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Le rivoluzioni di Donald Trump e l’Europa dei nani

      Le recenti misure di Donald Trump sul fronte domestico (congelamento e investigazione dell’USAID, blocco immigranti illegali, inasprimento tariffe doganali, etc.) costituiscono delle vere e proprie rivoluzioni rispetto alla precedente Amministrazione. Ancora più rivoluzionari i progetti riguardo alla striscia di Gaza e all’Ucraina. Quest’ultimo in particolare, decollato con la conversazione telefonica fra Trump e Putin, ha implicazioni e ripercussioni di tipo geopolitico e strategico di gran lunga più estese e profonde del mero conflitto ucraino. L’Ucraina e la fine della guerra sono infatti solo un obiettivo accessorio. Non a caso, il portavoce del Cremlino, Peskov, ha dichiarato che l’obiettivo principale dell’annunciato summit a Ryad dei due Presidenti è la restaurazione dei rapporti russo-americani.

      In ogni caso, le suddette implicazioni non solo scardinano un’incancrenita ostilità nei confronti della Russia, ma denudano impietosamente le debolezze dell’Europa, la patetica trappola di accondiscendente servilismo in cui essa è caduta in questi anni e le chimere e le mistificazioni ideologiche di molti dei suoi supposti dirigenti.

      Le dichiarazioni a proposito dell’Ucraina espresse dal nuovo Segretario alla difesa americano Pete Hegseth a Bruxelles hanno infatti frantumato i consolidati scenari di sostegno e le vecchie promesse a quel Paese, innescati e rinforzati negli ultimi tre anni dalle disastrose iniziative di Joe Biden, personaggio ai confini fra il citrullo corrotto e la docile marionetta di un governo ombra.

      Le criminali responsabilità di questo individuo assieme a quelle di un riconoscibile psicopatico come il presunto Presidente Zelensky non sono inferiori a quelle di tutti i politici europei che in questi anni hanno promosso con ostinazione le masochistiche e fallimentari sanzioni nei confronti della Russia e hanno sperperato colossali risorse per armare centinaia di migliaia di giovanissimi Morituri. Un’incomprensibile tragedia intessuta di arroganza, cinismo e stupidità.

     E’ del resto significativo che proprio un ex- braccio destro del sunnominato Zelensky, Aleksey Arestovich, abbia recentemente dichiarato che l’Ucraina è stata sconfitta  dall’orgoglio, dalla stupidità e dall’ostinazione”. Mentre probabilmente, egli si riferiva alle mal congegnate e suicide azioni militari volute da Zelensky, in realtà, la vera ostinazione nasce ben prima, con l’infelice progetto di entrare nella NATO, doppio peccato mortale agli occhi della Russia, visti il ruolo essenzialmente anti-russo della NATO e visto che l’Ucraina è sotto molti aspetti una sua stretta parente. Chi non apprezza questo aspetto da pugnalata alle spalle, trascura un fattore essenziale per comprendere la determinazione di Mosca nel vanificare il suddetto progetto.

    Veicoli della nuova traiettoria strategica di Donald Trump sono stati dunque i recenti interventi del nuovo Segretario alla difesa, Pete Hegseth a Bruxelles e del Vice-Presidente Jay Vance a Monaco, entrambi latori di messaggi che hanno rivelato senza mezzi termini i nuovi orientamenti americani.

    La “smania NATO” dell’Ucraina, alimentata dallo stuolo dei faccendieri di Bruxelles, è stata quindi stroncata da Pete Hegseth. Il contenuto delle sue dichiarazioni non avrebbe potuto essere più esplosivo e traumatico per tutti quei politici europei sostenitori del mito di una Russia pronta ad invadere l’Europa e sulla quasi religiosa necessità della NATO., entità sempre più destabilizzante e anacronistica.  Propalatori per eccellenza di questo mito “senza fondamento” – come ha osservato John Mearsheimer – sono, oltre a Zelensky, anche la Gran Bretagna, la Danimarca e altri Stati baltici.

    Come noto, Pete Hegseth ha affermato che l’ingresso dell’Ucraina nella NATO non è realistico. Ancora – scenario ancora più clamoroso – che non è inoltre pensabile un ritorno dell’Ucraina ai confini pre- 2014 (prima cioè della secessione della Crimea). Ultimo amaro confetto, niente truppe americane in Ucraina e una possibile diminuzione delle truppe americane in Europa. Come dire, un ombrello sempre più ridotto.

