Poetiche nell’arte italiana tra l’Ottocento ed il Novecento

  • Pubblicato in Cultura

Affascinante come un rotolo di pergamena da riempire con immagini ed avvenimenti di un secolo compreso fra gli anni Sessanta dell’Ottocento e quelli del Novecento, è il ciclo di mostre d’arte in programma a Lecco che, cominciato nell’estate del  2022 terminerà a novembre del 2024.  Un modo per conoscere in maniera più ampia ed approfondita autori meno noti, assieme ad altri più celebri, è la prima rassegna della serie dal titolo: Percorsi del Novecento. Il titolodell’iniziale esposizione: Poetiche. Quotidiano e immaginario nell’arte italiana tra Ottocento e Novecento  racchiude  il suo significato ed interpreta  l’opera d’arte al tempo stesso come documento storico ed  espressione armoniosa di un sentire poetico.  Un percorso a tappe, sullo sfondo di un’Italia in cui il panorama  culturale e  sociale si caratterizzava per essere assai variegato e dove città come Milano, Firenze, Roma, Venezia, Torino, Palermo e Napoli, proiettate verso il futuro e l’innovazione si distinguevano dal resto del paese che conservava il profilo di una società legata al passato. Le certezze della pittura dei Macchiaioli che avevano saputo  restituire il sentimento del nostro Risorgimento si traducevano o, meglio, si trasformavano allora in un’arte  testimone dei forti cambiamenti sociali: cartina al tornasole di un’Italia dove cresceva il numero degli operai che vivevano, a causa del carovita, in situazioni al limite della sopravvivenza, aggravate dalle guerre coloniali il cui costo, soprattutto in termini umani, ricadeva sulle classi più umili. Incontriamo una pittura di denuncia sociale che supera il semplice realismo da un lato  e da un diverso profilo,  si sviluppa come espressione  dell’entusiasmo con cui si accoglie il  progresso tecnologico favorito dalle scoperte scientifiche. Divisionismo e poi Simbolismo e anche il loro influsso costruttivo sulle avanguardie del Novecento tracciano in quel momento storico  le nuove linee del tempo e diventano le parole-forza degli artisti. Emerge e, viene  approfondita dalla critica d’arte Simona Bartolena nel catalogo della rassegna,  la differenza fra due movimenti vicini nel tempo e nello spazio: il Pointillisme e il Divisionismo, sulle cui influenze si è ampiamente discusso.  Due modi differenti di scomporre la luce, anche se  entrambi i pittori delle due correnti hanno preferito non mescolare sulla tavolozza i colori, ma con il pennello dipingere gli uni, in Francia, dei piccolissimi puntini, gli altri in Italia, dei filamenti di diversa lunghezza.  