padre per avere vicino a sé le figlie, istituì, fra le mura domestiche, il Monastero delle Orsoline. Si trattava di un monastero nato nel segno dell’arte perché al suo interno era stata prevista una stanza dedicata alla pittura. L’attività della pittrice che realizzò pale d’altare,  quadri da camera e   nature morte è nota fino al 1670  ed ebbe vasta eco. Accanto ai ritratti di Studioso e di Carlo Sigonio, i ritratti di gentildonne bolognesi di Lavinia Fontana, capace di cimentarsi anche con il nudo, come nel quadro Minerva in atto di abbigliarsi, possiamo porre l’arte di Fede Galizia, autrice del ritratto di Paolo Morigia. Volti intenti o segnati dalle rughe narrano la storia interiore di uomini e donne. Fede Galizia, figlia del miniaturista Nunzio, dipinse nature morte con pochi oggetti immersi in un’atmosfera silenziosa, dove si leggono influenze lombarde e fiamminghe. Galizia viene citata da Paolo Lomazzo nel suo trattato quando aveva solo vent’anni e paragonata al grande pittore spagnolo Francisco de Zurbaràn. Fra le accademiche la pittrice di Ascoli Piceno, Giovanna Garzoni, che lasciò la sua eredità all’Accademia di San Luca, privilegio che ebbe, come poche, di poter farne parte. I suoi dipinti di fiori e frutta  sono raffinati studi di botanica dipinti a guazzo su pergamena. La mostra che ha la curatela  di Anna Maria Bava, Gioia Mori e Alain Tapiè è formata da opere proveniente da 67 prestatori diversi ed è stata realizzata in collaborazione con  Arthemisia e con il sostegno della Fondazione Bracco. La tavola della Madonna dell’Itria di Sofonisba Anguissola, mai spostata dalla Sicilia dal momento della sua realizzazione avvenuta per ricordare il marito, il nobile Fabrizio Moncada, ucciso nel 1578, durante un assalto di pirati algerini, è stata restaurata in occasione dell’esposizione ed è qui ammirabile. In attesa di restauro  invece la Maddalena di Artemisia Gentileschi, mai prima esposta, ferita dai danni dell’esplosione nel porto di Beirut il 4 agosto 2020 e appartenente alla collezione Sursock, una delle famiglie più aristocratiche del Libano che ha legami di parentela internazionali fra cui i Colonna di Roma e i Serra di Cassano di Napoli.                                                      

Patrizia Lazzarin – 14 marzo 2021

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Piazzola sul Brenta: Book Festival 2018