    A Monaco, il nuovo Vice Presidente americano ha poi a sua volta rincarato la dose, non menzionando affatto l’Ucraina ma accusando i dirigenti Europei di scarso spirito democratico e di pericolose restrizione alla libertà di opinione, citando fra gli esempi di tali pratiche l’annullamento dei legittimi risultati delle elezioni rumene, vinte al primo round dal candidato Georgescu, accusato di aver manipolato le procedure elettorali ma in realtà reo di essere filo-russo e contrario ai sostegni all’Ucraina. Altro esempio, la demonizzazione del partito conservatore tedesco guidato da Alice Weidel. Quanto Vance abbia colpito nel segno è del resto dimostrato dal fatto che i dirigenti tedeschi si sono addirittura indignati (sic) perché egli ha avuto dei colloqui privati in albergo con Alice Weidel. Il relativo spirito di censura e di intolleranza di tale indignazione  è palese.

     Accuse dunque fondate e meritorie, quelle di Vance.

    In altre parole, entrambi gli interventi dei due emissari di Donald Trump sono stati una impietosa frustata per gli uditori, che includevano sia degli Ucraini che i responsabili della UE.

   Ora, per capire meglio cosa sta succedendo e per intendere appieno lo sbigottimento e la confusione che regnano a Bruxelles, occorre fare alcuni passi indietro e porre gli eventi in sequenza, pressappoco come segue:

   Avvinta e incapace di rifiutare, la UE accettò e sposò a suo tempo le varie estensioni NATO, istigate da Washington. Bersagliata dalle continue pressioni di Joe Biden, scatenò poi una folla incommensurabile di sanzioni contro la Russia. Si adattò quindi al sabotaggio del gasdotto russo, sempre istigato da Washington e verosimilmente operato dagli Ucraini, privandosi così di un’energia a buon mercato, ragione principale del miracolo tedesco e del buon andamento dell’economia. Un mare d armi e denaro  (senza nessun controllo effettivo e dunque invito a una selvaggia  corruzione) sono così affluiti in Ucraina dall’Europa ma soprattutto dagli Stati Uniti. La parola d’ordine europea, ribadita durante queste fasi, è sempre stata “nessun negoziato con la Russia” con la favola di un veloce ingresso nella NATO e di una semplificata procedura di accesso alla UE. Nel frattempo, continuavano ad arrivare incessanti aiuti militari americani in Ucraina.

     Nel corso degli anni, dunque, la UE ha continuato ad affondare sempre più in una trappola sia economica che ideologico-militare.

     Trappola e ipocrisia prima di tutto ideologiche perché in realtà, la vera guerra non è mai stata fra Ucraina e Russia ma fra Washington e Mosca, sia pure per interposta persona. L’Ucraina ha funzionato e funziona come carne da cannone. Il sostegno UE al tale Paese era in buona parte il corollario della passiva dipendenza europea dai dettami di un’Amministrazione americana patologicamente russofoba.     

     Ora le cose non stanno più così.

     La telefonata di Donald Trump e i messaggi dei suoi due rappresentanti hanno crudelmente messo in forse e sostanzialmente distrutto l’assioma che faceva della continuazione della guerra un inviolabile tabù. D’ora in poi, infatti, chi e come sosterrà l’Ucraina? L’annunciato incontro Putin-Trump, che esclude nella fase iniziale Europa ed Ucraina dal tavolo dei negoziati, con grande smacco e protesta di queste ultime, ne sigilla in maniera esplicita il ruolo di fatto secondario, confermando che l’obiettivo di fondo riguarda in realtà la cessazione di un stato di ostilità fra Stati Uniti e Russia. Paradossalmente, il tutto ha una sua logica ineccepibile: furono gli Stati Uniti a innescare la guerra e a coltivare l’ostilità contro la Russia, e ora sono sempre gli Stati Uniti che si riservano il diritto di modificare da soli questo stato di cose.