Bartolena scrive: ”ci sono altri elementi che fanno la differenza fra Pointillisme e Divisionismo. “In Italia il concetto di pennellata divisa è caratterizzato – oltre che dal consueto interesse per le leggi della scienza ottica e per l’organizzazione razionale dell’immagine in conflitto con la pennellata libera dell’impressionismo – anche dalla volontà di fare dell’arte un luogo di espressione sentimentale, di recupero di stati d’animo “umani”, del sogno, dell’immaginazione, delle mille sfaccettature di una realtà poliedrica che riguarda l’Umanità intera.” Il Palazzo delle Paure e Villa Manzoni, sede dei musei civici, ospitano la rassegna prodotta e realizzata da ViDi – Visit Different, in collaborazione con il Comune di Lecco e il Sistema Museale Urbano Lecchese. Essa ci racconta un momento significativo dell’arte italiana, a cavallo di due secoli, tra Verismo sociale, Divisionismo e Simbolismo e la narrazione si “srotola” attraverso più di 90 opere di autori che hanno mostrato interesse  sia  alla questione sociale e sia alla tematica del quotidiano, come  all’immaginario simbolista.  Sono nomi che conosciamo già, come Giovanni Segantini, Angelo Morbelli, Emilio Longoni, Giuseppe Pellizza da Volpedo Giovanni Sottocornola, Plinio Nomellini, Francesco Michetti, Antonio Mancini, Leonardo Bistolfi, ma ne incontreremo altri meno celebrati che sapranno destare la nostra meraviglia. Il Divisionismo e il Simbolismo hanno saputo legarsi in modo originale nell’arte italiana che guarda anche alle ricerche degli altri simbolisti d’Europa, come Böcklin, Klinger, Von Stuck e Klimt.  Il mondo era allora animato da inquietudini che si muovevano oltre il vero apparente e  la psicanalisi di Freud ed Jung miravano a  fornire  una soluzione.  Pascoli e D’Annunzio, ma anche Verga in letteratura sono stati interpreti di questo  clima di fermento che toccava l’essere umano e il mondo attorno a lui. Dentro  paesaggi che svelano l’intimo, proiettati sulle scene dove si intrecciano la bellezza della natura e la sua fatica, nella visita della mostra ci faremmo attrarre da immagini come quella che vediamo nel dipinto dei primi del Novecento, Famiglia contadina  del padovano Antonio Grinzato, dove una giovane madre e contadina, felice alza il suo pargolo, in alto, con una mossa rapida che non impedisce al marito che con una mano tiene una falce, di afferrare la gamba del bimbo per sfiorarla con un bacio. Vesti degli uomini e colori della terra scorrono davanti ai nostri occhi su una tavolozza di colori: dai bianchi, ai gialli e ai marroni restituendoci al tempo stesso il clima di un’epoca e dell’infinito. In opere come Tramonto sul lago di Giovanni Sottocornola, la veduta alpina come in Segantini, si riempie di echi spirituali che rivelano la  bellezza di laghi e cime e  i cui colori e le linee tracciano enigmi, come brevi frasi, sulla lavagna della nostra anima. Si legge nel catalogo: “La pennellata divisa è strumento ideale per questo tipo di scene, al contempo reali e immaginate, tangibili e sognate, che guardano alla Natura come luogo della trascendenza e di un’intima ricerca di sé e delle ragioni più profonde dell’esistenza.” Ricordiamo infine anche Pietro Fragiacomo  e le sue piccole sei tele  dove appare il suo modo libero di interpretare la natura, sulla strada di una visione che lascia un forte spazio all’immaginazione e raccoglie gli echi che provengono dalla sua interiorità.