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Comincia oggi,  in contemporanea all’apertura della Mostra del libro, la settimana clou del Festival Book di Piazzola sul Brenta: una rassegna che è iniziata il 16 novembre con Emilio Casalini e si concluderà il 19 dicembre con Aldo Cazzullo, firma nota del Corriere della Sera. Il Festival è giovanissimo: quest’anno è alla sua seconda edizione, ma annovera già nomi prestigiosi come Simona Vinci, Lorella Carimali, Aldo Cazzullo, Luca Crovi, Andrea Cotti e Lina Maria Ugolini. E’ un’iniziativa di promozione culturale che comprende variegati  temi letterari e musicali  e che nasce in una cittadina ricca di attività  che porta appuntata sulla giacca come una spilla preziosa, la bellezza scenografica di   Villa Contarini, dove nel piazzale antistante l’antica dimora si svolgerà domenica, assieme al Festival un grandissimo mercato dell’antiquariato che conta fra le quantità d’oggetti artistici,  bellissime stampe.  Il cartellone e le locandine che  hanno annunciato la rassegna recano sullo sfondo turchese una carrellata di libri con tante finestre per guardarci dentro. I libri, simbolo di cultura,   favoriscono la nostra capacità d’immaginare e  come  dei  demiurghi felici d’inventare  ci svelano  personaggi e ci fanno  vivere assieme a loro passioni, amori e dolori.  Raccontano storie che spezzano il cuore o  fanno gioire e in mezzo, fra i due poli negativo e positivo, ancora mille sfumature del sentire di noi esseri umani  pensanti.  Dentro i libri tanti saperi che rispolverano e fanno uscire  da un  vecchio baule donne e uomini vissuti anche molti secoli fa, ma che mantengono intatto il loro fascino e significato.  Pensiamo alle vicende e alle opere di Lorenzo il Magnifico,di Shakespeare, Dante, Caterina de Medici, Elisabetta I d’Inghilterra,  Federico II,  Artemisia Gentileschi, Rita Levi Montalcini, Margherita Hack, Erasmo da Rotterdam, Leopardi, Mantegna, Giorgione, Palladio, Nelson Mandela,  Maria Antonietta e il consorte Luigi XVI decapitati dalla Rivoluzione Francese,  solo per citarne alcuni,    e l’elenco potrebbe ridurci a rimanere senza un filo di voce … notti e giorni  intenti a citare i loro nomi. Quanti saperi, quanta storia che è tutta nostra di noi esseri umani. E poi quanta fantasia, quanta immaginazione che spezza i vincoli della quotidianità. Il Book Festival  2018, che ha la  direzione artistica della giornalista Patrizia Lazzarin,  vuole essere anche questo: un’immersione nella  cultura e nelle nostre tradizioni.  Ci sono in programma numerosi appuntamenti  con gli  autori che saranno presenti  in sala consiliare, in biblioteca e  nelle scuole. Tanti i temi trattati: dall’attualità, al turismo, all’ambiente naturale, alla montagna, alla scuola, alla musica, al romanzo giallo e alle storie che parlano di noi. Nomi di spicco, vincitori di premi, come Emilio Casalini, Simona Vinci e Lorella Carimali, ma non solo. Nomi noti per essere presenti in televisione, nelle radio e  nei giornali come Aldo Cazzullo, Luca Crovi e Andrea Cotti. Persone speciali come Maria Lina Ugolini, ricca di magia e di sapienza. Volti nuovi  come gli avventurosi Walter Polidori e Ulrike Raiser.  Il 25 novembre l’atteso incontro con Lorella Carimali  che presenterà, alle 21 in sala consiliare, La radice quadrata della vita, il libro che le ha consentito di essere premiata nel 2017 fra i dieci migliori insegnanti dell’Italian Teacher Prize e di classificarsi,  nel 2018, fra i cinquanta finalisti  del Nobel per l’insegnamento: il Global Teacher Prize. Al di là dei riconoscimenti  di Lorella, ci saranno tanti spunti di discussione come le relazioni tra arte e scienza, il ruolo dell’insegnante oggi tanto tartassato, la sua funzione etica e le connessioni tra pensiero e parola nell’era digitale. Lunedì  ventisei l’autrice sarà ospite dell’Istituto Rolando da Piazzola per incontrare gli studenti. Martedì 27 novembre due libri di Simona Vinci a confronto: La prima verità che vince il Premio Campiello nel 2016, dove le scottanti vicende accadute durante il periodo della dittatura dei colonnelli in Grecia, nel manicomio di Leros sono un’opportunità per l’autrice per la denuncia  di violenze inaudite ma anche per la  richiesta implicita del rispetto  della diversità di ogni essere umano,  e Parla mia paura, romanzo autobiografico, edito nel 2017, dove ritornano anche temi del primo libro. Lina Maria Ugolini, la scrittrice e musicologa  che incanta con la fantasia e l’eleganza del suo lessico sarà presente nelle scuole primarie di Piazzola sul Brenta nell’arco della giornata del 30 novembre per raccontare, con marionette ed elmetto,  storie straordinarie, dove i protagonisti del racconto sono i musicisti Ravel e Rossini e il drammaturgo Shakespeare. Alla sera del 30 un Apericena in biblioteca con la stessa autrice che sui brani della sua interpretazione di  Ravel sarà accompagnata al pianoforte dal pianista Cristiano Zanellato.  Lina Maria avrà anche occasione, sabato primo dicembre, di parlare nelle scuole medie di Villafranca Padovana  agli studenti, di Jamil e di Fuad delle farfalle, le sue ultime pubblicazioni,  dove la leggerezza che percepiamo nel leggere questi titoli e che si srotola poi nella bellezza dei testi narrati, contiene argomenti meritevoli di attenzione come la condanna dello sfruttamento del lavoro minorile e il  delicato rispetto  della donna. Il cinque dicembre una serata interamente dedicata al giallo dove la città di Roma di Andrea Cotti e la metropoli di Milano di Luca Crovi saranno il teatro di storie misteriose di oggi e di ieri. Andrea Cotti  nel suo libro Il cinese svela macabri rituali della mafia dell’Oriente, ma offre anche un’occasione, con una narrazione coinvolgente, di conoscere abitudini e costumi di un popolo oggi in rapida crescita economica. Luca Crovi, uno dei più importanti esperti di crime fiction ci trasporterà con L’ombra del campione, in una Milano immersa nella nebbia di cui si percepisce la consistenza, in piena epoca mussoliniana. Sapori  di un’altra stagione esistenziale e culturale dove i miti e gli interessi dei suoi abitanti erano più essenziali. Scopriremo anche che per trent’anni: 1895-1925, i morti a Milano hanno viaggiato in tram, mentre riaffiorano nel testo una varietà di parole milanesi anche legate alla cucina popolare gustosa e lenta delle pietanze cotte sulla stufa a legna. La montagna e la voglia  di non fermarsi mai è il fil rouge del libro di Walter Polidori che sarà a Piazzola il 6 dicembre in sala consiliare con il libro:Quando arrivi in cima continua a salire.  Spesso si parla di eroi della montagna nei libri. Questo piccolo volume di Walter  è  invece un canto alla passione di tante persone normali per le cime delle nostre Alpi e Dolomiti. I viaggi in luoghi lontanissimi e pieni di meraviglie naturali sono gli interessi di Ulrike Raiser, che ha visitato vari paesi dei cinque continenti.  Alaska di cui ci racconterà il 13 dicembre,  sempre alle ore 21, narra in primis di un nuovo modo d’intendere il viaggio: in solitudine per aprirsi a se stessi e agli altri. Uno zaino di 12 kg, poco denaro, una macchina fotografica  e l’ironia e la leggerezza di chi il viaggio lo vive alla giornata sono gli ingredienti della sua proposta. Lectio magistralis di Aldo Cazzullo che il 19 dicembre chiuderà questa rassegna proprio in prossimità delle feste natalizie. Questo scrittore prolifico, in un saggio dal titolo che non lascia alcun dubbio sulle intenzioni dell’autore: Giuro che non avrò più fame insegna a non mollare, a credere negli italiani e nell’Italia, così come fecero le nostre nonne e i nostri nonni dopo la seconda guerra mondiale, in un paese tutto da ricostruire. Le parole Giuro che non soffrirò più la fame  appartengono alla protagonista del film Via col vento, quando Rossella torna nella sua fattoria e la trova distrutta, ma levando gli occhi  al cielo ed ingoiando le radici di una piantina promette al mondo di non arrendersi. Un giuramento condiviso da milioni d’Italiani per ritornare a ridere con gioia. Un messaggio di speranza anche per noi oggi,  come il Natale.

Patrizia Lazzarin, 24 novembre 2018

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