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Arte e Cultura

La roccia bianca di Anna Hope                                                      

di Patrizia Lazzarin

Un luogo può possedere la forza di un magnete e su di esso si  possono depositare lungo il Tempo,  pensieri e immagini che odorano di fantasia e di realtà. Contiene  racconti di uomini e di donne  che l’hanno cercato come spazio di libertà. Il romanzo dal titolo Roccia Bianca della scrittrice  inglese Anna Hope, di recente pubblicato con Einaudi, ci trasporta in un luogo che possiede, alla stessa maniera, quel fascino.

Nel libro di Hope, quasi distese come le acque dell’oceano che cingono, si infrangono sulla roccia isolata, ritornano e scorrono, si intrecciano le storie di persone vissute in tempi diversi che hanno rivolto  a quella roccia sogni di speranza.

Siamo in Messico, a San Blas, una sonnolenta cittadina del Pacifico  e più precisamente, vicino alla Roccia Bianca che affonda, davanti alla spiaggia le sue propaggini nell’oceano e  da cui sembra, secondo le convinzioni dei nativi di quel luogo, si sia originato il Mondo. Prepotente nel libro emerge, corredato di dati scientifici, il problema della salvaguardia del nostro ecosistema assieme al bisogno di una naturalezza del vivere che permetta di riappropriarsi del suo sapore che qui profuma anche di salsedine mescolata a dolore.

 Anna Hope che con il suo romanzo d’esordio tradotto in oltre venti lingue, è stata tra i finalisti del New Writer of the Year  2014 dei National Book Awards, è anche  cofondatrice della campagna di sensibilizzazione sui problemi ambientali: Letters to the Hearth.

Un’ altra protagonista del romanzo è un’umanità  che si cala nelle “pelli” dell’attualità, attraverso il vissuto della scrittrice senza nome che incontriamo nel libro, indossa  poi quella del cantante della fine degli anni ’60, della ragazza che vive nel 1907 e del tenente di vascello che ci trascina fino al 1775, quando le navi del re spagnolo Carlo III si spingevano lungo le coste dell’America per mappare il Nuovo Mondo, ma soprattutto per rivendicarne il dominio.

Nel romanzo leggiamo  la chiara condanna di quel colonialismo aggressivo che si serviva degli indigeni per costruire la sua ricchezza. Leggiamo tuttavia  anche l’infelicità di quel tenente di vascello il cui potere di scelta e di scelta giusta può condurre sino alla pazzia.

 Toccante è la narrazione attraverso le parole e le immagini della  ragazza dodicenne yoeme, vissuta nel 1907. Dipinte anche con la  fantasia di Anna Hope,  svelano il dramma reale delle popolazioni wixàrika e yoeme che stanno oggi  ancora lottando per i loro diritti sulle terre ancestrali e sull’acqua.

Nel 2020, nell’arco di una settimana, sono stati uccisi due attivisti ambientali yoeme, Tomas Rojo Valencia e Luis Urbano Domìnguez. Dentro il romanzo comprendiamo un  genocidio “antico”, scopriamo la bellezza di culture e tradizioni che ci dicono altro dal noto a cui siamo consueti.

L’autrice che nel suo romanzo attinge per la scrittura  a fatti realmente accaduti e li mescola ad  altri originati  dalla sua immaginazione, ci fa rivedere come in una moviola, nella parabola del cantante del romanzo, il capitolo finale dell’esistenza tormentata di Jim Morrison.

E con la scrittrice del “nostro secolo”, dentro il romanzo, infine ritroviamo i dubbi e le domande che ogni persona che si interroga, oggi, sul suo personale  destino e su quello del mondo attorno a noi,  e forse anche soprattutto sulle relazioni e i sentimenti importanti, potrebbe sillabare a voce alta o dentro la sua anima, immersa magari, nella bellezza della Natura.

                                                   2 marzo 2025

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