Patrizia Lazzarin, 31 agosto 2022

Leggi tutto...

Il fascino della luce: Previati tra futurismo e simbolismo

  • Pubblicato in Cultura

Il rinnovarsi e il mutare dell’arte italiana tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento lo possiamo comprendere attraverso la mostra che ha riaperto i battenti in questi giorni a Ferrara: Tra Futurismo e Simbolismo: Gaetano Previati, all’interno dell’antica dimora degli Estensi: il castello che con la sua presenza, fatta di pietre e di storia, è una delle icone  di questa città. In questo scrigno che, come molti altri monumenti è ora visitabile dopo la forzata chiusura per l’emergenza sanitaria, si può conoscere la parabola artistica di questo pittore ferrarese, per molti aspetti rivoluzionario, di cui ricorre quest’anno il centenario della morte, e che fu capace di  confrontarsi con le tendenze culturali d’oltralpe nello sperimentare le possibilità espressive del colore e delle linee. Il percorso della rassegna, che ha la curatela della studiosa Chiara Vorrasi, inizia con  un bozzetto dell’artista: La resa di Crema, che è il racconto emblematico di una vicenda ambientata nel Medioevo, dove i corpi scolpiti dalla luce e quasi irriconoscibili, essi stessi fotoni di una materia corpuscolare, raccontano il finale dell’assedio più lungo  che ci sia stato  in Europa, in quelli che per antonomasia sono detti i secoli bui della civiltà: il Medioevo dei manieri espugnati con sanguinose e cruente battaglie a corpo a corpo. Questa tela che è quasi un’evocazione del dolore, che risuona attraverso le scaglie di colore e tocca  la nostra sensibilità divenne il trampolino di lancio del pittore ferrarese che vinse nel 1879 il prestigioso Premio Canonica per la pittura di storia. L’opera di Gaetano Previati è di una vastità e di un valore che sconcertano, affermava nel 1916 Umberto Boccioni, uno dei maggiori esponenti  del movimento futurista, quella corrente culturale dei primi  del Novecento che aveva recepito nella sua ideologia i cambiamenti dovuti all’enorme sviluppo della tecnologia e che aveva posto tra i suoi principi  il culto della velocità. L’arte di Previati precorreva i tempi e sembrava metter fine all’epoca del verismo. Dentro la mostra, promossa dal Comune di Ferrara e dalla Fondazione Ferrara Arte e che rimarrà aperta fino al 27 dicembre, noi possiamo osservare il processo evolutivo della storia  di Previati che diventa anche la cartina al tornasole della temperie culturale italiana. Cento opere fra dipinti ad olio, a pastello e disegni provenienti da raccolte ferraresi e da collezioni pubbliche e private, a cui si aggiungono documenti ancora inediti, illustrano le ricerche artistiche a lui contemporanee: dagli scapigliati, ai divisionisti e  ai simbolisti e, che riemergono nelle sue tele e disegni, nuove e di sapore diverso, come dopo un’immersione. Nel dipinto Hashish o Le fumatrici di oppio, dove belle fanciulle rimandano ad un harem, Previati si avvicina alle tematiche di Charles Baudelaire, il poeta maledetto francese che aveva evidenziato  il potere delle sostanze oppiacee di esaltare il senso dell’immaginazione e di inventare e costruire un’altra realtà. Sulla scia dei tempi I’artista sperimenta. Fondamentale sarà il viaggio a Parigi e  la sua amicizia con il  mercante di quadri  Vittore Grubicy che era in contatto con l’avanguardia belga ed olandese. Saranno importanti per lui la lettura degli articoli pubblicati su L’Art moderne, la rivista dell’associazione artistica belga Les XX a cui era abbonato Grubicy, che parlavano delle tecniche di divisione del colore, dove tocchi di materia colorata  venivano accostati senza essere mescolati, riuniti dall’occhio dello spettatore che veniva  affascinato dagli effetti luminosi. Nel PratoMattino i giochi di luce  e i tratti filamentosi traducono le emozioni del pittore poeta che ad esse ricorre, come soprattutto in Maternità, per svelare epifanie. Luce dorata, filamenti di colore e suggestioni diventano una triade che concentra i significati del sentire e sono il riflesso di una sensibilità attenta che inventa nuovi moduli espressivi. Nel 1889 il quadro Maternità, assieme all’opera Due madri  di Giovanni Segantini e ad Alba di Angelo Morbelli, annunciano la nuova arte, ideista o divisionista, che diventa dirompente nella società di allora per la sua carica di novità. Il piacere di comunicare il senso della bellezza diventa un compito del pittore – profeta che si avvale di alcune tecniche fornite dagli effetti della luce e da schemi circolari per riprodurre come, nella Madonna dei gigli, nella Danza delle Ore o nella prima Assunzione, l’idea dell’armonia universale. È lo svelarsi ancora una volta di qualcosa di straordinario, dove veniamo quasi trascinati sulle scie disegnate nel suo movimento da uno strumento musicale: un violino le cui corde sinuose   mutano in fili di un colore  che ci avvolge nel racconto del quadro. Con il ciclo della Passione Gaetano Previati raggiunge il culmine del suo rapporto di empatia con l’osservatore, grazie ai tagli ravvicinati e ai contrasti cromatici. La sua progettualità e i suoi studi si leggono nei suoi scritti. Nei Principi scientifici del divisionismo  egli spiega il suo alfabeto di segni e di colori capace di tradursi nel linguaggio delle emozioni. L’ultima creazione del ferrarese, nel salone di ricevimento della Camera di Commercio di Milano, si confronta con l’immaginario globale suggerito  dalle future vie di comunicazione. Le opere, quattro tele monumentali, intitolate le Vie del Commercio, come ad esempio, in Ferrovia del Pacifico, sembrano annunciare attraverso il senso di vertigine dovuto all’altezza e alla velocità, dentro una luce solare che riempie di scaglie d’oro le nostre pupille, la modernità capace di trasformare noi e il mondo che ci circonda.

Patrizia Lazzarin, 15 giugno 2020

 

Patrizia Lazzarin, 15 giugno 2020

Leggi tutto...
Sottoscrivi questo feed RSS

Newsletter

. . . .