     I dirigenti europei sembrano non averlo capito e assomigliano a degli attori improvvisamente privati del copione a cui erano abituati e che si aggirano su un palcoscenico a cui non erano preparati. Ciò spiega come essi continuino a rinvangare lo stesso logoro copione. Olanda, Germania e Gran Bretagna annunciano infatti altri aiuti (cioè altre morti), mentre l’impareggiabile (per petulante e ottusa ostinazione) Ursula Von Der Leyen si è precipitata nel ripetere le note litanie sulla difesa della libertà, sulla necessità di inasprire le sanzioni anti-russe e di accelerare l’accesso dell’Ucraina nella UE. I pericoli rappresentati dalla caparbietà di costei nel perseguire simili insensati progetti sono immensi. L’accessione dell’Ucraina sarebbe un disastro per l’Europa, allo stesso modo per cui l’esistenza stessa della UE, così come essa oggi funziona, è un a rovina per gli Europei.  

    Ancora più rimarchevole e sintomo dell’ipocrisia e della miopia degli attuali difensori della follia ucraina è la curiosa omertà a proposito del ruolo e responsabilità del sedicente Presidente ucraino, illegittimo dallo scorso maggio. Non ri-eletto, costui continua a circolare da un podio all’altro e a disseminare farneticanti avvertimenti e proposte senza che nessuno lo richiami alla realtà. Un ciarlatano inneggiato e applaudito da stuoli di uditori che assecondano le sue finzioni. Nessuno sembra meravigliarsi del fatto che non lo si è mai sentito esprimere una qualsiasi nota di compassione per le centinaia di migliaia di uomini che ha mandato allo sbaraglio, né del fatto che insiste nel mandarne ancora e sempre di più giovani. Lo stesso ha comunque spudoratamente dichiarato che le vittime in questione non superano i 46.000 uomini. In realtà, stime e dati più attendibili suggeriscono cifre perlomeno dieci/quindici volte superiori.   Mentre le ombre e le voci di colossali appropriazioni miliardarie di armi e denaro incombono sempre più fitte su costui e sull’élite dirigente ucraina, egli inoltre moltiplica messaggi sempre più incoerenti e deliranti. Proclama – ma solo adesso – “di non sapere nulla” di oltre la metà degli aiuti americani (almeno 200 miliardi) che gli sono stati inviati. Invoca la creazione di “un esercito europeo”; propone di costituire una seconda “NATO in Ucraina” col contributo dell’esercito ucraino (che guarda caso è però ormai decimato); avverte che la “Russia si prepara a far guerra alla NATO” e ad invadere entro l’anno qualche Paese baltico e la Polonia. Sostiene che in questo momento nuove elezioni in questo momento “sono pericolose” (probabilmente per lui). Accusa poi, falsamente, la Russia di aver colpito il reattore di Tchernobil con un drone, che tutto indica essere stato al contrario lanciato proprio dagli Ucraini.   

     Questi sono solo alcuni esempi delle sue finzioni. Il carattere delirante e fraudolento di simili messaggi si commenta da sé.

     Insomma, come tutti gli psicopatici, Zelensky vive in un mondo illusorio e cerca di attrarre i suoi uditori in tale mondo immaginario. Il fatto che costoro lo abbiano seguito fin qui è un’ulteriore dimostrazione della mancanza di senno di tutti quei dirigenti europei indignati per il cambio di copione.

     Una realistica spiegazione dei disperati tentativi di Zelensky di aggrapparsi ad ogni fuscello pur di galleggiare, rifiutando di accettare l’inevitabile perdita dei territori entrati sotto il dominio russo è offerta da certe dichiarazioni fatte proprio dall’ex- Ministro degli esteri ucraino Kuléba. Secondo costui, chiunque ceda un pezzo di territorio ucraino è destinato a fare una brutta fine. Ragionevole pensare che Zelensky lo sappia.

     In conclusione, gli Europei sono caduti una volta nella trappola russofobica americana. Adesso continuano a cadere in quella del ciarlatano Zelensky, senza avere delle mete chiare e ragionevoli, continuando – cosa ancora più grave – a tenere in piedi entità discutibili sotto tutti i punti di vista, come la NATO e la stessa UE.

    Vari patetici Presidenti europei assieme a pseudo dirigenti non eletti della UE – tutti di fatto dei nani politici, non hanno capito o fanno finta di non capire che sono stati vittima di un equivoco. Antonello Catani, 18 febbraio 2025

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