di Marco Ilapi La scenetta del trio Trump-Vance e Zelensky ha reso emblematica la drammatica situazione in cui versa il mondo della politica mondiale.È di prammatica e di molto buon senso che quando c’è un appuntamento di grande interesse come quello richiesto dal presidente degli Stati Uniti d’America al presidente dell’Ucraina per porre fine allo stato di belligeranza che da oltre tre anni sta sconvolgendo il continente europeo (da tutti, peraltro, auspicato), ebbene lo si prepara per tempo, coinvolgendo gli ambasciatori e le teste d’uovo dei Paesi interessati. Invece il signor Trump ha voluto imporre la propria visione delle cose, bistrattando il povero presidente ucraino con modalità che hanno avuto dell’incredibile, pretendendo in sostanza la resa dell’Ucraina, infiocchettando le sue sconnesse frasi con insulti ad una persona che da tre anni combatte per una strenua difesa del suo popolo. Insulti che non colpiscono solamente il povero Zelensky, ma le decine di milioni di cittadini ucraini che stanno soffrendo le pene dell’inferno sotto le bombe di Putin. Per non fare cenno alla resistenza degli ucraini, pur consapevoli di essere in netta inferiorità sul piano militare e per il numero degli abitanti. Per non dimenticarci la guerra non l’ha incominciata Zelensky ma Putin, con la sua operazione militare speciale.
Il presidente ucraino ha ostentato un moto d’orgoglio che gli è stato rimproverato non solamente dal duo Trump-Vance ma anche da tutti gli osservatori schierati palesemente a destra (Orban, Salvini, Farage, naturalmente Putin.
Il presidente ucraino, di ritorno da Washington, a Londra ha voluto anticipare il bilaterale con Starmer. Il commento della Casa Bianca: “Americani stufi di pagare”. Rubio contro il leader di Kiev: “Dovrebbe scusarsi, un fiasco il suo tono aggressivo”. Russia: “Ok a flessibilità nei colloqui, ma riflettano realtà sul campo”
All’indomani di questo scontro senza precedenti tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky andato in scena nello Studio Ovale, Usa e Ucraina rimangono su opposizioni opposte. Oggi, in un post su Telegram, il presidente ucraino ha affermato che è “molto importante” che la situazione del suo Paese venga ascoltata e che nessuno se ne dimentichi. “È importante che i cittadini ucraini sappiano che non sono soli, che i loro interessi sono rappresentati in ogni Paese, in ogni angolo del mondo”, ha scritto.
Zelensky ha poi ribadito che l’Ucraina è “pronta a firmare l’accordo sui minerali”, ma continua a chiedere garanzie di sicurezza agli Stati Uniti. “Un cessate il fuoco senza garanzie di sicurezza è pericoloso per l’Ucraina”, ha affermato. “Nessuno vuole la pace più di noi”, ha detto, ma “un cessate il fuoco non funzionerà con Putin. Ha rotto i cessate il fuoco 25 volte negli ultimi dieci anni. Una vera pace è l’unica soluzione”. Zelensky ha ribadito di “non poter cambiare la posizione dell’Ucraina nei confronti della Russia”. “I russi ci stanno uccidendo. La Russia è il nemico e questa è la realtà che dobbiamo affrontare. L’Ucraina vuole la pace, ma deve essere una pace giusta e duratura. Per questo, dobbiamo essere forti al tavolo dei negoziati”, ha aggiunto.
Già ieri sera Volodymyr Zelensky, in un’intervista a Fox News, ha provato a inviare messaggi concilianti agli Stati Uniti. “Sono pronto per la pace ma dobbiamo essere in una posizione di forza. Dobbiamo avere un esercito forte, dobbiamo avere i partner al nostro fianco e dobbiamo avere garanzie di sicurezza. Non ho ragione?”.
Senza schierarsi da una parte o dall’altra, appare di tutta evidenza che l’Ucraina è un Paese invaso dalle truppe russe. L’accusa di Trump a Zelensky che ad iniziare le ostilità nel febbraio del 2022 sia stato lui (e non Putin) fa indubbiamente felice il presidente russo, ma dovrebbe farci riflettere che quello che uno afferma non sempre corrisponde la verità dei fatti. E questo lo sa mezzo mondo. Che poi nel 2022 alla Casa Bianca ci fosse stato il tycoon e non il democratico Biden non sarebbe scoppiato il conflitto, ebbene, è tutto da dimostrare. Le parole di Donald Trump non possono che lasciare il tempo che trovano. I grandi assenti in questo difficilissimo contesto mondiale sono l’Onu e l’Unione Europea. Sono loro che devono assolutamente recitare un ruolo decisivo. Non devono essere né Trump, né Putin, né Erdogan, né Xi gli artefici dell’appeasement tra i due belligeranti. La stessa considerazione non può che essere riferita a quel che sta succedendo a Gaza tra Israele e Hamas. Tutto si tiene, insomma. La conflittualità in mezzo mondo (Africa, Medioriente, Europa) rischia, così andando le cose, davvero di deflagrare nel terzo conflitto mondiale. Che tutti temono e nessuno auspica.
1 marzo 2025