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Arte e Cultura

Hammershøi e i pittori del silenzio tra il Nord Europa e l’Italia

di Patrizia Lazzarin

Vilhelm Hammershøi, uno dei più importanti pittori danesi, vissuto fra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, svela nella mostra che si aprirà domani, a Rovigo, a Palazzo Roverella, i luoghi che sono appartenuti al suo mondo intimo e ci fa percepire il senso di solitudine proprio della natura umana. Una giovane donna, la cui nuca spicca per effetto di una luce vaporosa, seduta accanto ad un tavolo su cui è posata una zuppiera bianca, compare nell’immagine della locandina e del catalogo dell’esposizione che recano il titolo: Hammershøi e i pittori del silenzio tra il Nord Europa e l’Italia.  

La rassegna che è promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, in collaborazione con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, ha la curatela di Paolo Bolpagni.

All’interno delle sale di Palazzo Roverella osservando i dipinti, alle pareti, ci sembra di attraversare spazi non abitati: stanze dove la presenza umana viene centellinata e maggiormente compresa nella sua identità perché rara, a volte unica. Il dialogo è muto anche se ci sono più persone, come ad esempio, nell’opera: Doppio ritratto dell’artista e della moglie visti attraverso uno specchio.

Una solitudine, emblema forse di quella universale, prende forma come una geometria nei pochi oggetti raffigurati nei suoi interni di abitazioni.  Essi mostrano una nitidezza alle pareti e nelle boiseries, pur quando i colori virano verso il tono grigio.  Si può paragonare alla luce che precede un temporale quella che accende la parete dietro il sofà, nell’opera “Luce del sole nel salotto III, uno dei suoi capolavori. Essa appare come   uno spiraglio dentro la tempesta, come quando la volontà si dibatte nel trovare il valore primario dell’esistenza.

Vilhelm Hammershøi, Riposo, 1905

La riscoperta del pittore danese in Europa, se si esclude il suo paese, è recente, nonostante avesse avuto durante la sua vita, un successo che aveva superato i confini nazionali. In Italia questa è la prima mostra a lui dedicata in epoca moderna. Le sue opere erano state presenti alle Biennali di Venezia del 1903 e del 1932 e all’Esposizione Internazionale di Roma del 1911.

La poetica che unisce Vilhelm Hammershøi agli altri artisti coevi e della generazione successiva che vedremo a Rovigo è caratterizzata dal tema del silenzio che vediamo variamente interpretato all’interno di spazi privati e nella raffigurazione di città solitarie e nei notturni desolati, quasi uno specchio dell’anima.

Quando egli parlava della sua pittura, dichiarava:

 “Sono assolutamente convinto che un dipinto ha il miglior risultato, in termini cromatici, se ci sono meno colori”.

“Non mi piacerebbe fare il ritrattista: non mi interessa che degli sconosciuti vengano a trovarmi e che mi commissionino il loro ritratto: per dipingerli servirebbe che li conoscessi bene”.

Vilhelm Hammershøi, Interno, Strandgade, 30

La ritrattistica dell’artista danese ha pochi modelli che appartengono ad una stretta cerchia: la sorella, la madre, il fratello, la fidanzata e poi moglie Ida, gli amici e il figlio del suo maggiore mecenate Alfred Bramsen, il violoncellista Henry.

La visione ovattata e malinconica che egli possiede della sua città Copenaghen accosta Hammershøi alla corrente del Simbolismo europeo di fine Ottocento e di inizio Novecento.

“La sua è una poetica basata sui temi del silenzio, della solitudine, delle ‘città morte’, dei ‘paesaggi dell’anima”: ha spiegato il curatore Bolpagni.  Così anche le differenti declinazioni degli artisti in mostra. Tra essi ci sono  francesi Émile-René Ménard, Henri Duhem, Lucien Lévy-Dhurmer, Charles Marie Dulac, Henri Le Sidaner, Charles Lacoste e Alphonse Osbert, i belgi Fernand Khnopff, Georges Le Brun e William Degouve de Nuncques, gli olandesi Jozef Israëls e Bernard Blommers, la svedese Tyra Kleen, i danesi Peter Vilhelm Ilsted, Carl Holsøe e Svend Hammershøi e beninteso, gli italiani: Umberto Prencipe, Giuseppe Ar, Oscar Ghiglia, Vittore Grubicy de Dragon, Mario de Maria, Giulio Aristide Sartorio, Vittorio Grassi, Orazio Amato, Umberto Moggioli, Domenico Baccarini, Giuseppe Ugonia, Francesco Vitalini, Mario Reviglione.

Gli spunti letterari da cui nasce l’ispirazione per le vedute urbane deserte e i notturni solitari provengono per gli artisti di area francofona, dallo scrittore belga Georges Rodenbach, mentre in Italia punto di riferimento estetico sarà la tragedia “La città morta” di Gabriele D’Annunzio, come è evidente in particolare, nell’artista Mario de Maria.

Conclude la mostra che, sarà visibile al pubblico fino al 29 giugno, un gruppo di opere dedicate al pittore Vilhelm Hammershøi, eseguite dall’artista spagnolo Andrés Gallego che ha come modello l’artista danese per i suoi interni, dove viene accresciuto, grazie ad alcune variazioni,  il senso del mistero.

Il catalogo è stato pubblicato da Cimorelli Editore.

7 marzo 2025

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