di Patrizia Lazzarin

BAROCCO GLOBALE. IL MONDO A ROMA NEL SECOLO DEL BERNINI
La Roma dei papi racconta il suo secolo d’oro guardando alle connessioni culturali che fecero dell’Urbe barocca una città cosmopolita come nessun’altra all’epoca. Nel corso del Seicento la Chiesa romana ormai rinsaldata dopo lo scisma protestante e il concilio tridentino, affidò agli artisti il compito di diffondere attraverso le immagini le nuove istanze ideali e di culto. “Roma è l’unico luogo dove qualunque forestiero si sente a casa”, scriveva nel 1581 il filosofo Michel de Montaigne. E l’arte, come sempre, si rivela un formidabile specchio del suo tempo: le opere di maestri come Gian Lorenzo Bernini, Antoon van Dyck, Nicolas Poussin, Pietro da Cortona, Lavinia Fontana lo esemplificano.
Alle Scuderie del Quirinale, preziose opere del XVII secolo sono arrivate da musei di ogni parte del pianeta per la mostra Barocco Globale. Il mondo a Roma nel secolo del Bernini, visitabile fino al 13 luglio. Capolavori dei più grandi artisti del Seicento, ma anche disegni, incisioni, arazzi, parati sacri e rari manufatti illustrano l’impatto che la vocazione universale e cosmopolita dei papi ha avuto sulle arti nel corso del secolo, a partire dal grande disegno diplomatico di Paolo V Borghese.
La rassegna è il risultato di un notevole lavoro di ricerca basato su un rigoroso impianto scientifico con particolare attenzione ai recenti sviluppi dei global studies. Il progetto è stato curato da Francesco Freddolini, docente di storia dell’arte alla Sapienza di Roma, e Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese e professore ordinario di storia dell’arte all’Università di Ferrara. Anche la Presidenza della Repubblica prende parte all’evento. Infatti per tutta la durata della mostra l’itinerario speciale “Il mondo a Roma negli affreschi del Quirinale” aprirà al pubblico importanti ambienti del Palazzo presidenziale come il Salone dei Corazzieri, la Cappella Paolina e la Sala del Mascarino.

Si deve all’espressa volontà di Papa Francesco, invece, l’esposizione di uno dei pezzi più significativi del percorso: si tratta del busto in marmi policromi di Antonio Manuel Ne Vunda, ambasciatore del Regno del Congo, scolpito nel 1608 da Francesco Caporale ed eccezionalmente concesso in prestito dalla Basilica di Santa Maria Maggiore. Fresco di restauro, il busto ci parla del giovane diplomatico africano giunto a Roma dopo un viaggio lungo e travagliato, e morto in Vaticano alla vigilia dell’Epifania. In città il suo arrivo fu interpretato come il rinnovarsi della visita di Baldassare, il re magio dalla pelle scura, e la sua missione celebrata come un successo dell’evangelizzazione presso i popoli più lontani, motivo per cui la scultura fu realizzata.
Nel percorso della mostra ogni pezzo, in realtà, ha una storia da raccontare. Il monumentale bozzetto in terracotta della Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona – il più celebre soggetto “globale” dell’iconografia barocca – rivela che Bernini conosceva già la dura realtà degli africani deportati nel Nuovo Mondo. La personificazione del Rio della Plata, allegoria delle Americhe, presenta infatti i tratti somatici delle popolazioni dell’Africa subsahariana.
L’esposizione è anche un’occasione per conoscere personaggi che non ci aspetteremmo di incontrare nella Roma seicentesca: il nobile persiano Ali-qoli Beg, per esempio, effigiato da Lavinia Fontana in un impressionante ritratto riscoperto di recente e finora mai presentato in pubblico, o il missionario francese Nicolas Trigault in abiti cinesi, dipinto da Rubens. Ancor più rappresentativi del cosmopolitismo nell’Urbe barocca sono i ritratti di Robert Shirley, cattolico inglese che fu ambasciatore di Persia, e di sua moglia Teresia Sampsonia, circassa cattolica. Realizzati da Van Dyck a Roma nel 1622 e mai tornati in Italia prima d’ora, i due quadri sono un prestito eccezionale del National Trust britannico.

“Sulle loro vesti e sul manto dorato di Robert – osserva Francesca Cappelletti – i colori delle decorazioni e le stoffe preziose dei costumi persiani vibrano e reagiscono alla luce, consegnandoci a Roma un pezzo di bravura nel tonalismo veneziano (studiato da Van Dyck,), eseguito da un artista nordeuropeo, alle prese con l’immagine di un personaggio dall’identità contaminata, costruita attraverso viaggi a volte impervi, soggiorni presso corti annidate in paesaggi dal clima diverso, abitando ogni volta la lingua e la cultura dell’altro”.
“La città del Papa, delle feste sontuose e delle processioni solenni, dei palazzi e della vita disordinata degli artisti caravaggeschi, rivela una prospettiva nuova – osserva la curatrice Francesca Cappelletti – quella di una città veramente globale in cui gli artisti guardano al mondo che si dispiega sotto i loro occhi, grazie alla continua presenza di ambascerie straniere, dal Giappone, dalla Persia e dal Congo, all’arrivo di materiali preziosi da ogni parte dell’universo, alle discussioni sui confini della terra e del cielo, mentre esotico e fantastico si fondono e caratterizzano il linguaggio dei grandi artisti e dei loro capolavori. Come i ritratti di Van Dyck, la Cleopatra di Pietro da Cortona, le sorprendenti sculture, prestiti eccezionali da chiese e collezioni private”.
19 aprile 2025