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Musica e vita

di Agostino Roncallo

Marco aveva dodici anni il giorno in cui, tornando da scuola avvertì un forte mal di gola. Fu l’inizio di un incubo perché, i medici parlarono di meningite una grave malattia del sistema nervoso. Lui, da grande, voleva essere un tecnico elettronico ma la malattia, peggiora il suo corpo si debilita, non riesce più a camminare perde la capacità di parlare. E i dottori, non lasciano speranze: rimarrà col cervello di un bambino – dicono prendetevi cura di lui per quel poco chegli resta da vivere; ci sono immagini che lo ritraggono, adolescente rannicchiato in un letto, lo sguardo perso nel vuoto, mentre i suoi fratelli si prendono cura di lui, quasi fosse un neonato. Passarono così dodici anni, ma Marco non muore, semplicemente resta, intrappolato, nel suo corpo; lui dentro, sentiva tutto, e pensava avrebbe voluto comunicare che era vivo, si sentiva, vivo. Ma gli altri, dall’esterno proprio coloro che lo accudivano con amore, lo accarezzavano, lo nutrivano, lo massaggiavano, lo consideravano «un vegetale». Non sapevano che Marco viveva, non potevano saperlo. Ogni mattina lo portano alla riabilitazione, la sera lo riportano a casa, gli davano da mangiare, lo mettevamo a letto regolavano la sveglia ogni due ore per girarlo da un altro lato in modo che non patisse piaghe da decubito. Ogni giorno uguale al precedente nessun passo in avanti, nessun passo indietro. Marco si domandava: passerò il resto della mia vita così? Verrò salvato? Potrò ancora amare, qualcuno? Forse, il momento più brutto è stato il giorno in cui sua madre gli ha detto: spero che tu possa morire. Un momento di disperazione nel vedere quel figlio biondo, bellissimo, apparentemente lontano dalla vita.

Ma un giorno, i medici del centro di riabilitazione di Palermo, gli fecero ascoltare la musica, uno di essi aveva intuito che, forse il coma di Marco non era profondo e che, se non lo era la musica avrebbe potuto aiutarlo a uscire dal silenzio a riappropriarsi della vita; quel medico gli si avvicinò e gli disse: ascolta Marco… la senti? La musica! Io la sento dappertutto: nel vento, nell’aria, nella luce, è intorno a noi e non dobbiamo fare altro che aprire il nostro cuore, non dobbiamo fare altro che ascoltare. Nella musica, vedi si trovano le risposte che cerchiamo quasi senza cercarle, in essa troviamo gli stessi, nostri, sentimenti, tristezza, solitudine, rabbia chi l’ha scritta, li ha provati e non ti senti solo. Marco si è risvegliato dal coma, ha ricominciato una vita normale e, a 39 anni, ha conosciuto l’amore della sua vita, Giovanna un’assistente sociale, con cui si è sposato nel 2009. Circa due anni dopo essere finito in quello stato, il giovane però inizia a essere sempre più cosciente. Ora sente tutto, vede tutto ciò che accade intorno a lui. Ma non può farci niente, non può muoversi. È lui stesso a raccontare questa fase della sua vita da «ragazzo invisibile». «Mi sono risvegliato e ho cominciato a essere cosciente di ogni cosa che mi veniva fatta o detta, ma per gli altri non esistevo quasi più. Mi trovavo in un luogo molto buio» racconta oggi nel libro. «A poco a poco ero cosciente dei giorni e delle ore che passavano. La maggior parte li ho dimenticati, ma ho vissuto gli eventi salienti della storia. Mandela presidente nel 1994 è un ricordo vago, ma la morte di Diana nel 1997 è chiaro». La strage dell’11 settembre è un ricordo lucidissimo, ma non riesce a comunicare nulla agli altri.

Una storia struggente in cui si rincorrono ricordi drammatici e comici nello stesso tempo. Gli infermieri nel centro di riabilitazione lo mettono ogni giorno davanti al televisore. E in tv c’è un’unica cosa, a ciclo continuo: «Barney», una serie per bambini di età prescolare. Barney è un tirannosauro viola, che istruisce i giovani spettatori saltellando e cantando. Una tortura per quel giovane che va crescendo. «Non posso nemmeno esprimere quanto lo odiassi», rivela oggi Martin, che ha ricominciato una vita normale.

Dopo 12 anni di «assenza» il suo corpo comincia a reagire. Gli occhi seguono gli oggetti, i muscoli si rafforzano e può sedersi in carrozzina, comincia a comunicare con l’aiuto di un programma informatico. Trova perfino un lavoro al comune, ma Martin decide di finire i suoi studi, si iscrive al college, studia informatica e oggi, in Inghilterra, a Harlow, ha un’azienda di web design tutta sua, anche se comunica solo attraverso un pc. Ha coronato questa vita riconquistata con l’amore della sua vita, Joanna, un’assistente sociale, con cui si è sposato nel 2009.

Una storia che assomiglia a un «miracolo», ma che è meno rara di quello che si possa immaginare. Ne sanno qualcosa i medici e i terapisti che ogni giorno salvano la vita di vittime di incidenti e forti traumi. Damiano Mazzarese è il primario di Anestesia e Rianimazione I degli ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello, a Palermo. La sua équipe lavora incessantemente per tenere in vita le persone. Quando i pazienti vengono fuori dalla fase acuta, sono inviati nelle unità di risveglio, che in Sicilia sono solo a Messina, Sciacca e Cefalù. È lì che poi avvengono i «miracoli». “Tutto dipende da quale area viene colpita dalla lesione cerebrale che causa cortocircuiti elettrici – spiega il dottor Mazzarese -. I tempi di ripresa sono molto lunghi, ma le unità di risveglio cercano di attivare le vie elettriche secondarie che possono supplire alle funzioni danneggiate».

Baveno, 28 febbraio 2025

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