Cercando la via d’uscita

È davvero un peccato che mentre i dati confermano un rallentamento dell'epidemia, ma il governo, prudentemente, si accinge ad annunciare il proseguimento del blocco, "lockdown", la prestigiosa università americana di Harvard presenti l'Italia come esempio di tutto ciò che non va fatto in situazioni di emergenza. Anche perché, accanto a critiche condivisibili come quelle su ritardi, sottovalutazioni, mancanza di previsioni e scarsamente utili inseguimenti a fronteggiare gli effetti del virus quando già si erano manifestati, nessun rilievo Harvard ha voluto dare agli sforzi - del governo e dei singoli - nella fase di piena del rischio, si tratti dell'eroico comportamento di medici e personale sanitario, tra i quali si contano molte vittime, o della Protezione civile, o anche di tutti coloro che si stanno impegnando, a Milano, nella costruzione di un ospedale a tempi di record.
Un errore che il governo potrebbe evitare nei prossimi giorni, in cui è sicuro che ogni italiano comincerà a fare il conto alla rovescia, sperando che dopo la Pasqua più triste del secolo si torni gradualmente alla vita normale, è quello di continuare con la politica degli annunci e delle conferenze stampa.
L'ultima uscita, in assoluta buona fede, per comunicare aiuti per i meno abbienti, insomma chi non riesce più a fare la spesa, ha purtroppo ottenuto l'effetto opposto, dato che gli interessati speravano di ricevere in un giorno i soldi in tasca, e invece ci vorranno, a dir poco, due settimane.
Sarebbe più opportuno, invece, che Conte utilizzasse il periodo che, speriamo, ci separa dalla libera uscita - quanto libera o vigilata, si vedrà -, per ragionare su come ricostruire la normalità, mettendo a punto un progetto insieme con esperti che non siano solo i benemeriti virologi che scandiscono il calendario delle nostre ansie. Stiamo parlando di economisti, manager, giuristi, pubblici amministratori, che nell'attesa che uno scienziato riesca a individuare il vaccino contro il Covid 19 (l'unico vero antidoto all'emergenza, come ha ricordato un anziano leader politico come Emanuele Macaluso), si siedano attorno a un tavolo, coordinati dal premier, per ragionare con un minimo di anticipo su quel che può e deve accadere.
L'agenda di questo ipotetico "comitato di saggi" dovrebbe partire delineando un "piano A" e uno "B" sulle risorse che potrebbero essere messe a disposizione dell'Italia. Capire, insomma, prima e non dopo, se l'Europa ci aiuterà e come, se accetterà di metterci a disposizione fondi speciali, lasciandoci liberi di gestirli, o si limiterà a consentirci di indebitarci, per garantire liquidità alle aziende, avvertendo che prima o poi dovremo pagarne le conseguenze.
Dopo di che i saggi dovrebbero provare ad abbozzare uno scadenzario temporale o geografico dell'uscita dal "lockdown": stabilendo, ad esempio, se adottare la "soluzione israeliana", che prevede l'uscita dalla quarantena forzata prima per i giovani e solo dopo per gli anziani; o se "aprire" in un primo tempo le zone meno colpite dal virus e in un secondo quelle più afflitte; o ancora quali attività industriali sia più urgente far ripartire (ieri il presidente di Federacciai Alessandro Banzato ha detto che mentre in Germania, Francia e Spagna si continua a produrre, le imprese italiane del settore, se continuano a star ferme, usciranno dal mercato).
I saggi potrebbero inoltre studiare come non disperdere, anzi valorizzare, il patrimonio di apprendimento di nuove tecnologie, uso della rete, smart working che l'emergenza ha portato nelle case. È come se tutti gli italiani, anche i più pigri, avessero fatto un corso accelerato di nuove tecnologie, e si fossero promossi da soli, imparando per necessità quel che finora avevano rifiutato. Se l'Italia fosse un'azienda, o anche solo un Paese normale, ciò sarebbe già quantificato in termini di vantaggi, risparmi e accelerazione di qualsiasi processo lavorativo. I due amministratori delegati delle più importanti compagnie telefoniche nazionali, Luigi Gubitosi di Tim e Aldo Bisio di Vodafone Italia, hanno dichiarato che mai come in questi giorni l'Italia ha fatto un passo avanti sulla strada della modernizzazione. Sarebbe il caso di invitarli a far parte del comitato e ascoltare i loro suggerimenti.
Infine occorrerebbe evitare di dare la sensazione che era sbagliato tutto ciò che si faceva, anche a costo di sacrifici, prima dell'arrivo del coronavirus, mentre adesso tutto sarà più facile, grazie alla pioggia di soldi pubblici che arriverà. Che lo Stato debba intervenire per fronteggiare il rischio di fallimento di settori strategici (il turismo, per dirne uno), è sicuro. Ma con interventi limitati nel tempo e nei numeri e legati a progetti di rilancio. Non ci sarebbe niente di più sbagliato di far capire che si passa dal rigore allo scialo. Con il Sud che ci ritroviamo, purtroppo ancora in parte infestato dalla criminalità organizzata, rischierebbe di diventare un invito ad approfittarne.

Marcello Sorgi - La Stampa – 31 marzo 2020

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