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Casorati una pittura del silenzio                          

di Patrizia Lazzarin

Grandi occhi spalancati o con le palpebre socchiuse di donne e di bambine spiccano muti e allo stesso tempo eloquenti, nelle tele di Felice Casorati, lo straordinario artista italiano che torna a Milano, a Palazzo Reale fino al 29 giugno 2025, dopo 36 anni dall’ultima mostra del 1989. Lo sguardo dell’autore si è posato con frequenza su volti e corpi femminili, imprigionando le emozioni suscitate e la loro bellezza in un cammeo. Un ritmo sembra ordinare questi dipinti nell’orchestrare una sinfonia volta a tracciare i segmenti di storie individuali e collettive.

La rassegna di Milano permette di conoscere e approfondire il percorso artistico e personale di Casorati ripercorrendo in ordine cronologico, attraverso 14 sale, le diverse stagioni della sua attività.  Sono oltre cento le opere, tra dipinti su tela e tavola, sculture, opere grafiche della stagione simbolista e bozzetti per scenografie realizzate per il Teatro alla Scala. Come alla Biennale del 1952 l’esposizione apre con il giovanile Ritratto della sorella Elvira, un’opera che segnò l’esordio pubblico di Casorati e come allora, essa si sviluppa lungo un arco cronologico che va dal 1907 ai primi anni Cinquanta.

Le Signorine

La formazione artistica e creativa di Casorati ha attinto linfa dalla grande pittura veneziana, toscana, fiamminga e spagnola. Agli inizi del primo decennio del Novecento il suo dipinto Le signorine costituisce uno degli esiti finali e più significativi del Simbolismo europeo, dove forti sono anche i richiami alla Primavera del Botticelli. La mostra propone alcuni dei maggiori capolavori dell’autore con il ciclo delle Grandi tempere ed evidenzia l’evoluzione del suo stile.

Già a Verona dove egli aveva dato vita al ciclo delle sue nature artificiali e dopo a Torino, a partire dal 1919, egli realizzò le opere che sono considerate capolavori iconici del Novecento. Esse esprimono e rappresentano non solo il clima di crisi seguito alla Prima Guerra Mondiale, ma anche la sofferenza dell’artista che aveva perso il padre morto suicida nel dicembre del 1917. Nel 1919, a Torino, Felice Casorati si stabilisce nella casa-studio dove vivrà per tutta la vita. Opere come L’uomo delle botti, Mattino e L’attesa   lo identificheranno per uno stile peculiare e non solo presso la critica, ma anche fra il vasto pubblico.

Il senso di sintesi plastica inseguito dall’artista si condensa in dipinti come Le uova sul cassettone o Le uova sul tavolo che suscitarono da subito l’entusiasmo dei critici a lui favorevoli, come Piero Gobetti e Lionello Venturi. Si notano la composizione perfettamente calibrata, il «colore umile», la «forma amata come tale» e la «conquista di una luce nuova e anti impressionistica». Oltre al confronto con Cézanne che Casorati aveva visto alla Biennale di Venezia del 1920, il motivo delle uova, nel mistero della loro perfezione plastica, rimanda alla preziosità dell’uovo sospeso nella Pala di Brera di Piero della Francesca. 

Uova e Limoni

In Silvana Cenni, uno dei suoi dipinti più noti, è stupefacente il richiamo al maestro del Rinascimento, nella figura femminile che ricorda la monumentale Madonna del Polittico della Misericordia dell’aretino. Alle spalle un edificio dalle linee classiche fa pensare alla Chiesa di Santa Maria del Monte dei Cappuccini di Torino.

