La marcia sulle chiese

L’idea che il fascismo sia in primo luogo una cosa scema è molto radicata nelle élites democratiche del mondo intero. E non è detto che un giudizio, perché elitario, sia perciò stesso sbagliato. Gadda, che di sinistra non fu mai, vedeva in Mussolini, in senso stretto, il cazzone (a Genova belinone, in Sicilia minchione, in Toscana gran bischero), ovvero il maschio vanaglorioso e fallocratico al quale soggiace, scema a sua volta, la folla sedotta. Questa idea del fascismo prima di tutto scemo (etimologicamente: mezzo vuoto di intelligenza) emerge con evidenza direi scientifica nell’incredibile idea, professata da fascisti di diverse parrocchie, nere e verdi, di riaprire le chiese per Pasqua; come se la loro chiusura fosse un oltraggio alla religione e non una misura sanitaria salvavita. C’è un dato decisivo, a questo proposito: i sedicimila morti al Centronord e i mille al Centrosud hanno, fin qui, una sola spiegazione logica. Che il Centrosud è stato blindato in casa per tempo, il Centronord con un paio di settimane (almeno) di ritardo. Che altro? Anche qualche scemo di sinistra (ce ne sono parecchi) ha discettato e ancora discetta sui reconditi scopi antidemocratici della clausura. Ma per fortuna non chiede la riapertura delle bocciofile e dei tornei di scopa d’assi. Perché mai, dunque, gli scemi di destra pretendono che la fede debba avere necessariamente la forma di un’adunata? Che senso ha sorpassare (a destra) gli addetti ai lavori, ovvero le gerarchie ecclesiastiche che neanche si sognano di riaprire le chiese? Ma quanto scemo deve essere un politico che pretende di insegnare al Papa che cosa è una messa, e alla scienza che cosa è la salute pubblica?

Michele Serra – la Repubblica – 9 aprile 2020

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Bisogna correggere il nome

  • Pubblicato in Esteri

Il problema dell’Europa è il nome. Crea aspettative.Uno legge l’insegna, “Unione Europea”, e si aspetta di trovare quello che c’è scritto. Invece no. È come entrare in una panetteria e non trovare pane, in una latteria e non trovare latte. E siccome di Europa avremmo un disperato bisogno, proprio come del pane e del latte, ci rimaniamo molto male. E ci viene voglia di inoltrare reclamo.

«Spettabile Unione Europea, la evidente discrepanza tra la Vostra ragione sociale e la Vostra effettiva attività è fonte continua di confusione e di imbarazzo. Voi non siete quasi per niente ciò che promettete, ovvero l’unione dei Paesi europei. Voi siete l’accrocco diffidente e litigioso dei singoli governi dei singoli Paesi europei che cercano, ognuno, di tirare la coperta dalla propria parte. Dev’essere questo il famoso sovranismo del quale tanto si parla: l’olandese che fa l’olandese, il francese che fa il francese, il tedesco che fa il tedesco, l’ungherese che fa l’ungherese, lo svedese che fa lo svedese, l’italiano che fa l’italiano, e nessuno che fa l’europeo, pensa in europeo, parla l’europeo».

«Ai sensi delle normative (europee) sulla frode in commercio, vi invitiamo a porre rapidamente rimedio a questo increscioso equivoco, correggendo la ingannevole insegna “Unione Europea”, e tutta la comunicazione conseguente, e adottando un nome più fedele alla realtà delle cose, ovvero alla vostra effettiva capacità di offerta. Si suggerisce Neuropa, contrazione di Non Europa e allusione multilinguistica alla difficile condizione mentale nella quale versa il continente».

Michele Serra – la Repubblica – 28 marzo 2020

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Il fantasma della liberta'

Lo strano dibattito sulla "restrizione delle libertà" come effetto subdolo e pericoloso dell’epidemia non decolla, almeno su quella che gli snob chiamano "informazione mainstream". Non seguo i social e dunque non saprei dire se da quelle parti attecchisce. Spero di no, perché è un dibattito assurdo. Ovvio che in questo periodo, e chissà per quanto, siamo soggetti, tutti quanti, a drastiche limitazioni delle libertà individuali. Capita non solo in caso di una catastrofe (come questa), ma anche per minori impedimenti che decurtano il nostro patrimonio di autodeterminazione, di scelta, di movimento. Incidenti, malattie, rovesci della Storia — anche tremendi: si pensi ai profughi siriani in fuga dalle macerie delle loro città — sono, per la nostra libertà individuale, fattori gravemente negativi.

Per altro, almeno in questo caso, a giovarsi del nostro sacrificio è la libertà collettiva: se stiamo in casa, è per cercare di limitare non solamente il nostro rischio personale, ma il danno sociale. Ognuno perde qualcosa, certamente: ma a vantaggio di tutti. Della comunità.

Mi domando a quale livello demenziale fosse ormai giunto, il concetto di "libertà individuale", per sollevare sospetti e recriminazioni "politiche" perfino su misure di evidente salute pubblica come queste. Chi storce il naso, e paventa regimi, anche se crede di essere iper-democratico e di sinistra, è in termini tecnici un liberista: ovvero uno che ha del tutto perduto di vista il concetto di limite, il concetto di società, il concetto di bene comune.

Michele Serra – la Repubblica – 25 marzo 2020

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