Nella città piemontese Casorati frequenta Piero Gobetti, fondatore della rivista «Energie Nove», con il quale condivide l’impegno a favore della cultura. Sarà Gobetti, nel 1923 a pubblicare come editore la prima monografia sull’artista.  Qui frequenta anche la casa dei Gualino, la coppia di collezionisti e mecenati protagonista della vita culturale nella Torino negli anni Venti. Casorati li immortala nelle pose auliche della ritrattistica rinascimentale, ma li veste in abiti moderni. Quando i Gualino decidono di costruire il loro teatro privato nel 1924, affidano il progetto a Casorati. L’ambiente, studiato con l’architetto Alberto Sartoris, è essenziale nell’architettura e nei colori: il nero dei sedili, il grigio delle pareti, il bianco dei bassorilievi, tre dei quali sono esposti a Palazzo Reale.

Nelle sale della mostra vedremo tre ritratti Gualino, le opere Meriggio, Duplice ritratto, Ritratto di Hena Rigotti e Manichini, sette delle 14 esposte alla Biennale di Venezia del 1924. Qui si respira un’aria nuova che racconta del ritorno alla tradizione, al mestiere, al classico. Nelle immagini il colore appare intriso di luce e l’incarnato delle figure dipinto in stesure delicate. Percepiamo la consistenza materica delle superfici come quella smaltata di un piatto o quella soffice del cappello e delle pantofole in Meriggio, uno dei dipinti cardine della sua arte.

Meriggio

In un’opera successiva: Conversazione platonica, ci appare quasi come in un’epifania, una bella donna accostata ad un uomo vestito. Come dirà l’artista essa nacque per caso, con l’arrivo in studio di un amico durante una sessione di posa per un nudo. «Io non so bene che emozione provai, ma vidi il quadro, il quadro da dipingere e non da interpretare. Fu una combinazione: quell’omino compunto e triste accanto a tutto quello smalto, a quel riverbero accecante». Presentata nel 1926 a Milano, alla Prima mostra nazionale del Novecento Italiano, curata da Margherita Sarfatti, il quadro venne apprezzato dalla critica, anche se suscitò parecchi commenti non sempre favorevoli.

 Nella seconda metà degli anni Venti Casorati abbandona la maniera classicista e opera un cambiamento nella sua tavolozza e nella materia pittorica, ora opaca e porosa. La svolta si comprende in Annunciazione che possiamo vedere in uno spazio pubblico dopo tanti anni. La svolta si accentua nelle nature morte, il genere con il quale il pittore può sperimentare, spiegava, le «più belle e più libere architetture».

La primavera della pittura 1927-1932 è Il tema della sezione della rassegna ispirato alla Primavera, indicazione che Felice Casorati aggiunge ai titoli delle opere Aprile e Ritratto di fanciulla, quasi a voler evocare la temperatura adatta al suo stile rinnovato. Le figure appaiono immerse in un luminoso tonalismo atmosferico, che non possiede però nulla di naturalistico. L’artista comincia ora a introdurre nuovi tipi femminili, alternando figure esili a corpi più abbondanti.

Annunciazione

L’attitudine melanconica, silenziosamente meditativa, anche velata da una intimistica dimensione di smarrimento e di attesa, è uno degli aspetti che caratterizzano in modo specifico molte delle donne e ragazze, nude o vestite, che Casorati raffigura negli anni Trenta e anche in seguito. Lo capiamo ad esempio nell’opera Ragazza a Pavarolo (o Clelia), una fragile adolescente a torso nudo con le mani in grembo, immersa in una atmosfera di delicate tonalità verdi e blu.

Daphne a Pavarolo, Le sorelle Pontorno e Donne in barca sono fra i capolavori degli anni 1933-1937. Le due ultime opere che raffigurano anche donne che allattano appaiono come allegorie della stessa vita.

Nelle nature morte degli anni del dopoguerra l’artista ripropone i suoi temi più amati, ma con soluzioni formali e cromatiche che tendono progressivamente a diventare stilisticamente più sintetiche.

Promossa da Comune di Milano-Cultura e prodotta da Palazzo Reale e Marsilio Arte in collaborazione con l’Archivio Casorati, la mostra è curata da Giorgina Bertolino, Fernando Mazzocca e Francesco Poli, tra i maggiori studiosi dell’opera dell’artista.

15 marzo 2025

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